Tommaso Ciriaco, Giuliano Foschini La Repubblica 2 marzo 2023
Il governo della destra vuole accogliere mezzo milione di lavoratori immigrati in due anni. E abolire la Bossi-Fini
La conferma dal ministro Lollobrigida. Ma nell’esecutivo ci sono visioni diverse sui numeri complessivi: il ministro Piantedosi ha parlato di “100 mila immigrati”
Un piano biennale a partire dal 2024. Un decreto flussi da circa 250 mila ingressi all’anno. È questo il piano di Giorgia Meloni sull’immigrazione. Prevede numeri imponenti, perché il problema è complesso e rischia di travolgere il governo.
E prevede anche un passaggio ulteriore, che è precondizione per realizzare il progetto: la modifica della legge Bossi-Fini. Senza questo ritocco, non è infatti possibile stipulare accordi bilaterali con i Paesi di origine nei quali saranno formati i lavoratori da impiegare nei settori strategici in cui c’è penuria di risorse.
Ci lavora Palazzo Chigi. E lo fa seguendo alcune linee guida che vengono svelate in un angolo del Transatlantico dal potente ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il dirigente di Fdi più vicino alla premier: “Cinquecentomila è, più o meno, il numero di persone di cui attualmente avremmo bisogno ogni anno – dice a Repubblica – Ma non è questo il numero che si può assorbire in un anno. Semmai, il piano sarà biennale”.
Il calcolo è facile, la prospettiva chiara: circa 250 mila immigrati da far arrivare in Italia regolarmente. Non sono i numeri a cui pensa il Viminale, a cui tocca la gestione dei flussi: “Se stimiamo che il mercato del lavoro necessità di 100 mila immigrati regolari l’anno ecco che si arriva a 500 mila in cinque anni», ha dichiarato ieri in Commissione il ministro degli Interni Matteo Piantedosi.
Il progetto prevede che sia il ministero del Lavoro a definire “assieme ai dicasteri competenti” il fabbisogno per ogni settore. Poi “andrà avviata la formazione dei lavoratori» e infine si procederà con l’avvio dei flussi stabiliti dal provvedimento in cantiere.
Le decisioni non saranno operative nelle prossime settimane, ma “nel 2024”. Ma c’è di più, e di molto più complesso. Finora l’attuale meccanismo dei decreti flussi annuali permetteva di fatto di arruolare migranti già presenti in Italia e successivamente regolarizzati per la mansione a cui venivano destinati.
Mantenendo inalterata l’impostazione, si potrebbe sospettare che l’esecutivo intenda adesso far fronte a un eventuale aumento della pressione migratoria semplicemente estendendo la quota di chi viene messo in regola per lavorare in alcuni settori, a partire dall’Agricoltura.
Lollobrigida nega che sia così. “La mia opinione è che arrivare irregolarmente in Italia è già da escludere nel percorso di regolarizzazione. Questa, almeno, è la mia personale posizione”. Il ministro meloniano sostiene che i lavoratori andranno piuttosto “formati nei Paesi di origine, con il vantaggio ulteriore che quando ritorneranno in patria avranno acquisito utili competenze professionali”.
Nei piani dell’esecutivo c’è l’idea di investire in particolare sulle capitali che frenano l’immigrazione illegale e che, per questo, saranno “premiate” con maggiori quote di migrazione legali. Tra questi, “Tunisia e Bangladesh”. I tempi di attuazione del progetto di Meloni non possono essere brevi perché, come detto, va modificata la Bossi-Fini, in vigore dal 2002. Se infatti si intende formare il lavoratore in patria, bisogna ipotizzare il superamento del meccanismo oggi vigente, che prevede invece un decreto flussi annuale e si traduce spesso in una sostanziale regolarizzazione di chi già si trova in Italia.