Andrea Greco La Repubblica 26 febbraio 2023
Da Prodi a Monti fino a Draghi quella riforma sempre spiaggiata
Sedici anni di battaglie per la liberalizzazione del settore
«Questo non è un governo favorevole ai balneari, è un governo di balneari, è diverso». La battuta, che girava ieri nei palazzi romani, è meno scontata di quel che appare, se si ripassa il dossier spiagge degli ultimi due decenni. E non solo perché il governo Meloni ha fatto ministra del Turismo Daniela Santanchè, socia di uno dei più lussuosi stabilimenti della Versilia.
Ma senza arrivare a tanto, quel che nove governi hanno saputo – o non saputo – fare è bastato a impedire la messa in gara delle concessioni demaniali marittime, chiesta dalla direttiva europea “Bolkestein” 2006, dal nome del liberalissimo olandese firmatario.
Una rendita, le spiagge (private) che incassa oltre 15 miliardi di euro l’anno, ma da cui lo Stato ottiene concessioni per soli 103 milioni: 6 mila euro l’anno a chilometro quadrato. Briciole, trattandosi delle coste tra le più belle e ambite al mondo, e di un business – il turismo globale – nel frattempo diventato il primo al mondo.
I governi Prodi II, Monti, Letta e Draghi invano hanno provato ad applicare la direttiva, superiore nella gerarchia delle fonti e anche del tipo self-executing (non servono norme attuative, e i giudici la possono applicare direttamente, anche contro qualunque legge nazionale). Mentre altri esecutivi come il Berlusconi IV, il Conte I e II hanno eretto le barricate sulle quali ora anche Meloni prende tempo.
Tutto questo, non a tutela di ideologie, diritti, autonomie: ma a difesa di 30 mila imprenditori con diritto acquisito – per alcuni, secolare – di investire poco e senza concorrenti navigando nel sommerso, occupando gran parte delle coste patrie e posti cruciali in sindacati e associazioni produttive. Oltre che nei partiti: con tutto il centrodestra sempre compatto e schierato, i primi M5s e Renzi sensibili interlocutori.
E un Pd diviso tra la linea pro-mercato della segreteria romana e gli eletti liguri, toscani, emiliani a remare dall’altra parte. Un vero campione nazionale all’italiana, cui lo Stato delega la gestione di 8 mila chilometri di lidi (con onori e spesso anche oneri come pulizia e sicurezza).
Già la prima ricezione della direttiva, da parte del secondo governo Prodi, è complessa: la difficoltà ad ammortizzare gli investimenti dei balneari più recenti induce a chiedere una proroga al 2015, dopo che l’Ue aveva aperto una procedura d’infrazione. Poi l’ultimo governo Berlusconi, in un quadro di peggioramento dei rapporti con l’Europa che sfocerà nella crisi dello spread e nelle dimissioni di fine 2011, propone di assegnare ai concessionari diritti di superficie per 90 anni, e di rendere le gare semplici “istanze”: ma i rilievi di Bruxelles e le perorazioni del Quirinale (un prologo alla lettera del presidente Mattarella di venerdì scorso) riducono a 20 anni il diritto di superficie mantenendo le gare (ma dal 2015). Salvo che a fine 2012, su mozione bipartisan Pd/Pdl, anche il premier Mario Monti, paladino della concorrenza quando guidava l’antitrust Ue, deve subire altri cinque anni di proroga: fino al 2020.
Vano è il tempo del centrosinistra da Letta a Renzi a Gentiloni. E prima della nuova scadenza l’esecutivo Conte I scrive la nuova proroga, stavolta al 2033, per l’impulso del ministro leghista Gian Marco Centinaio. Proroga prorogata nel decreto Agosto 2020 (tutti al mare!) dal Conte II giallorosso. È troppo: a fine anno l’Ue apre un’altra procedura d’infrazione, e il ricorso del Comune di Lecce al Tar porta alla sentenza del Consiglio di Stato, che a novembre 2021, dichiara l’ennesima proroga illegittima e contraria alle norme Ue.
Un assist indiretto per il governo Draghi, che sta per nascere e approfitta del Pnrr per impegnarsi sulla concorrenza e l’apertura di vari settori al mercato, tra cui proprio il turismo. È la legge 2022, che recepisce le indicazioni del Consiglio di Stato e lascia tutto il 2023, con deroga di un anno per i casi controversi, per i nuovi bandi di concessione. Quella norma dava tempo fino al 27 febbraio (domani) per avviare la mappatura dei litorali. E qui il Milleproroghe del governo Meloni pensa bene di spostarla al 27 luglio, indicando fine 2024 per i bandi. Un’altra estate prorogata ai soliti noti sulle spiagge italiane.