Le speranze del Terzo Polo e l’addio di Fioroni

A. Cell. Avvenire 28 febbraio 2023
Il Terzo polo ora «chiama» i riformisti. Il disagio dei cattolici, primi addii al Pd
La svolta tra i dem. Il trionfo di Schlein è visto anche come un nuovo slancio verso una “casa” dei moderati scontenti. Calenda: il campo ormai è definito, il nostro cantiere è aperto Delrio esorcizza nuove scissioni. I dubbi di Gori


È la sera di domenica. Matteo Renzi ragiona al telefono su quello che chiama il «terremoto» Elly Schlein. «È una vittoria che schiaccia i dem a sinistra. E che apre di fatto una stagione nuova…». Una pausa quasi impercettibile precede la mano tesa verso quel pezzo di Pd che oggi non festeggia, quel segmento dem – in buona parte cattolico – che ora si trova a malpartito, è davvero il caso di dire. «Il Terzo polo c’è e ha una responsabilità in più: costruire la casa dei riformisti e costruirla subito», dice l’ex premier.

La previsione trova immediate conferme. Beppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione, non nasconde lo sconcerto: «È un Pd distinto e distante da quello che avevamo fondato, che metteva insieme culture politiche diverse dalla sinistra al centro, con i cattolici democratici, i popolari e la Margherita. Oggi legittimamente diventa un partito di sinistra che nulla a che fare con la nostra storia, con i nostri valori e la nostra tradizione», dice a Tv2000, e chiosa: «Per questo abbiamo dato vita a un nuovo network dei cattolici e democratici Piattaforma

popolare – Tempi nuovi, per farla diventare la casa di tutti quei popolari e cattolici che sono stati marginalizzati e allontanati sia dalle formazioni politiche di sinistra che da quelle di destra». Giorgio Merlo, dirigente di Popolari in rete, batte un altro colpo: «L’addio di Fioroni non è che la punta dell’iceberg che riguarda l’area centrista, cattolico popolare e cattolico sociale che per molto tempo si è impegnata nel Pd». Poi tocca a Mario Adinolfi, una vita nel Pd e oggi leader del Popolo della Famiglia: « Fioroni lascia e altri lo seguiranno. Se il Pd doveva essere il partito di sintesi tra cattolici ed ex comunisti, a vocazione maggioritaria, con l’elezione di Schlein vengono tradite alla radice le premesse».

Non la vede così Rosy Bindi, secondo la quale «invocare questa categoria (i cattolici, ndr) per collocarsi in una posizione moderata, oggi mi sembra una stranezza ». C’è disorientamento, comunque, in un pezzo del Pd. Graziano Delrio prova a esorcizzare il fantasma di una scissione che sarebbe una «sciagura»: «Se il Pd conserva il suo valore che è fatto di culture diverse e sensibilità diverse, io rischi non ne vedo ». È un’insofferenza manifestata pure da Giorgio Gori: «Dipende da lei se il Pd sarà ancora il mio partito – dice il sindaco di Bergamo -. Si trova davanti varie fratture che dovrà riuscire a tenere insieme».

Sarà, ma nelle ore immediatamente successive all’elezione di Schlein i canali di comunicazione tra pezzi di Pd e pezzi di Terzo polo si intensificano ed Ettore Rosato esce allo scoperto: «Il Pd è finito. La scelta di Fioroni non mi stupisce e, sì, le nostre porte sono aperte. Non vogliamo tirare nessuno per la giacchetta, sono scelte dei singoli se decideranno di farle. Vedremo che cosa succederà. Noi come Terzo polo dobbiamo fare un lavoro profondo e radicale verso gli elettori coltivando la stagione del riformismo che all’Italia serve, accompagnato da un’opposizione non strumentale e non urlata».

Il Terzo Polo cala le reti. Carlo Calenda è tra i primi a fissare un obiettivo: «Dopo l’elezione di Schlein il campo è ben definito: Pd-5 stelle su posizioni populiste radicali; Fdi guida la destra; il Terzo polo che rappresenta riformisti, liberaldemocratici e popolari. Già da domani partirà un cantiere aperto e inclusivo per arrivare a un partito unico».

È partito il cammino e il primo banco di prova potrebbe essere il prossimo voto europeo del 2024. Osvaldo Napoli, ieri in Fi e oggi in Azione, lo dice senza giri di parole: «Le europee diventano adesso decisive: non c’è spazio per sotterfugi o travisamenti. Si vota con il proporzionale e i riformisti non possono presentarsi divisi, pena la perdita di ogni ruolo». C’è una sola linea. L’ex ministra Gelmini: «Costruire la casa dei riformisti è sempre più necessario».

L’eurodeputato Gozi: «Vogliamo parlare a un elettorato che aveva scelto il Pd di Prodi e Veltroni e che non si ritrova più in questa formazione a guida “Melenchon” Schlein.

A quell’elettorato parleremo ancora di più».

 

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