Si chiama Wang Yi, è cinese, va a Mosca, ma va ignorato

Gianluca Modolo La Repubblica 21 febbraio 2023
Wang a Mosca da Putin alla ricerca della via cinese per arrivare alla pace
Il capo della politica estera di Pechino oggi al Cremlino: lavora a un piano per la fine delle ostilità. La cautela delle capitali occidentali


Mentre il presidente Usa Joe Biden va a Kiev per ribadire il sostegno all’Ucraina, il capo della diplomazia cinese è in arrivo a Mosca. Dove forse oggi incontrerà anche Vladimir Putin. Wang Yi ha passato una settimana in giro per l’Europa a parlare di una via cinese alla pace, di concetti sacrosanti di come si debba arrivare il prima possibile ad un cessate il fuoco e di come una guerra nucleare non debba essere combattuta. Ogni volta che la Cina ribadisce le sue posizioni sul conflitto, nelle cancellerie occidentali si riapre uno spiraglio di speranza.

Cambierà la propria posizione – come ha auspicato anche Zelensky – per essere finalmente l’attore chiave nel frenare questa guerra? Vorrà esercitare la propria influenza per spingere un accordo di pace che al tempo stesso salvi la faccia all’amico russo e rimuova la spinosa questione ucraina dall’orizzonte dei rapporti – difficili – tra Pechino e l’Occidente?

La Cina spera in un colpo da maestro, quasi disperato: uscire dalla guerra con una Russia ancora più legata a sé, ricucire un rapporto con un’Europa diffidente esempre più allineata alla linea americana, presentarsi agli occhi del mondo come attore responsabile. Un filo sottilissimo sul quale camminare.

La diplomazia mandarina è maestra nel rimodulare la propria narrazione a seconda dell’interlocutore. Le parole con cui Wang ha cercato di rassicurare gli europei non sono in realtà concetti nuovi, ma ripetuti almeno decine di volte nei mesi scorsi, oramai un po’ vuoti. L’impressione è che a Mosca saranno invece toni diversi da quelli sentiti negli ultimi giorni nella missione di “charm offensive” europea del fidatissimo di Xi. Nei comunicati ufficiali si magnificherà la stretta partnership tra Cina e Russia, i«solidi progressi».

Con la solita stoccata agli Usa: «Non accetteremo mai che gli Stati Uniti puntino il dito o addirittura facciano pressione sulle relazioni sino-russe», ha già avvertito Wang. E anche se la retorica filorussa di Pechino sembra essersi ammorbidita, il suo sostegno a Mosca – scambi commerciali, impegni diplomatici, esercitazioni militari congiunte – si è rafforzato nell’ultimo anno.

La Cina sa però che questo filo dell’ambiguità è talmente sottile che è prossimo a spezzarsi. E sa bene che un’ulteriore escalation sarebbe disastrosa. Che pace ha in mente Pechino? Che cosa offrire a Mosca per dare a Putin una “onorevole” via d’uscita? Non è un casoche alle parole sulla pace segua sempre il fatto che devono essere prese in considerazione anche le «legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti gli Stati»: allineandosi alla retorica di Mosca che è per colpa dell’espansione Nato che la Russia ha agito.

Il leader cinese ci ha abituati alle giravolte politiche (vedi il Covid), ma scaricare Putin sarebbe un colpo ben diverso alla credibilità del nuovo timoniere. Non gli conviene: la dipendenza della Russia dalla Cina ha fornito a Pechino una preziosa risorsa per promuovere le proprie priorità geopolitiche. Pechino non è mai stata entusiasta dell’invasione dell’Ucraina. Ma vede la Russia come un prezioso compagno d’armi nella lotta contro “l’egemonia occidentale”. Xi si sente in qualche modo però intrappolato dalle proprie scelte, anche perché ora gli americani sono ritornati a pressare di nuovo con dichiarazioni di preparativi cinesi sulla fornitura a Mosca di “supporto letale”. E Pechino di finire sotto sanzioni non ne ha nessuna voglia. Il filo sul quale continuare a camminare è sempre più sottile.

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