Orlando chiede conto a Bonaccini, “Dica come la pensa”

Carlo Bertini La Stampa 20 febbraio 2023
Orlando: “Bonaccini sbaglia, nel Pd più rispetto agli avversari che ai compagni di partito”
L’ex ministro Pd: «L’uscita dai bonus edilizi dovrebbe essere graduale. Meloni cerca capri espiatori»

 

Il “superbonus” andava superato, ma non come ha fatto Giorgia Meloni perché il decreto del governo «produce un trauma, penalizza solo i meno abbienti». Andrea Orlando, Pd, ex ministro, critica la scelta sul “110%”. E sul Pd risponde a Bonaccini che parla del vecchio gruppo dirigente schierato con Schlein: «Sono amareggiato, così si fanno liste di proscrizione».

 

Anche lei, da ministro, ammise che il superbonus andava superato. Non era inevitabile intervenire?

«Che fosse necessaria un’uscita graduale nessuno lo discute. Il problema è come lo si fa. Questa uscita non è graduale, penalizza solo chi non ha le disponibilità finanziarie per anticipare le spese. Dicono che i ceti abbienti si sono rifatti le case con la fiscalità generale: ma loro potranno continuare a farlo anticipando i soldi (e usufruendo poi delle detrazioni, ndr), sono gli altri che verranno tagliati fuori. Così si creano sperequazioni, si dà un forte colpo alle imprese che rischiano di trovarsi in situazioni difficili. Si produce un trauma, non una via d’uscita».

La destra dà la colpa a voi, di fatto. Meloni dice: «E’ stato scritto male, ora tocca a noi risolvere».

«Mi sembra una ricostruzione fantasiosa, dopo il governo “Conte II” c’è stato un esecutivo di cui facevano parte anche due delle tre forze di questa maggioranza. Mi pare una tecnica consolidata: c’è sempre la ricerca di un responsabile, di un capro espiatorio».
Lo scontro sul superbonus, come quello con i benzinai, nasce anche dalla linea di ‘austerità’ adotta dalla premier, finora è stata molto “draghiana” sui conti pubblici.

«Penso che in verità ci siano elementi di discontinuità col governo Draghi, a mio avviso negativi. Lo scorso esecutivo teneva conto delle compatibilità che l’Ue indicava, ma lavorava per non ridurre la spesa sociale e agiva in difesa del tessuto produttivo europeo e italiano. La Meloni, invece, è passata dalla propaganda anti-europea a una posizione di subalternità. Il fatto è che le alleanze della Meloni portano al gruppo di Visegrad, contrario ad una più forte solidarietà europea, mentre con Francia e Germania è in difficoltà. Si appoggia solo sull’atlantismo, in assenza di una strategia europea. Ma non basterà per fare gli interessi del nostro Paese».

Lei ha criticato i giudizi positivi su Meloni di Bonaccini e Letta. Il presidente dell’Emilia Romagna, su La Stampa, dice: sono polemiche per qualche voto alle primarie.

«Bonaccini sbaglia! Sono molto stupito di quei giudizi. Da mesi critichiamo la manovra di bilancio proponendo un impianto totalmente alternativo, diciamo che la Meloni è più capo partito che premier… Sono posizioni dell’attuale gruppo dirigente, di cui non faccio parte.  Con questo gli elogi c’entrano poco e depotenziano anche le nostre battaglie. Tanto più mentre c’è un tentativo di delegittimazione del ruolo delle opposizioni, e del Pd in particolare, che alcuni di noi stanno pagando sulla propria pelle».

A proposito del gruppo dirigente. A Bonaccini viene rinfacciato il passato sostegno a Renzi, lui replica dicendo che chi ha guidato il partito in questi anni – compreso lei – è con Schlein. E’ qui che si gioca la sfida tra i due?

«Credo che chi si candida alla segreteria Pd dovrebbe far capire cosa vuole fare, piuttosto che imbarcarsi in queste ricostruzioni. E comunque bisognerebbe avere almeno rispetto per la verità, se non verso i propri compagni di partito per i quali si mostra meno “fair play” che verso la Meloni.

Le scelte di questi anni – il governo Conte II, il sostegno a Draghi, la rottura con il M5s alle elezioni – sono state prese in modo pressoché unanime. È ingeneroso, o almeno contraddittorio con quanto sostenuto, il giudizio sui governi ai quali abbiamo partecipato. Dovremmo pesare di più le parole riguardo a passaggi così drammatici per la vita del Paese come la pandemia o il rischio del collasso economico.

Rischi evitati grazie ad uno sforzo di tutto il Pd, che vedo liquidato con qualche battuta populista. Il metro usato è: le colpe sono di chi  non mi sostiene. Così si fanno liste di proscrizione, non analisi politiche utili. Sono molto amareggiato da questo, anche perché molti di quelli che usano questi argomenti, o comunque non si dissociano, facevano parte di quei governi o formulavano giudizi persino eccessivamente lusinghieri».

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