Flavia Perina La Stampa 28 febbraio 2023
Schlein-Meloni, parte la sfida: rivali simmetriche tra astuzia, pragmatismo e fair play
Hanno subito sparigliato le carte: ci aspetta un duello politico notevole in una scena da anni dominata dal bullismo maschile
Tra le molte risposte possibili alla domanda «ma come ha fatto a vincere Elly Schlein?» la più convincente non è fatta di parole ma di immagini. Immaginate un duello televisivo tra il capo del governo e il leader dell’opposizione.
Chi risulterebbe più efficace contro Giorgia Meloni? Un governatore di lungo corso, uomo, di mezza età, oppure una parlamentare emergente, giovane, donna, dalla battuta pronta? Magari il popolo del Pd non si è posto la questione esattamente in questi termini, ma è ovvio che a pesare sul risultato dei gazebo, così inaspettato, così inedito nella vicenda delle primarie democratiche, sono stati anche i ragionamenti sulla competizione che attende la nuova segreteria.
E Schlein sembra disegnata apposta per cimentarsi nel duello immaginario con Meloni: è simmetrica a lei per età, energia, determinazione e assolutamente alternativa per riferimenti culturali, contenuti politici, elettorato di riferimento. Sarebbe – sarà, quando arriverà il momento – un notevole duello.
Combattuto su terreni inaspettati, e forse meno facili per la destra di quel che alcuni immaginano.
La rappresentazione di Schlein come ancella del dirittismo Ztl, o addirittura agente dell’ideologia woke, è stata finora lo zoccolo duro della critica alla neo-segretaria del Pd da parte del fronte conservatore. Una Ocasio-Cortez italiana, come dicevano ieri tanti commenti (ignari della divergenza biografica tra una portoricana nata nel Bronx e un’italo-svizzera nata a Lugano). Una «cyborg del correttismo». «Benedetta da Soros».
Ultras di «ambientalismo ideologico, immigrazionismo, politicamente corretto, cancel culture e linguaggio inclusivo» (Francesco Giubilei). «Agenda arcobaleno e femminismo, assistenzialismo e odio sociale» (Carlo Fidanza). «Abortismo sfrenato, ideologia genderfluid radicale, ecologismo anti-umano, droga libera e guerra alla Libertà Educativa delle famiglie» (Pro Vita & Famiglia). E tuttavia toccherà anche a loro aggiornare la critica. Dopo il discorso della vittoria di Elly Schlein questo ritratto appare datato, descrive un tipo di conflitto assai diverso da quello che la nuova leader democratica ha esposto subito dopo aver incassato il risultato.
Il campo dove Schlein porta il duello (vedremo se sarà confermato, ma tutto fa pensare di sì) non è quello dei nuovi diritti liberal ma fa piuttosto riferimento alle vecchie promesse costituzionali usurate dall’austerity e dalla globalizzazione: scuola e sanità pubblica, precarietà, salari, lavoro, l’emergenza climatica come sfida anche sociale. Più rider e meno schwa, si potrebbe dire per sintetizzare. E lo conferma la piccola spoon river citata in conclusione del discorso: Marielle Franco, attivista delle favelas brasiliane assassinata nel 2018; Alberto Brasca, vicesindaco di Firenze ma anche presidente della Federazione Pugilato, lo sport degli ultimi; Gianclaudio Pinto, capofila di OccupyPd dopo il complotto dei 101 contro Romano Prodi; Antonio Prisco, simbolo della battaglia dei riders; Antonio Megalizzi, attivista europeista e vittima della strage di Natale a Strasburgo.
Nel racconto di Schlein ci sono i poveri e i sognatori, i militanti e i delusi della sinistra: della mitica agenda Ztl, al momento, non si vedono grandi tracce. E chissà che anche questo non sia un elemento di simmetria con Meloni, pure lei capace nei suoi primi interventi dopo la vittoria di stupire il pubblico archiviando ogni precedente narrazione e smarcando nettamente la sua immagine da quella del famoso comizio di Vox, con il corredo di critiche e allarmi che aveva suscitato.
L’astuzia, di certo, non manca a nessuna delle due. Così come la consapevolezza della forza dell’avversaria che suggerisce di essere guardinghe, di non sottovalutare l’altra affidandosi alla logica consolatoria del «tanto dura poco». Dopo le ultime elezioni politiche, mentre molti a sinistra evocavano emergenze democratiche o un esecutivo a brevissima durata, Elly Schlein fu tra i pochi a commentare con sobrietà assoluta la «vittoria piena» della destra e «in particolare di Giorgia Meloni». Dopo queste primarie Meloni ha ricambiato con analogo aplomb: «una giovane donna può aiutare la sinistra ad andare avanti». Toni inediti nel ring politico che vediamo da un pezzo.
Anche per questo reciproco fair play (se durerà nel tempo) la sfida Meloni-Schlein sarà interessante e potenzialmente portatrice di effetti collaterali positivi, in una scena politica da anni dominata dal bullismo maschile e dalla propensione a scegliere le donne “del nemico” come bersagli di campagne fangose e violente. Ora che i due principali partiti italiani sono guidati da donne, ora che oltre tredici milioni di elettori, quasi la metà del totale, hanno come riferimento politico una donna, sarà più difficile proporre certi titoli sessisti, cavalcare certe campagne, invitare i follower a raccontare “cosa farebbero” a Tizia o a Caia, raccontare una sindaca come «patata bollente», auspicare che una ex-ministra sia presa «a calci in culo per 10 chilometri», trasformare una ministra in un fumetto porno o riferirsi all’impegno femminile come roba da «oche giulive». Il duello adesso è un altro, lo governano le donne: anche i cavernicoli del maschilismo dovranno adeguarsi.