Romano Prodi Il Messaggero 26 febbraio 2023
Gli scenari per la pace dopo la proposta della Cina
Un anno di guerra – La proposta di Pechino e gli scenari che disegna
Il primo anniversario dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina non poteva che essere vissuto nel ricordo delle tragedie provocate dalla guerra: le impressionanti perdite umane, il flusso senza fine dei profughi, le disastrose distruzioni delle città e le sofferenze dei loro cittadini.
A questi drammatici ricordi si è accompagnato, come sempre avviene in queste occasioni, un duro scontro verbale fra i leader dei due paesi in guerra, entrambi dedicati a garantire ai propri cittadini che il conflitto sarebbe finito con la propria vittoria, unicamente con la propria vittoria.
Nessuna trattativa possibile, ma solo la prospettiva di un lungo conflitto che richiede da parte ucraina l’arrivo di nuove armi e munizioni fornite dalla Nato e, da parte russa, un’ulteriore mobilitazione di tutto il paese, già ferito da pesanti perdite di mezzi e uomini. Nulla di nuovo quindi, come era peraltro prevedibile dati gli scarsi risultati della recente conferenza di Monaco e come è emerso dalla votazione sull’Ucraina che si è svolta nella scorsa settimana all’assemblea dell’ONU.
Un risultato incredibile in quanto identico a quello avvenuto immediatamente dopo l’inizio della guerra, quando, il 2 marzo del 2022, oltre 140 paesi si schierarono a favore dell’Ucraina e solo una quarantina si astennero o votarono contro, rappresentando però oltre il 60% della popolazione del pianeta.
A questo punto è arrivata una proposta cinese per la possibile soluzione della crisi. Si tratta di un documento formato da 12 diversi punti di per se stessi largamente condivisibili ma, nello stesso tempo, ancora generici e potenzialmente ambigui.
Utili quindi per potere in qualche modo aprire una discussione, ma non certo un negoziato. Si tratta cioè di interessanti e importanti riflessioni e non ancora di un piano concreto.
Nella sostanza si ribadiscono posizioni già espresse dalla Cina e, in teoria, largamente condivise. Si parla infatti della necessità di rispettare la sovranità di tutti i paesi, riprendere i colloqui di pace, abbandonare la mentalità della guerra fredda, ridurre i rischi nucleari, ricostruire i legami economici interrotti, chiudere con la politica delle sanzioni e, perfino, operare per la futura ricostruzione dell’Ucraina.
Si potrebbe legittimamente concludere che questo documento riprende in modo organico posizioni già accennate all’inizio del conflitto quando il presidente cinese sottolineava che l’amicizia fra Russia e Cina era solida e perenne ma, con palese contraddizione, aggiungeva che i confini nazionali dovevano essere considerati immutabili.
Il fatto nuovo di questo messaggio cinese non è tanto nel suo contenuto, ma nel fatto che esso è stato accolto con esplicito favore da Zelensky che, mentre ha ripetuto il suo assoluto rifiuto di incontrare Putin ha, nello stesso tempo, espresso il desiderio di incontrare Xi Jinping.
Non è facile interpretare questa affermazione, essendo in contrasto con le sue precedenti prese di posizione e con le dichiarazioni espresse in contemporanea dai suoi più stretti collaboratori.
Credo che non sia fantasioso pensare che Zelensky da un lato ritenga che gli interessi cinesi non coincidano così strettamente con gli interessi russi come in passato e, nello stesso tempo, che Xi Jinping sia l’unica persona che può obbligare Putin a trattare.
Naturalmente quello che più deve essere piaciuto al leader ucraino è proprio il primo punto del documento cinese, nel quale si sottolinea che non solo è prioritario rispettare la sovranità di tutti i paesi, ma anche ” la loro indipendenza e sovranità territoriale” in quanto “tutti i paesi, piccoli o grandi, forti o deboli, ricchi o poveri, sono ugualmente membri della comunità internazionale”.
E’ evidente che quando la diplomazia cinese ha preparato questo documento alludeva al conflitto fra Russia e Ucraina, ma pensava soprattutto a Taiwan e al conseguente riconoscimento del suo indissolubile legame con Pechino.
Naturalmente lo stesso Zelensky si espone con la dovuta prudenza e ribadisce il suo disappunto nei confronti di un documento che non condanna l’aggressione russa, si oppone alle sanzioni e non gli appare come una proposta compiuta, ma un insieme di idee sparse, che tuttavia “meritano di essere discusse”.
D’altra parte il governo cinese sembra avere interesse a rafforzare la propria crescente capacità di influenza nella politica mondiale conservando una dura opposizione nei confronti della Nato, ma con una certa differenziazione rispetto alle recenti posizioni russe.
E’ chiaro che si tratta di eventi troppo recenti, da classificare più nel campo delle esplorazioni che non delle strategie che possono portare verso negoziati in un prevedibile periodo di tempo.
Resta tuttavia il fatto che, dopo un anno di sanguinose tragedie, si ritorna alla primitiva conclusione che non è possibile porre fine alla guerra di Ucraina se non con con un accordo fra gli Stati Uniti e la Cina.
Un accordo molto difficile, ma tuttavia non impossibile, ancora più alla luce di questi recenti avvenimenti.
Prodi, gli scenari per la pace dopo la proposta della Cina
Romano Prodi Il Messaggero 26 febbraio 2023
Gli scenari per la pace dopo la proposta della Cina
Un anno di guerra – La proposta di Pechino e gli scenari che disegna
Il primo anniversario dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina non poteva che essere vissuto nel ricordo delle tragedie provocate dalla guerra: le impressionanti perdite umane, il flusso senza fine dei profughi, le disastrose distruzioni delle città e le sofferenze dei loro cittadini.
A questi drammatici ricordi si è accompagnato, come sempre avviene in queste occasioni, un duro scontro verbale fra i leader dei due paesi in guerra, entrambi dedicati a garantire ai propri cittadini che il conflitto sarebbe finito con la propria vittoria, unicamente con la propria vittoria.
Nessuna trattativa possibile, ma solo la prospettiva di un lungo conflitto che richiede da parte ucraina l’arrivo di nuove armi e munizioni fornite dalla Nato e, da parte russa, un’ulteriore mobilitazione di tutto il paese, già ferito da pesanti perdite di mezzi e uomini. Nulla di nuovo quindi, come era peraltro prevedibile dati gli scarsi risultati della recente conferenza di Monaco e come è emerso dalla votazione sull’Ucraina che si è svolta nella scorsa settimana all’assemblea dell’ONU.
Un risultato incredibile in quanto identico a quello avvenuto immediatamente dopo l’inizio della guerra, quando, il 2 marzo del 2022, oltre 140 paesi si schierarono a favore dell’Ucraina e solo una quarantina si astennero o votarono contro, rappresentando però oltre il 60% della popolazione del pianeta.
A questo punto è arrivata una proposta cinese per la possibile soluzione della crisi. Si tratta di un documento formato da 12 diversi punti di per se stessi largamente condivisibili ma, nello stesso tempo, ancora generici e potenzialmente ambigui.
Utili quindi per potere in qualche modo aprire una discussione, ma non certo un negoziato. Si tratta cioè di interessanti e importanti riflessioni e non ancora di un piano concreto.
Nella sostanza si ribadiscono posizioni già espresse dalla Cina e, in teoria, largamente condivise. Si parla infatti della necessità di rispettare la sovranità di tutti i paesi, riprendere i colloqui di pace, abbandonare la mentalità della guerra fredda, ridurre i rischi nucleari, ricostruire i legami economici interrotti, chiudere con la politica delle sanzioni e, perfino, operare per la futura ricostruzione dell’Ucraina.
Si potrebbe legittimamente concludere che questo documento riprende in modo organico posizioni già accennate all’inizio del conflitto quando il presidente cinese sottolineava che l’amicizia fra Russia e Cina era solida e perenne ma, con palese contraddizione, aggiungeva che i confini nazionali dovevano essere considerati immutabili.
Il fatto nuovo di questo messaggio cinese non è tanto nel suo contenuto, ma nel fatto che esso è stato accolto con esplicito favore da Zelensky che, mentre ha ripetuto il suo assoluto rifiuto di incontrare Putin ha, nello stesso tempo, espresso il desiderio di incontrare Xi Jinping.
Non è facile interpretare questa affermazione, essendo in contrasto con le sue precedenti prese di posizione e con le dichiarazioni espresse in contemporanea dai suoi più stretti collaboratori.
Credo che non sia fantasioso pensare che Zelensky da un lato ritenga che gli interessi cinesi non coincidano così strettamente con gli interessi russi come in passato e, nello stesso tempo, che Xi Jinping sia l’unica persona che può obbligare Putin a trattare.
Naturalmente quello che più deve essere piaciuto al leader ucraino è proprio il primo punto del documento cinese, nel quale si sottolinea che non solo è prioritario rispettare la sovranità di tutti i paesi, ma anche ” la loro indipendenza e sovranità territoriale” in quanto “tutti i paesi, piccoli o grandi, forti o deboli, ricchi o poveri, sono ugualmente membri della comunità internazionale”.
E’ evidente che quando la diplomazia cinese ha preparato questo documento alludeva al conflitto fra Russia e Ucraina, ma pensava soprattutto a Taiwan e al conseguente riconoscimento del suo indissolubile legame con Pechino.
Naturalmente lo stesso Zelensky si espone con la dovuta prudenza e ribadisce il suo disappunto nei confronti di un documento che non condanna l’aggressione russa, si oppone alle sanzioni e non gli appare come una proposta compiuta, ma un insieme di idee sparse, che tuttavia “meritano di essere discusse”.
D’altra parte il governo cinese sembra avere interesse a rafforzare la propria crescente capacità di influenza nella politica mondiale conservando una dura opposizione nei confronti della Nato, ma con una certa differenziazione rispetto alle recenti posizioni russe.
E’ chiaro che si tratta di eventi troppo recenti, da classificare più nel campo delle esplorazioni che non delle strategie che possono portare verso negoziati in un prevedibile periodo di tempo.
Resta tuttavia il fatto che, dopo un anno di sanguinose tragedie, si ritorna alla primitiva conclusione che non è possibile porre fine alla guerra di Ucraina se non con con un accordo fra gli Stati Uniti e la Cina.
Un accordo molto difficile, ma tuttavia non impossibile, ancora più alla luce di questi recenti avvenimenti.