Un’affermazione chiara. Ma non un trionfo. I numeri delle primarie

Ilvo Diamanti La Repubblica 1 marzo 2023
Spinta dalle città e dal campo largo così Elly ha sorpreso anche i sondaggisti
Il percorso delle Primarie del Pd si è concluso, domenica scorsa. Quello del partito è appena cominciato. E si annuncia complicato. A causa, anzitutto, del successo di Elly Schlein. Netto, ma non schiacciante.

 

Ha, infatti, ottenuto il 54%, mentre Stefano Bonaccini si è fermato al 46%. Se rivolgiamo lo sguardo al territorio, ciò significa 12 regioni a 8. E, in prospettiva più analitica, 69 province a 41.

Dunque, un’affermazione chiara. Ma non un trionfo. Questo esito, peraltro, ha spiazzato molti osservatori e ricercatori. Io stesso e l’Istituto che dirigo, Demos, pochi giorni prima del voto, avevamo condotto e pubblicato ( suRepubblica ) un sondaggio che indicava un largo successo del Presidente dell’Emilia-Romagna, Bonaccini. Il quale, d’altronde, si era imposto largamente, una settimana prima, nei congressi di circolo. In passato, il voto degli iscritti non era mai stato contraddetto, nelle primarie, “aperte” a tutti coloro che intendevano partecipare alla scelta.

Questa volta, invece, la volontà dei circoli è stata rovesciata dal “campo largo”, o meglio, “allargato” ai simpatizzanti e, comunque, a tutti coloro che volevano contribuire alla scelta del segretario del partito. Del Pd. Senza cercare giustificazioni, è indubbio che questa procedura ha complicato lo svolgimento dei sondaggi. In particolare, nel “secondo turno”. Perché è difficile “de-finire la popolazione” da intervistare. Per comporre un “campione rappresentativo”. È, peraltro, significativo che mai, come in questa occasione, il voto dei circoli, a favore di Bonaccini, sia apparso tanto diverso da quello dei cittadini che hanno partecipato alle Primarie. Fino a determinare un esito perfino opposto.

Per spiegare il risultato conclusivo, è interessante osservare la mappa del voto, realizzata dall’ Osservatorio elettorale di LaPolis (Univ. di Urbino-Demos) su base provinciale. Il sostegno a Bonaccini ha un’impronta chiara. Marcata da due aree principali. Anzitutto, l’Emilia- Romagna. In primo luogo, a Modena, la provincia di Bonaccini. Inoltre, alcune zone del Centro. La seconda “area di forza” è il Centro- Sud. Mezzogiorno. Soprattutto, Molise, Puglia, Calabria e Campania. In particolare, la Provincia di Salerno, grazie al sostegno del Presidente Vincenzo De Luca. Bonaccini si è, inoltre, affermato in Sardegna, come, di misura, in Abruzzo.

Nel resto del Paese si è votato prevalentemente per Schlein. Soprattutto nel Nord. In Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Ma soprattutto in Friuli-Venezia Giulia. A Trieste.

Elly Schlein si è affermata anche scendendo verso il Centro e il Sud. In Toscana, in Umbria, nel Lazio e nelle Marche. Inoltre, si è imposta in gran parte della Sicilia e in alcune province della Sardegna. Compresa Cagliari. Non per caso, perché “ha vinto” in molte grandi città. E nelle aree metropolitane. A partire da Roma e Milano. Dove ha sfiorato il 70%.

Stefano Bonaccini, invece, ha “tenuto” soprattutto in provincia. Nei piccoli centri urbani. Nel complesso, il suo elettorato appare maggiormente radicato nella tradizione. Sul territorio che ha caratterizzato la storia della Sinistra. E del Centro Sinistra. Ma non dovunque. Perché, come si è detto, alcune aree importanti, come la Toscana, si sono orientate a favore di Schlein. Un mutamento compensato solo in parte dal sostegno ottenuto dal Presidente dell’Emilia-Romagna nel Mezzogiorno.

Non è facile trovare una “spiegazione che spieghi” la scelta di voto alle Primarie. Inattesa quanto chiara. L’unica vera chiave di lettura, probabilmente, è proprio la “ricerca di una svolta”. Per contrastare una tendenza al declino. Che ha “spinto indietro” il Pd, che, nel marzo 2022, appariva, nei sondaggi, il primo partito in Italia. Affiancato dai Fd’I di Giorgia Meloni, che oggi lo hanno ampiamente superato.

Andando oltre il 30%. Mentre il Pd cerca di con-tenere la concorrenza delM5S, a sua volta scivolato sensibilmente, negli ultimi anni. Ma anche negli ultimi mesi. La sensazione è che il Pd sia divenuto un partito con un’identità sbiadita. Soprattutto di fronte alla prospettiva di un “campo largo”, che, in effetti, si è “ristretto”, dopo la crisi del governo Draghi. E dell’intesa con il M5S, guidato da Giuseppe Conte. Così il Pd oggi si trova in una condizione e posizione “periferica”. Senza orizzonte. Senza capacità di “coalizione”. Mentre il Centro Destra occupa il “centro” della politica nazionale. E i Fd’I non appaiono più agli italiani di Destra (estrema) come prima.

L’affermazione di Elly Schlein riflette il tentativo e la domanda di cambiare. Perché, agli occhi dei cittadini è, sicuramente, meno vincolata al partito rispetto a Stefano Bonaccini. Perché è una donna. Come Giorgia Meloni. E “promette” di allentare il legame del Pd con un passato che incombe. Tuttavia, è indubbio che, per riprendere il cammino, il partito deve andare oltre il leader. Meglio: “i” leader. E riprendere il suo rapporto con la storia, con la società, il lavoro. Deve darsi e comunicare un’idea. Una. Senza rischiare che le primarie, con un esito così incerto, marchino una divisione. Fra due (o più) partiti.

La deputata dem ha avuto la meglio in 12 regioni su 8 e più in dettaglio in 69 province su 41Il successo di Schlein si spiega come ricerca di una svolta per contrastare il declino del partito

 

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