Il nuovo Pd di Schlein: ipotesi Furfaro vice e Nardella presidente

Carlo Bertini La Stampa 28 febbraio 2023
Il nuovo Pd di Schlein: ipotesi Furfaro vice e Nardella presidente. Il nodo armi a Kiev
Le prime mosse della nuova leader. Ruolo di primo piano per Zan

 

A dir tanto, avrà dormito tre ore Elly Schlein: la nottata di feste e balli al teatro-discoteca Spazio Diamante, a Roma, con dance anni Novanta e prosecco a go go, lascia il segno. Il risveglio, oltre alle mille chiamate, porta l’impatto con la dura realtà.

Primo punto, l’organizzazione del partito e la ristrutturazione del vertice, anche quello parlamentare (già si fanno i nomi di Chiara Gribaudo, Chiara Braga o Michela De Biase, moglie di Dario Franceschini, come capigruppo alla Camera; e quello di Francesco Boccia al Senato).

Secondo punto, a pari merito per importanza, tenere tutti dentro il Pd, anche i riformisti ex renziani della corrente di Lorenzo Guerini (e già si fa il nome di Dario Nardella per la presidenza del partito).

Terzo punto, legato al secondo, non modificare la postura sulla guerra in Ucraina, per non far scappare nessuno dal Pd e non spaventare le cancellerie euro-atlantiche, anche se qualche dubbio sulla linea rigida di Letta a favore dell’invio di armi affiora nelle conversazioni con i fedelissmi di Schlein. «Non lo so, poi si vedrà» rispondono alla domanda più stringente se il Pd continuerà a votare tutto senza se e senza ma.

Eccoli i primi passi tutti in salita della neo-segretaria Elly Schlein. La quale, come prima cosa, oggi dovrebbe riunire i gruppi parlamentari, per far capire che aria tira. Quella del rinnovamento.

Da quello che raccontano i suoi, la questione capigruppo, centrale per un partito che deve fare cinque anni di opposizione, produce una gara tra donne a Montecitorio: dove Debora Serracchiani ha presentato, come da prassi, dimissioni formali, ma sia lei, sia la presidente dei senatori, Simona Malpezzi, stanno come d’autunno sugli alberi le foglie.

Almeno così pare, anche se gli appetiti dei fedelissimi di Schlein potrebbero confliggere con le regole ferree di uno schema da decidere: se si farà un accordo complessivo, tra maggioranza e minoranza dem, per una gestione unitaria non conflittuale, allora si dovrà discutere «un pacchetto» di nomine: comprensivo della segreteria, braccio operativo, dei capigruppo e degli uffici di presidenza dei gruppi parlamentari; della presidenza dell’assemblea nazionale, fino ad arrivare ai capigruppo nelle commissioni.

«Noi non chiediamo niente – chiarisce Nardella, coordinatore della campagna di Bonaccini – l’unica cosa è che come sempre ci mettiamo a disposizione e attendiamo di capire qual è la strada che la segretaria nazionale ha l’onore e l’onere di indicare a tutti noi».
Come si vede, ce n’è abbastanza per tenere impegnata Schlein nei prossimi giorni fino all’Assemblea del 12 marzo, che segnerà l’investitura della segretaria. In quella sede la segretaria indicherà il vice-segretario da far eleggere (e si fa il nome di Marco Furfaro), nonché tutta la squadra. Dove un posto di spicco lo hanno il giovane Marco Sarracino, vicino a Peppe Provenzano, responsabile dell’Organizzazione del partito, la figura di snodo e di potere.

Un ruolo di spicco spetterà al deputato Alessandro Zan, padre del ddl contro l’omofobia, che avrà nella segreteria la delega ai diritti; e l’ex sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, cui dovrebbe andare la delega delicata di responsabile dei territori.

In tutto ciò, un dogma va tenuto presente, anzi due: tutto il pacchetto dovrà rispettare la parità di genere, «metà donne ovunque» e dovrà rispettare il dogma generazionale, giovani ovunque. Non c’è da stupirsi dunque che al secondo piano del Nazareno, quello dei dirigenti e dello studio del segretario, ci sia gran fermento.

Tra una stanza e l’altra fanno capolino i volti più vicini alla neo-segretaria, Boccia, Braga, Gribaudo, Furfaro, Sarracino ed altri. La tensione e l’entusiasmo dei giovani vincitori, tutti quarantenni, è palpabile. Così come la mestizia dei big che l’hanno sostenuta e che in cuor loro pensano di poterla condizionare se non etero-dirigere.

In apparenza non hanno pretese, «Noi non chiediamo strapuntini», conferma Orlando. Ma la prima tappa della segretaria sarà allargare la base degli iscritti ai votanti ai gazebo, per sminare l’argomento che gli iscritti al Pd hanno votato un altro segretario. Va sanata questa ferita, inedita nella storia del Partito democratico.

 

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