Zoro e Bettini, musica e politica da Venditti a Ultimo

Diego Bianchi il Venerdi di Repubblica 24 febbraio 2023
 
Arrivare Ultimo
Ultimo, ragazzo di borgata, un tempo noi l’avremmo coinvolto come Venditti, De Gregori e Barbarossa», ha detto Goffredo Bettini, nella sua immutabile veste di grande vecchio della sinistra, impermeabile agli eventi e alle sconfitte elettorali mai sue, ma sempre degli altri .

Questa volta la sua analisi, utile a spiegare le ragioni che hanno portato a salutare Lazio e Lombardia proprio nei giorni di Sanremo, porta a cercare risposte tra le strofe delle canzoni che ci girano in testa da una settimana .

La metodologia, quella che avrebbe suggerito a Bettini il compianto ex assessore alla Cultura di Roma Gianni Borgna («per capire l’Italia basta guardare il Festival di Sanremo») mi trova assolutamente d’accordo, convinto da sempre che conoscere e abbracciare criticamente l’ultrapop permetta di interpretare il presente senza farsene travolgere all’improvviso .

Ciò premesso, brandire Ultimo come architrave concettuale per la più complicata delle ripartenze politiche è scelta opinabile .

Per non dire di chi, nelle ore successive alla dichiarazione di Bettini, si è affannosamente impegnato a dimostrare che non di borgata sarebbe il ragazzo, ma bensì di zona più agiata, come se questo cambiasse la sostanza del ragionamento .

Sia come sia, al di là della geolocalizzazione dei natali del giovane artista, quel che Bettini non considera, nell’ardito parallelismo con Venditti, De Gregori e Barbarossa, è che stiamo parlando di musica e parole, non di Ztl e Gra .

E se sei cantautore sono quelle le cose che contano, quelle che politicamente pesano e definiscono le stagioni culturali del Paese .

Pertanto – e su questo sarà d’accordo lo stesso Ultimo che dichiara di avere nel cantautorato romano degli anni 70 i suoi riferimenti – il raffronto con i vecchi miti risulta oggettivamente ingeneroso, inopportuno e improvvido ai limiti del torto, nonostante le ambizioni del cantante che riempie stadi e sbanca al televoto .

Va detto anche che trovare muse che si facciano coinvolgere “bettianamente” dalla politica è cosa rarissima ancorché discograficamente ritenuta poco conveniente e che il disimpegno sembra sempre più la cifra di questi tempi in cui, anche chi una volta ispirava, ora preferisce stare in disparte a cantare e guardare .

Trovare la colonna sonora più efficace e innovativa per provare a cambiare musica è lavoro per rabdomanti della passione politica .

A ben pensarci, nell’analisi del raffronto generazionale tra cantautorato e politica, le affinità e le inadeguatezze sembrano più del previsto .

 

 

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