Tommaso Ciriaco , Emanuele Lauria La Repubblica 23 febbraio 2023
Meloni sola nella morsa degli alleati. FI e Lega frenano sugli aerei a Kiev
La premier concorderà la linea sull’invio di jet con i partner internazionali ma i fedelissimi di Salvini e Berlusconi avvertono sui rischi di escalation. Nessun contatto tra la leader di FdI e il Cavaliere Mario Sechi sarà il capo ufficio stampa di Palazzo Chigi
Ciampino, al mattino. Dalla scaletta dell’aereo scende la segretaria particolare e amica di sempre Patrizia Scurti, al suo fianco anche nella più delicata delle missioni. Dopo trenta secondi si mostra Giorgia Meloni. L’umore non è dei migliori: il “caso Berlusconi” ha oscurato la missione di Kiev.
In giro da tre giorni tra Polonia e Ucraina, la premier ha sempre evitato la pattuglia di giornalisti al seguito: soltanto le due domande concesse nella conferenza con il presidente ucraino, un’intervista registrata con un esperto cronista di guerra Mediaset senza che la circostanza venga comunicata alla stampa fino al giorno successivo. Uno sforzo titanico per evitare l’incidente diplomatico che, alla fine, comunque arriva: è Volodymyr Zelensky ad attaccare il Cavaliere e aprire un fronte nella maggioranza.
Con un terreno di scontro già deciso: la concessione di nuove armi all’Ucraina. Per Forza Italia e la Lega devono essere «difensive». L’ha detto nei giorni scorsi Antonio Tajani – «Noi abbiamo inviato materiale militare difensivo, continueremo in questo percorso» – e lo sostengono i leghisti. Per la presidente del Consiglio, invece, la distinzione non ha senso: «Quando c’è un aggredito, tutte le armi sono difensive». Dunque, anche i caccia.
Il primo a non pensarla come lei è Matteo Salvini, le cui simpatie russe sono antiche. Da tempo, il vicepremier rimane in silenzio. Ma un fedelissimo come Massimiliano Romeo,capogruppo al Senato, indica con chiarezza la linea: «Sacrosanto difendere il diritto dell’autodeterminazione di uno Stato sovrano come l’Ucraina.
Poi attenzione a non inviare armi che rischino di trascinare l’Alleanza atlantica in un conflitto diretto con la Russia. Perché questo vorrebbe dire far scoppiare la guerra nucleare». Uno stop che fa il paio con quello del vicepresidente forzista del Senato Maurizio Gasparri, ostile alla fornitura di jet: «Su questo punto bisogna riflettere molto. I pericoli che derivano dall’escalation militare sono sotto gli occhi di tutti».
È una resistenza che andrà inevitabilmente a scontrarsi con la volontà di Meloni. La premier, infatti, si «consulterà» con i partner internazionali, concorderà con loro la linea, ma alla fine non si sottrarrà all’invio di aerei da guerra Amx, ritenuti da Zelensky fondamentali per la difesa dei cieli ucraini. Con buona pace di Berlusconi, che ha accolto a malincuore l’invito dei suoi anon replicare all’attacco del presidente ucraino.
Come accaduto in altre occasioni, Forza Italia ha messo su un cordone sanitario attorno a un Cavaliere sempre più debordante. Una rete di protezione costruita con una raffica di dichiarazioni che ribadiscono la collocazione atlantista del partito. Da New York, il ministro degli Esteri Antonio Tajani rassicura gli alleati, sostenendo che «Berlusconi e FI sono contro l’invasione russa» e che l’ex premier «è totalmente pro-America».
Ma il gelo fra Meloni e Berlusconi non è questione che si risolve con qualche dichiarazione pubblica. Anche ieri, nessun contatto chiarificatore fra i due. Ognuno per la propria strada, con il patriarca di Arcore convinto da alcuni sondaggi che il suo pacifismo e la diffidenza nei confronti di Zelensky siano sentimenti crescenti nel Paese, dunque capaci di garantirgli consenso facile. E qui si torna alla solitudine di Meloni, che è parente stretta di unarabbia che non si attenua. Bisogna gestire mesi complessi, i prossimi.
Fonti della Casa Bianca hanno fatto trapelare un apprezzamento per la gestione della premier, capace finora di districarsi in una situazione complessa a causa anche degli alleati. Ma è evidente che la pressione non potrà che aumentare, e si concentrerà lungo la faglia atlantica della maggioranza.
Anche per questo, Meloni ha deciso di rafforzare la struttura della comunicazione di Palazzo Chigi: entro due giorni dovrebbe insediarsi come numero uno l’attuale direttore dell’ Agi Mario Sechi.
L’operazione è stata rallentata dalla missione internazionale della premier, ma sembra ormai in dirittura d’arrivo. Si desume dal fatto che all’Agenzia Italia viene dato per imminente il passaggio di consegne a un nuovo direttore, che dovrebbe essere l’attuale vice Rita Lofano. Come condirettore della testata di proprietà dell’Eni, Paolo Borrometi.