Le promesse della Meloni a Zelensky. Sarà dura sui jet

Wanda Marra Giacomo Salvini il Fatto Quotidiano 23 febbraio 2023
 
Il decreto e gli invii: il nodo armi dietro le promesse a Kiev
 
Nuovi aiuti difficile il  7° pacchetto prima di maggio

S i è nascosta dietro “le scelte degli alleati ” Giorgia Meloni a Kiev quando ha dovuto parlare dell ’invio dei jet. Non poteva davanti a Volodymyr Zelensky mostrare tentennamenti, ma non poteva neanche sbandierare un invio fortemente osteggiato dai suoi soci di maggioranza.

E dunque, ha pesato le parole, per lasciar intendere promesse che non può fare diritte. Almeno per ora. I fatti, intanto, vanno in un’altra direzione. Il sesto decreto interministeriale di invio di aiuti militari all’Ucraina, che era stato di fatto già predisposto dal ministro della Difesa uscente del governo Draghi, Lorenzo Guerini, ci ha messo tre mesi per vedere la luce.

E dunque, è appena stato varato. Al momento parlare di un altro è “prematuro ”, come dicono fonti della Difesa. Perché l’invio è stato appena predisposto e perché politicamente non ci sono le condizioni a causa del veto di Lega e Forza Italia (potete leggere a sinistra). Dunque, per adesso nessun invio di caccia all’orizzonte.

E non è immaginabile pensare né adesso, né mai che si faccia senza un provvedimento: per la cessione ci vuole necessariamente un altro decreto. Ed eventuali soluzioni “fa n t as i ose” come una sorta di triangolazione di “c o nt ra b b a n d o ” (ovvero inviarli a un altro Paese che li invii poi a sua volta a Kiev) in questo clima è impensabile.

Il fattore tempo, però, non è indifferente: per ottenere i tank Zelensky ci ha messo 11 mesi dall’ini – zio della guerra. E, al netto delle dichiarazioni e delle promesse, l’invio di jet non dovrebbe essere più semplice. E da più parti si inizia a dire che, nonostante tutto, si va verso una de-escalation. Dunque, gli aerei potrebbero alla fine non essere necessari.

Certo, tutto da verificare alla prova degli eventi. Ma prima di maggio, comunque, difficile si arrivi a un altro provvedimento. Va poi detto che nessuno – né gli States, né i Paesi Ue – ha dato finora vere garanzie ufficiali sull ’invio di jet. Non fosse altro per questioni tecniche e militari: i jet necessitano di manutenzione e addestramento. Ed è difficile trovare in tempi rapidi un numero soddisfacente di velivoli pronti all’uso.

Resta abbastanza chiaro, comunque, che se invece il settimo decreto con tanto di jet si farà, la scommessa di Meloni è che Forza Italia e Lega saranno costrette ad adeguarsi, perché altrimenti è la maggioranza stessa che non c’è più.

RESTA DUNQUE una difficoltà di fondo. Perché se martedì la premier ha promesso totale sostegno a Zelensky nella sua visita a Kiev, tornando a Roma deve affrontare problemi politici e tecnici sull ’invio di nuove armi. Parlando con il Tg4, ieri, la premier ha preso ancora tempo su un nuovo pacchetto di aiuti, a partire proprio dai caccia: “Quello che possiamo fare faremo, ma ovviamente in accordo con la comunità internazionale – ha detto – perché in questo quadro ci si è un po’di – visi i compiti”. Poi ha spiegato che per il momento il governo si è concentrato “molto sul tema della difesa antiaerea nel tentativo di difendere le infrastrutture strategiche, così come ci siamo concentrati sugli strumenti per lo sminamento”.

Per mandare i caccia a Kiev, come chiede Zelensky, ci sono due ipotesi possibili: la prima è che vengano inviati i Typhoon prodotti da un consorzio europeo che ha come capofila la Gran Bretagna e di cui fa parte anche l’Italia ; la seconda, più complicata, è che Roma mandi i propri cacciabombardieri Amx in scia con gli altri Paesi. Ma entrambe le ipotesi al momento restano complicate. In primis proprio per le rimostranze degli alleati di governo che hanno sempre chiesto di mandare solo “armi difensive”.

Obiezione rispetto alla quale Meloni ha chiarito anche da Kiev che rispetto a un’aggressione tutte le armi sono in realtà “difensive”.

 

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