Maria Teresa Meli Corriere della Sera 28 febbraio 2023
Gli sconfitti del Pd e l’ipotesi di Bonaccini presidente per mediare
«Kiev banco di prova». L’addio di Fioroni: «Oggi il Pd diventa un partito di sinistra che non ha nulla a che fare con la nostra storia»
Comincerà in periferia una silenziosa migrazione dei dem verso altri lidi, ma i dirigenti nazionali che hanno sponsorizzato Stefano Bonaccini non se ne andranno. Non ora, almeno.
E per evitare questa sempre possibile per quanto futuribile deriva, la nuova segretaria del Pd Elly Schlein ha già in animo di far eleggere un presidente del partito che possa essere votato anche dall’ala cosiddetta riformista del Pd. I nomi sul tavolo sono due: Enrico Letta o il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Il primo è il segretario che ha tenuto la barra dritta sull’Ucraina ma nel contempo ha consentito alla non tesserata Schlein e ad Articolo 1 di entrare nel Pd. Il secondo è lo sfidante che ha perso, ma che non rifiuterebbe un ruolo affidatogli dalla nuova leader: «Se Elly mi chiederà una mano gliela darò, starà a lei capire se e come può avere bisogno di me».
L’addio ufficiale lo dà solo Peppe Fioroni: «È un Pd distinto e distante da quello che avevamo fondato che metteva insieme culture politiche diverse. Oggi legittimamente diventa un partito di sinistra che nulla ha a che fare con la nostra storia. Per questo abbiamo dato vita a un nuovo network di cattolici, Piattaforma popolare-Tempi nuovi».
Un preavviso di «disdetta» dal «contratto» che lo lega al Pd lo dà Giorgio Gori. Un altro che non ha cariche a cui aspirare o poltrone da mantenere. Per il sindaco di Bergamo il banco di prova è l’Ucraina: se il Partito democratico continuerà sul solco tracciato da Letta, «resta il mio partito». L’Ucraina è dirimente anche per l’europarlamentare Elisabetta Gualmini. E il «giovane turco» Fausto Raciti avverte che è necessario da parte di Schlein «un sostegno primo di ambiguità all’Ucraina». «Senza — sottolinea — non ci sono più i valori fondati del Pd, su questo in molti vorremmo essere rassicurati». Se e quando ci sarà un ulteriore decreto del governo sull’invio delle armi a Kiev, nel Partito democratico potrebbe aprirsi un problema, tanto più dopo che Roberto Speranza, Pierluigi Bersani e gli altri di Articolo 1 confluiranno nei dem.
Pina Picierno, che se Bonaccini avesse vinto sarebbe diventata la sua vice, è pronta a collaborare, ma non intende fare finta di niente, come tanti suoi compagni di «cordata» pro-Bonaccini: «Era evidente che alle urne si sarebbero recati anche molti non elettori del Pd con l’obiettivo di cambiare la linea del partito. Ma un conto è il cambiamento necessario e utile, un altro è rimuovere le ragioni che hanno determinato la nascita del Pd».
Il portavoce di Base riformista Alessandro Alfieri cerca di «consolare» i suoi per evitare addii: «Adesso è opportuno prendersi qualche giorno per metabolizzare la sconfitta. Molti di noi sono preoccupati per le dinamiche che può innescare l’esito del voto, se non gestite. Tuttavia, lo voglio dire a me stesso come a tutti coloro che hanno sostenuto Bonaccini, ho l’esperienza per sapere che in politica, come nella vita, si cade e ci si r ialza. Saremo tutti leali alla nuova segretaria». Sulla stessa lunghezza d’onda Enrico Borghi: «Le novità di un voto diversificato tra iscritti ed elettori e di cambio della linea politica richiedono sensibilità e intelligenza per tenerci uniti».
E il sindaco di Milano Beppe Sala osserva: «Scontato che sarà un Pd che guarderà più a sinistra. Ma credo che nemmeno Schlein voglia puntare a un partito al 17 per cento». Ecumenico Dario Nardella: «Starà a Elly — afferma il sindaco di Firenze — avanzare un proposta, rispetto alla quale tutti noi possiamo essere chiamati alla responsabilità».