Lucio Caracciolo La Stampa 24 febbraio 2023
Come evitare la sciagura di un terzo conflitto mondiale
La vicenda ucraina potrebbe continuare finché ci saranno risorse militari. Un massacro su cui si può, si deve dubitare prima che arrivi l’inverno atomico
Il dramma della guerra in Ucraina è che sembra destinata a finire solo quando uno o entrambi i contendenti non avranno più le risorse per continuarla. Macelleria infinita, che potrebbe muovere l’attuale linea del fronte di poche decine di chilometri e mietere altre centinaia di migliaia di vittime. Inutile strage, come Benedetto XV disperatamente bollò la prima guerra mondiale.
Ma è davvero così? Siamo prigionieri di un destino? Se ne può, se ne deve dubitare. Se ne può perché ci sono i margini per congelare il conflitto prima che a farlo sia l’inverno atomico. Se ne deve perché siamo umani, e lo sono anche i contendenti – pur se nei due campi c’è chi considera disumano il nemico – per tali mossi dall’istinto di conservazione.
Per esplorare questa necessità, occorre analizzare i caratteri dello scontro. In cerca di uno spiraglio da dove avviare un percorso per uscirne. Premessa: non potrà essere vera pace, stante l’odio e gli orrori accumulati. Ma già un lungo periodo di sospensione servirebbe a stemperare il clima apocalittico e a preparare, se non la pace, la non-guerra.
Questo conflitto ha almeno tre dimensioni.
La prima, diretta, è lo scontro fra impero russo in decadenza e nazione ucraina in formazione, oggi saldata come mai dall’aggressione di Mosca, domani vedremo. Partita cominciata oltre cent’anni fa, con lunghe fasi pacifiche e diverse eruzioni belliche, di cui è arduo vedere la fine, se non nella scomparsa di uno o entrambi i soggetti in competizione. Ciò che certamente comporterebbe ulteriori e più vasti conflitti.
La seconda partita, sempre meno indiretta, è fra Russia e America o “Occidente collettivo”, per usare il gergo di Putin. Posta in gioco la frontiera orientale della Nato, che per Mosca non deve includere l’Ucraina. Ragione di fondo adottata dal Cremlino per spiegare l’“operazione militare speciale”. Questa dimensione ci investe direttamente come europei e italiani, parte del campo occidentale. Sotto ogni profilo: securitario, economico, culturale, psicologico.
La terza, ancora fredda, inquadra il campo di battaglia ucraino nella competizione strategica fra Stati Uniti e Cina, con la Russia sempre più schiacciata su Pechino per mancanza di alternative. Gli americani considerano primaria questa partita, con l’Ucraina teatro importante ma non decisivo.
Se ne deduce che la prima dimensione, quella russo-ucraina, sia pressoché intrattabile, a rischio anzi di produrre un massacro potenzialmente infinito, almeno finché esisteranno un russo e un ucraino. La seconda e la terza versione sono invece gestibili. In altri termini: saranno America e Russia a decidere la fine o la continuazione dello scontro. Con la Cina in veste di disonesto sensale (i cinesi hanno tutto l’interesse a tenere in piedi Mosca e a indebolire Washington) entrato clamorosamente in gioco via progetto di pace concordato in parte con Putin, i cui eventuali effetti misureremo già nei prossimi giorni.
Qualcosa si muove, sottotraccia, nel triangolo sino-russo-americano. In particolare fra Mosca e Washington. I sondaggi segreti non hanno finora prodotto nulla di visibile, ma il capo delle Forze armate americane, generale Mark Milley, affermando di non vedere come qualcuno possa vincere questa guerra ha con pragmatismo militare posto l’urgenza di un dialogo concreto su quale compromesso possa interrompere le ostilità. Il ragionamento del Pentagono – osteggiato da altri centri di potere, quali il Consiglio per la Sicurezza Nazionale e il Dipartimento di Stato, con Biden chiamato a trovare un punto di composizione fra le diverse agenzie, intelligence compresa – è il seguente.
Siamo in una guerra di attrito. Per vincerla devi distruggere il morale, le infrastrutture e la produzione di armi del nemico. Ciò che i russi stanno metodicamente facendo, ad altissimo prezzo, che gli ucraini non possono fare e che gli americani non vogliono azzardare, perché sarebbe guerra nucleare Usa-Russia. Inoltre, gli stock occidentali, compresi quelli americani, stanno riducendosi pericolosamente. Al Pentagono si lamenta che le forniture d’armi concepite per Taiwan e alleati asiatici siano deviate verso l’Ucraina. I russi, per la sorpresa quasi generale, sembrano disporre di magazzini ancora semipieni, malgrado le enormi perdite subite. Soprattutto producono nuove armi a ritmi per noi impensabili. Infine, le sanzioni per ora non intaccano l’economia russa, anche perché spesso aggirate dai paesi che le hanno decretate.
Risultato: l’establishment militare e parte di quello politico americano puntano alla soluzione “coreana”. A un certo punto, entro l’anno, si traccia una linea sul terreno lungo la quale si blocca il conflitto. Armistizio senza limite di tempo. Con un’ampia zona demilitarizzata a dividere i contendenti. Le questioni territoriali vengono demandate a una futura conferenza di pace. Agli ucraini è offerta una garanzia internazionale di sicurezza che impegni russi, americani e altre potenze, mentre gli europei concedono a Kiev una corsia rapida di ingresso nella Ue, dunque di accesso a fondi speciali per la ricostruzione. L’Ucraina continua a rivendicare il legittimo ritorno ai confini del 1991, la Russia all’illegittima annessione di quattro regioni del Donbas, peraltro non interamente conquistate.
Russi e soprattutto ucraini non vogliono per ora sentire parlare di compromesso. Comunque sporco. Pretendere, come fanno alcuni americani, che Kiev possa vendere un esito simile alla sua opinione pubblica come vittoria pare davvero troppo. Mentre qualcuno a Mosca busserebbe forse sulle spalle di Putin spiegandogli che è il caso di lasciare il timone in altre mani, visto il disastro prodotto con l’invasione in termini di sicurezza e di prestigio della Federazione Russa. Gli zar non stanno al Cremlino per assoggettarsi a Pechino.
Ci sono alternative possibili? Certamente sì. Tutte terribili. A meno di non considerare la vittoria militare totale dell’Ucraina nei termini definiti da Zelensky – equivalenti alla capitolazione della Russia – come realizzabile in modi e tempi sopportabili. Dagli ucraini, anzitutto. In caso contrario potremmo arrivare alla catastrofe quasi senza accorgercene. Più il tempo passa, più i russi entrano con entrambi i piedi nella guerra iniziata come fallimentare tentativo di colpo di Stato. Putin parla di cultura di guerra come destino per la Russia. Mentre noi potremmo presto accorgerci che senza un intervento diretto della Nato, o di alcuni paesi atlantici – Usa in testa – l’Ucraina sarà destinata a schiantarsi. Per quanto si voglia rimuovere questo fantasma, siamo vicini all’alternativa del diavolo: guerra totale – quindi nucleare – contro la Russia oppure graduale abbandono di Kiev al suo destino.
Lo scontro diretto con Mosca, nel quale probabilmente sarebbe coinvolta la Cina, sarebbe terza guerra mondiale. Dalla quale difficilmente uscirebbe un vincitore. La rovina dell’Ucraina sarebbe insopportabile per gli ucraini, vergognosa per noi, fonte di nuovi conflitti fra vicini interessati alle spoglie del vinto.
Alternativa evitabile? Sì. Ma il tempo stringe.