Alessandra Ziniti La Repubblica 1 marzo 2023
Il procuratore “Mai scattate le ricerche che potevano salvarli. Da padre provo rabbia”
«Sì, è vero, nessuno ha mai dichiarato un evento Sar per questo barcone e quindi non è mai partita un’operazione di ricerca e soccorso. Ricostruiremo tutto ma mi fa rabbia, come padre di famiglia, come cittadino, pensare che forse qualcosa si poteva fare per salvare quelle persone».
Alle cinque e mezza del pomeriggio, nella sua stanza al Palazzo di giustizia di Crotone, il procuratore Giuseppe Capoccia prova a tirare le fila di un’indagine che potrebbe prendere una piega diversa da com’era iniziata.
Procuratore, alla luce di quello che sta emergendo, sta pensando di ipotizzare anche il reato di omissione di soccorso?
«No, andiamoci piano. In tutto questo marasma non vedo emergere un’ipotesi di reato di questo genere. E però mi sento di dire che il ruolo di Frontex andrebbe proprio ripensato».
In che senso? Crede che il vulnus nei soccorsi parta dalla segnalazione dell’Agenzia europea?
«Penso che certamente sta venendo fuori un sistema smagliato, probabilmente in perfetta buona fede dove ciascuno fa il suo, ma che alla fine si traduce in un “vado io, vai tu” che alla fine può portare a situazioni tragiche come questa. Ripeto, ricostruiremo punto per punto ogni momento, perché è nostro dovere dare risposte alle famiglie delle vittime, al Paese».
Ma non le sembra inaudito che a nessuno degli attori di questa vicenda sia venuto in mente che su quel barcone c’era gente da soccorrere?
«Guardi, siamo travolti dalle informazioni, ora dopo ora stiamo acquisendo documenti e testimonianze. Non so bene quale sia il mandato di Frontex, chi siano o chi dovrebbero essere i destinatari delle loro informazioni, non so neanche se i mezzi della Guardia di finanza che sono usciti in mare alla ricerca del barcone lo abbiano visto, agganciato con un radar, o non lo abbiano proprio trovato. Tutte risposte che attendo nelle prossime ore».
Guardia costiera e Frontex stanno dando pubblicamente la loro versione dei fatti. Che è contraddittoria su un elemento fondamentale: la consapevolezza che su quel barcone ci fossero centinaia di persone.
«Posso dire con certezza solo che da Frontex sabato sera è arrivata la comunicazione che quell’imbarcazione avvistata a 40 miglia dalle coste calabresi navigava a sei nodi senza problemi, e che da Roma è arrivata la decisione di far uscire i mezzi della Guardia di finanza per un’attività di repressione reati e non di soccorso».
Quando lei dice che la decisione è stata presa a Roma cosa intende? Chi ha deciso?
«Questo devo ancora accertarlo».
Eppure da bordo, nel corso della notte, sono partite diverse telefonate disperate ai familiari e poi anche ai centralini di soccorso.
«Purtroppo nessuno ha chiesto aiuto. La prima telefonata è arrivata alle quattro 4 del mattino al 112 e l’operatore si è attaccato subito al terminale, ha localizzato la richiesta all’altezza di Steccato di Cutro e ha subito fatto partire un’auto. Poi è stata avvisata la Guardia costiera, ma era troppo tardi. La barca era già a cento metri dalla costa, esattamente dove gli scafisti intendevano arrivare nel tentativo di sbarcare i migranti e allontanarsi. Quella secca è stata fatale».