Meloni subisce un altro colpo da Berlusconi, nella scena più importante

Tommaso Ciriaco La Repubblica 22 febbraio 2023
La rabbia di Meloni contro Berlusconi: “Vuole indebolirmi”
Missione rovinata nonostante il sostegno a Kiev. La premier: “A Roma conferenza per la ricostruzione”

Pietrificata. Imbarazzata. Scossa da una tosse che la rabbia può solo peggiorare. Nel salone d’onore del palazzo presidenziale ucraino, Volodymyr Zelensky ha appena fatto a pezzi una missione su cui Giorgia Meloni aveva investito tutto. A mezzo metro dal leader ucraino, la presidente del Consiglio fissa un punto lontano tendente all’infinito. L’incubo della vigilia è improvvisamente realtà: “E se domandano di Berlusconi, come ne usciamo?”.

La reazione dell’ucraino è feroce, come può solo chi combatte da un anno per la sopravvivenza. Crolla il muro di contenimento di Palazzo Chigi, che prova fino all’ultimo a ridurre il rischio e pure le domande. Ne arrivano addirittura due sul Cavaliere. Ricordando al mondo che lei, Giorgia Meloni, è amica dell’Ucraina e aspirante partner strategico di Washington, ma governa con un amico intimo di Putin. Quando a sera si lascia alle spalle Kiev, la premier è furiosa. “Lo fa apposta – è la tesi che consegna alla delegazione – lo fa per indebolirmi all’estero”.

Lo fa apposta, il Cavaliere. E prova a complicare un piano politico costruito a Palazzo Chigi per settimane. L’adesione atlantica mescolata al sovranismo del blocco di Visegrad. Biden e Zelensky, per compensare l’isolamento a Bruxelles. E invece con quel passaggio Zelensky certifica che a Kiev non si fidano dei suoi alleati. La leader tenta l’ultimo scarto. Non si limita ad annunciare la conferenza sulla ricostruzione che vorrebbe organizzare già ad aprile, ma svela pure l’ipotesi di una partnership per l’Expo 2030 tra Roma e Odessa, che doveva ancora restare riservata. Non basta neanche questo.

Per quarantotto ore si muove tra Polonia e Ucraina circondata dal suo entourage: la segretaria Patrizia Scurti, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, la consigliera Giovanna Ianniello. Parlano poco, conoscono la posta in gioco: rilancio, oppure no. Aveva programmato tutto. Un messaggio sincero di sostegno all’Ucraina, forse il più netto mai pronunciato da un capo di governo dell’Europa occidentale.

La promessa di nuove armi a Kiev, caccia militari compresi: l’importante è farlo senza dirlo agli alleati di governo. I sorrisi della premier, all’inizio dell’incontro con la stampa, dicono che tutto sembra volgere per il meglio. Nel chiuso del palazzo presidenziale invita anche il Presidente ucraino a non dare peso alle critiche di Berlusconi e Salvini, “con Fratelli d’Italia la destra italiana è convintamente al vostro fianco”. Una scelta netta, che la leader assume per sfidare un rischio incombente: l’opinione pubblica che vira e non sostiene più l’Ucraina, stanca della guerra.

È la grande paura di questa missione. Appena arriva a Kiev, viene accolta da musica ucraina e da un mazzo di fiori dell’ambasciatore ucraino a Roma. “Sono qui – dice – per far capire a ogni italiano l’importanza di stare al fianco di Kiev”. La missione diventa presto un vero e proprio inseguimento. Inseguimento di Joe Biden, che copre inevitabilmente il viaggio di Meloni e la costringe pure a una vana attesa in un aeroporto polacco di confine.

Alla fine però il Presidente la chiama e l’invita a Washington. E c’è di più: autorevoli fonti della Casa Bianca fanno filtrare apprezzamento per la gestione positiva che la premier ha comunque avuto nei primi mesi di governo, dimostrandosi partner affidabile nonostante la difficile situazione a cui è costretta nella sua maggioranza. Come a dire: vai avanti, ma esiste un problema e si trova ad Arcore.

In Italia, Meloni riporta con sé anche il dolore e la commozione. Succede al mattino. A Bucha si affonda nel fango, si trema di freddo. “La città non sconfitta”, è impresso nella medaglietta forgiata coi proiettili russi. La premier riceve l’icona e piange mentre osserva l’immagine della Vergine con il Cristo deposto per ricordare centosedici civili ammassati in una fossa comune. I fiori sono del giallo e blu della bandiera, il rosso del sangue.

In mezzo, due orsacchiotti di peluche. Neanche la presidente del Consiglio osa chiedere: di chi sono, o di chi erano? Dentro la Chiesa di Sant’Andrea, poi, ci sono le foto dei morti civili. Legati, con un foro in testa, morti in pose sbilenche su una bici. Li hanno presi a cannonate. Meloni promette al procuratore per i crimini di guerra: “Siamo sempre stati dalla vostra parte e lo saremo fino alla fine”. L’altra tappa è Irpin. Paesaggio lunare, un anno dopo l’assalto. Sui palazzi sventrati, tra il nero affumicato dei bombardamenti e gli appartamenti ridotti in polvere adesso ci sono cartelloni delle aziende edili che iniziano la ricostruzione. È un segnale per il futuro, non c’è più solo la memoria.

Poi arriva il Palazzo presidenziale di Zelensky e la “copertura” degli americani che ancora resiste, nonostante l’anziano leader azzurro si diverta a rovinarle la missione più importante. E la rabbia, soprattutto la rabbia.

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.