Tommaso Rodano il Fatto Quotidiano 25 febbraio 2023
“La pace cammina con noi” , i testardi della Perugia-Assisi
“È ora di metterci la faccia e far camminare i nostri corpi”, dice Anna, perugina di 29 anni, che è venuta alla marcia per la pace insieme all’amica Angelica e alla loro compagnia di ballo. “Sarà che il mondo va in un’altra direzione”, continua, “ma noi che altro possiamo fare? Camminiamo e portiamo la nostra testimonianza, non ci sentiamo pochi e non siamo soli”.
QUANDO il grande striscione tricolore si apre al centro dei giardini del Frontone, a Perugia, il 24 febbraio è scoccato da pochi minuti. È iniziato il primo anniversario dell’invasione russa, che ha portato una guerra massacrante quasi al centro dell’Europa, Meloni “elmetto &colomba” Salvini e B. la lasciano sola quelli che erano i loro fratelli ucraini. Flavio Lotti e gli organizzatori della Perugia-Assisi distribuiscono le fiaccole, che si accendono una dopo l’altra a rischiarare il buio della mezzanotte. Per fortuna è una serata mite, le persone che si sono riunite per marciare contro le armi hanno un sorriso limpido e composto. Il corteo che muove verso Assisi è una forza serena, una manifestazione del pensiero nella forma più nobile: un cammino silenzioso nella notte, lungo 20 chilometri; giù dal capoluogo arroccato fino alla pianura umbra, Ponte San Giovanni, Bastia Umbria, fino alla città di San Francesco.
A iniziare il percorso sono più di un migliaio di persone: considerati l’orario, le difficoltà logistiche, le gambe, i polmoni e il cuore che servono per una manifestazione come questa, è un risultato di cui andare orgogliosi. Camminano dietro un grande striscione nero: “L’i n d i ff erenza è pericolosa! Fermiamo le guerre”. Ci sono gli stendardi e le sigle del popolo diffuso che in questi giorni e in questi mesi ha organizzato le proteste contro l’escalation militare: sindacati, Emergency, Acli (con il presidente Emiliano Manfredonia), Arci, Udi, studenti universitari, Anpi.
C’è il gonfalone della città di Perugia e ci sono anche due ragazze ucraine, strette nella bandiera nazionale. Ruba gli occhi una comitiva di una dozzina di signori arrivati da Domodossola (Piemonte), giubbotti gialli catarifrangenti e bandiere tricolore al collo come foulard, non più giovanissimi ma con un entusiasmo davvero contagioso: loro partono dal centro di Perugia, di fronte al Palazzo dei Priori e arrivano fino in fondo, alla Basilica di San Francesco . Quando i più forti, testardi e coraggiosi pacifisti giungono alla meta, il corteo è ovviamente molto più sottile: sono quasi le sei di mattina, il sole non albeggerà prima di un’al – tra mezz’ora. In un’Assisi silenziosa e deserta, gli ultimi marciatori sono accolti da Padre Marco Moroni, che gli apre le porte del convento francescano: il passaggio finale della manifestazione è un atto di meditazione di fronte alla cripta del santo.
PRIMA DI PARTIRE, nell ’i ncontro pubblico nella Sala dei Notari di Perugia, erano suonate fortissime le parole – tra fede e politica – dell ’arci – vescovo della città, Don Ivan Maffeis: “La domanda è questa: siamo disposti ad andare oltre ai discorsi dei ‘gra nd i’ che abbiamo sentito in questi giorni in Europa? Loro ci consegnano una divisione tra Est e Ovest che la mia generazione aveva superato. Stiamo tornando a un muro di Berlino più alto e invalicabile di quello di ieri. Faccio mio il dolore di Papa Francesco: ‘Potrà il signore perdonare tanti crimini e tanta viol en za?’ ”. Gli aveva fatto eco Marco Tarquinio, direttore di A v v e n i re : “In 40 anni che faccio il mestiere di giornalista, non ho mai visto un clima mediatico e informativo come quello che stiamo vivendo. Vale la pena di combatterla questa battaglia disarmata, anche se ti dicono che sei complice degli stupratori e degli assassini; non hanno vergogna di usare le armi, quindi possono usare anche le parole storte. Dobbiamo resistere, o avranno già vinto questi signori, che dicono che c’è una vittoria gloriosa in fondo al massacro”.