Lorenzo Lamperti il Manifesto 2 marzo 2023
Meloni in India, un posto al tavolo nell’Indo-pacifico in stile Usa
G20. Vertice dei ministri degli Esteri a Nuova Delhi. Obiettivo del governo italiano: rafforzare l’interscambio e portare a casa nuove commesse militari. Dimenticando gli abusi dell’ultradestra del premier Modi
«Supportare l’ascesa dell’India». È uno degli obiettivi della strategia dell’Indo-Pacifico degli Stati uniti. Con un implicito: «Utilizzarla per contenere un’altra ascesa, quella della Cina». Ergo, Nuova Delhi va considerata nel campo dei “buoni”, anche perché come si dice sempre è la «democrazia più popolosa al mondo».
In realtà, proprio quest’anno è destinata a compiere lo storico sorpasso alla Cina che la renderà la nazione con più abitanti. Sullo salute della democrazia diretta dall’ultranazionalista Narendra Modi ci sono però segnali preoccupanti, spesso ignorati da Washington per interessi strategici e dai governi europei che vanno a caccia di nuove opportunità commerciali.
CON QUESTE PREMESSE l’India ospita Giorgia Meloni e il summit dei ministri degli Esteri del G20, presenti Antony Blinken e Sergej Lavrov. La premier italiana è l’ospite d’onore della conferenza geopolitica Raisina Dialogue. A margine l’incontro con Modi, che metterà fine al gelo calato dopo la vicenda dei marò. Al centro degli interessi di Meloni il rafforzamento delle esportazioni e il riequilibrio della bilancia commerciale.
Nel 2022 l’interscambio è cresciuto del 42%, arrivando a 14,9 miliardi di euro, ma Nuova Delhi ha un surplus di 5,2 miliardi. I media indiani prevedono annunci in materia di difesa. Dopo la revoca del blocco a Leonardo, si punta a grandi commesse per marina e aviazione dell’esercito indiano. Nel mirino cannoni navali e siluri pesanti. Così come fatto dalla Germania con la visita del cancelliere Olaf Scholz la scorsa settimana, l’Italia aderirà alla Indo-Pacific Oceans Initiative, programma di cooperazione lanciato da India e Australia sulla sfera della sicurezza.
La firma piacerà agli Usa, eppure la politica estera indiana continua a non essere allineata. Oltre al G20, l’India quest’anno presiederà il summit dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai, di cui fa parte con (tra gli altri) Cina, Russia e Iran. Così come Pechino, Nuova Delhi non ha condannato apertamente l’invasione russa e ha aumentato molto le importazioni di gas e petrolio da Mosca, da dove compra anche armi.
SUL FRONTE INTERNO, Modi continua a cavalcare l’ultranazionalismo indù e a restringere i diritti. A partire da quelli della minoranza musulmana, colpita negli ultimi anni con la revoca dell’autonomia del Kashmir e la nuova legge sulla cittadinanza. Nel 2022 l’India è crollata al 150esimo posto su 180 per la libertà di stampa: la peggior posizione di sempre.
Ndtv, broadcaster che aveva mantenuto una linea critica verso Modi, è stata acquistata dal suo amico multimiliardario Gautam Adani. Assalto anche ai media internazionali. In particolare alla Bbc, con indagini fiscali, perquisizioni e confische subito dopo averne censurato il documentario che racconta il ruolo di Modi nel massacro del Gujarat del 2002.
Ieri un report di Access Now ha svelato che nel 2022 il governo indiano ha bloccato 84 volte la rete internet (su un totale di 187 episodi in tutto il mondo). Spesso in concomitanza di proteste verso il governo della democrazia, pardon nazione, più popolosa al mondo.