Nè destra, nè sinistra, ha vinto solo il cambiamento

 

Marco Travaglio il Fatto Quotidiano 28 febbraio 2023
 
Elly, l’arma segreta
 
Anche stavolta, come a ogni elezione che guasta i piani dei padroni del vapore, stupisce lo stupore. Elly Schlein s’è presa il Pd, a cui s’era iscritta il giorno prima, con una bella impresa: per la prima volta ha ribaltato il voto degli iscritti, neutralizzando le truppe cammellate dei cacicchi.

Quindi, visti i precedenti interni al Pd, non si può dire che la sua vittoria fosse prevedibile. Ma chi la dava per spacciata in partenza, scambiando i propri sogni per solide realtà, trascurava almeno due avvisaglie irresistibili. La prima è che sono almeno dieci anni che lorsignori intimano agli italiani di votare “bene” e gli italiani votano “male”: cioè con la propria testa.

Nel 2013 non dovevano votare 5Stelle: i 5Stelle arrivarono primi. Nel 2016 dovevano salvare Renzi votando Sì al referendum costituzionale: passò il No. Nel ’18 non dovevano premiare M5S e Lega: vinsero M5S e Lega. Nel ’23 dovevano affossare Meloni e Conte e premiare quelli dell ’Agenda Draghi: premiarono Meloni e Conte e affossarono quelli dell’Agenda Draghi (mai trovata, fra l’altro).

Il comun denominatore di questi ribaltoni, che possono stupire solo chi non frequenta le persone normali, cioè l’e st abl is hm ent e stampa al seguito, non è una scelta fra destra e sinistra: ma fra cambiamento e restaurazione. Non sempre chi vince è nuovo, ma lo sembra. Se poi non lo è, tramonta presto. Renzi vinse le primarie 2013 e le Europee 2014 perché sembrava nuovo (aveva lo stesso programma di Grillo), poi scelse la conservazione al posto della rottamazione e passò di moda. Salvini pareva nuovo alle Europee 2019, poi scelse il partito degli affari e ciao.

Ora tocca alla Meloni che, se va avanti a botte di agenda Draghi e agendina Biden, rischia di durare poco anche lei. E nel Pd tocca a Schlein, che ha vinto le primarie aperte non tanto perché è la leader più di sinistra mai vista da quelle parti, ma soprattutto perché è la più distante dal Pd di Renzi, di Letta e anche di chi ha puntato su di lei (Franceschini, Zinga e Orlando).

Chi l’ha votata pretende scelte molto più radicali di quelle fatte finora (ha persino votato il dl Armi del governo Meloni). E lei, per vincere la sua sfida, dovrà leggere bene i numeri dei gazebo, che sono una vittoria solo sua. E non dovrà leggere i giornaloni, che già le consigliano amorevolmente (straziante l’appello di Folli su Rep ), di “non regalare la posizione ‘at l a n t i ca ’ a Meloni”: cioè di fare la fine di Letta.

La seconda avvisaglia, che ormai è pura scienza, è Piero Fassino: “Bonaccini è la miglior garanzia di un Pd nuovo, che torna al centro della scena”, “Il riformismo di Bonaccini ci farà vincere”, “Massimo impegno per eleggere Bonaccini segretario”.

Con un’arma segreta di quel calibro, come poteva non vincere Elly Schlein?

 

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