Michela Marzano La Repubblica 2 marzo 2023
Giorgia Meloni contro il gender, il duello con Elly Schlein è anche sull’idea di femminilità
La premier in un’intervista a “Grazia” parla della sua visione della donna. Uno sguardo rivolto al passato. Opposto a quello della neo segretaria del Pd. Destra e sinistra guidate da due giovani leader con una prospettiva diversa su orientamento sessuale, identità di genere, famiglia
Identità di genere, orientamento sessuale, famiglia, tutto oppone Elly Schlein e Giorgia Meloni: non c’è nulla su cui la pensino uguale, sebbene siano entrambe donne, giovani e leader. Sono due modi contrapposti e speculari di essere al mondo, e quindi poi anche di concepirlo, a partire dalla femminilità, che è forse il punto centrale di confronto dialettico tra di loro, con buona pace di chi, fino a oggi, ha immaginato che l’identità sessuale di una persona fosse qualcosa di evidente e scontato, visto che è proprio a partire da come ci si definisce, e dall’idea che si ha della femminilità e della virilità, che si ragiona poi su tutto il resto.
È questa la cosa bella e affascinante cui stiamo assistendo in Italia, qualcosa di molto più bello e affascinate che il (semplice) disaccordo su specifiche idee riguardo all’organizzazione del lavoro oppure anche alla transizione digitale o ecologica. Per carità, un Paese lo si governa mettendo le mani in pasta, occupandosi di disoccupazione e pensioni, di edilizia e energia, lungi da me sottovalutare l’insieme delle preoccupazioni quotidiane di milioni di persone, che faticano ad arrivare a fine mese, e assistono impotenti all’inflazione che aumenta e al caro energia, ma, riflettiamoci: molte delle scelte in materia economica o ambientale non sono la diretta conseguenza di come si abita il mondo, e quindi di come ci si pensa e ci si definisce, della concezione che si ha delle relazioni umane, della famiglia e dei figli? E la cosa bella, lo ripeto, è che per la prima volta, in Italia, abbiamo due donne leader che affrontano la gestione del potere in maniera radicalmente opposta perché è opposto il modo che hanno di vivere il proprio essere donna.
L’identità del partito di Meloni si è via via strutturato attorno al celebre “sono Giorgia, sono una madre, sono italiana, sono cristiana”, è così che si è presentata lei, tutta d’un pezzo e monolitica: la famiglia? sempre e solo quella tradizionale, quella fatta da papà, mamma e figli, altro che genitore 1 e 2; l’aborto? anche no, grazie, daremo strumenti a tutte per non negare loro la gioia di essere madri; l’identità? sempre e solo quella che ha dato a ognuno madre natura; omofobia e transfobia? non esistono, e se anche c’è chi pensa (e dice) che le persone omosessuali sono contronatura, perché privarlo della sua sacrosanta libertà d’espressione? Ma anche la comunità che si è stretta attorno a Schlein, l’ha fatto seguendola nel suo rompere con le categorie del passato: esistono famiglie omoparentali i cui figli non godono degli stessi diritti degli altri bambini e delle altre bambine, e questa cosa è inaccettabile; esistono persone che sono emarginate, insultate e aggredite in ragione del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, e ci si deve dare un taglio; esistono donne che non sono madri, e che non sono però meno donne delle altre, e anche basta con questa retorica della gioia della maternità che si invoca per cancellare il diritto di abortire!
Giorgia Meloni, da ultimo oggi in un’intervista a Grazia, difende il passato che, intendiamoci!, non è, in sé, una parolaccia, anzi, ognuno di noi è ovviamente il frutto della propria storia e della storia della propria famiglia e del proprio Paese, ma nel passato, e per secoli, la concezione della persona e la struttura della famiglia sono state rigide, ingessate, implacabili, tutto secondo la logica binaria del bianco e del nero, del giusto e dell’ingiusto, con lo schiacciamento sistematico della donna al ruolo di moglie e madre, conseguenza inevitabile del dualismo anima/corpo, femminile/maschile, eterosessualità/omosessualità.
Nel mondo del passato, il potere era maschio, e se una donna, per miracolo, lo raggiungeva, ne adottava il linguaggio e i modi. Elly Schlein, invece, difende la modernità che, intendiamoci!, non è di per sé la panacea, il mondo di oggi è anche quello della spettacolarizzazione delle immagini e del tutto si equivale, ma è pure quello in cui ognuno sta pian piano acquisendo il diritto di essere sé stesso, di non conformarsi sistematicamente alle aspettative altrui, di essere una donna (o un uomo) che ama un’altra donna (o un altro uomo) senza che ciò ne rimetta in discussione l’identità, di essere un ragazzo (o una ragazza) che ha difficoltà a piegarsi agli stereotipi di genere, di essere persino una leader, come l’ex premier neozelandese, che si concede il lusso di dimettersi perché la vita è anche altro.
Meloni e Schlein polarizzano oggi i dibattiti sebbene siano entrambe donne, anzi, proprio perché sono entrambe donne, ma incarnano due visioni opposte della femminilità, e quindi poi anche della famiglia. La prima ha la testa rivolta verso il passato, e giudica, esclude, blocca all’interno di categorie rigide. La seconda guarda ciò che la circonda e sogna un futuro fatto di inclusione e alterità, all’interno del quale non esiste un modo giusto o sbagliato di essere sé stessi, ma mille e mille modi di attraversare l’esistenza.
Donna e famiglia, la sfida delle due leader
Michela Marzano La Repubblica 2 marzo 2023
Giorgia Meloni contro il gender, il duello con Elly Schlein è anche sull’idea di femminilità
La premier in un’intervista a “Grazia” parla della sua visione della donna. Uno sguardo rivolto al passato. Opposto a quello della neo segretaria del Pd. Destra e sinistra guidate da due giovani leader con una prospettiva diversa su orientamento sessuale, identità di genere, famiglia
Identità di genere, orientamento sessuale, famiglia, tutto oppone Elly Schlein e Giorgia Meloni: non c’è nulla su cui la pensino uguale, sebbene siano entrambe donne, giovani e leader. Sono due modi contrapposti e speculari di essere al mondo, e quindi poi anche di concepirlo, a partire dalla femminilità, che è forse il punto centrale di confronto dialettico tra di loro, con buona pace di chi, fino a oggi, ha immaginato che l’identità sessuale di una persona fosse qualcosa di evidente e scontato, visto che è proprio a partire da come ci si definisce, e dall’idea che si ha della femminilità e della virilità, che si ragiona poi su tutto il resto.
È questa la cosa bella e affascinante cui stiamo assistendo in Italia, qualcosa di molto più bello e affascinate che il (semplice) disaccordo su specifiche idee riguardo all’organizzazione del lavoro oppure anche alla transizione digitale o ecologica. Per carità, un Paese lo si governa mettendo le mani in pasta, occupandosi di disoccupazione e pensioni, di edilizia e energia, lungi da me sottovalutare l’insieme delle preoccupazioni quotidiane di milioni di persone, che faticano ad arrivare a fine mese, e assistono impotenti all’inflazione che aumenta e al caro energia, ma, riflettiamoci: molte delle scelte in materia economica o ambientale non sono la diretta conseguenza di come si abita il mondo, e quindi di come ci si pensa e ci si definisce, della concezione che si ha delle relazioni umane, della famiglia e dei figli? E la cosa bella, lo ripeto, è che per la prima volta, in Italia, abbiamo due donne leader che affrontano la gestione del potere in maniera radicalmente opposta perché è opposto il modo che hanno di vivere il proprio essere donna.
L’identità del partito di Meloni si è via via strutturato attorno al celebre “sono Giorgia, sono una madre, sono italiana, sono cristiana”, è così che si è presentata lei, tutta d’un pezzo e monolitica: la famiglia? sempre e solo quella tradizionale, quella fatta da papà, mamma e figli, altro che genitore 1 e 2; l’aborto? anche no, grazie, daremo strumenti a tutte per non negare loro la gioia di essere madri; l’identità? sempre e solo quella che ha dato a ognuno madre natura; omofobia e transfobia? non esistono, e se anche c’è chi pensa (e dice) che le persone omosessuali sono contronatura, perché privarlo della sua sacrosanta libertà d’espressione? Ma anche la comunità che si è stretta attorno a Schlein, l’ha fatto seguendola nel suo rompere con le categorie del passato: esistono famiglie omoparentali i cui figli non godono degli stessi diritti degli altri bambini e delle altre bambine, e questa cosa è inaccettabile; esistono persone che sono emarginate, insultate e aggredite in ragione del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, e ci si deve dare un taglio; esistono donne che non sono madri, e che non sono però meno donne delle altre, e anche basta con questa retorica della gioia della maternità che si invoca per cancellare il diritto di abortire!
Giorgia Meloni, da ultimo oggi in un’intervista a Grazia, difende il passato che, intendiamoci!, non è, in sé, una parolaccia, anzi, ognuno di noi è ovviamente il frutto della propria storia e della storia della propria famiglia e del proprio Paese, ma nel passato, e per secoli, la concezione della persona e la struttura della famiglia sono state rigide, ingessate, implacabili, tutto secondo la logica binaria del bianco e del nero, del giusto e dell’ingiusto, con lo schiacciamento sistematico della donna al ruolo di moglie e madre, conseguenza inevitabile del dualismo anima/corpo, femminile/maschile, eterosessualità/omosessualità.
Nel mondo del passato, il potere era maschio, e se una donna, per miracolo, lo raggiungeva, ne adottava il linguaggio e i modi. Elly Schlein, invece, difende la modernità che, intendiamoci!, non è di per sé la panacea, il mondo di oggi è anche quello della spettacolarizzazione delle immagini e del tutto si equivale, ma è pure quello in cui ognuno sta pian piano acquisendo il diritto di essere sé stesso, di non conformarsi sistematicamente alle aspettative altrui, di essere una donna (o un uomo) che ama un’altra donna (o un altro uomo) senza che ciò ne rimetta in discussione l’identità, di essere un ragazzo (o una ragazza) che ha difficoltà a piegarsi agli stereotipi di genere, di essere persino una leader, come l’ex premier neozelandese, che si concede il lusso di dimettersi perché la vita è anche altro.
Meloni e Schlein polarizzano oggi i dibattiti sebbene siano entrambe donne, anzi, proprio perché sono entrambe donne, ma incarnano due visioni opposte della femminilità, e quindi poi anche della famiglia. La prima ha la testa rivolta verso il passato, e giudica, esclude, blocca all’interno di categorie rigide. La seconda guarda ciò che la circonda e sogna un futuro fatto di inclusione e alterità, all’interno del quale non esiste un modo giusto o sbagliato di essere sé stessi, ma mille e mille modi di attraversare l’esistenza.