Una stagione di conflitti destinati a inasprirsi

Massimo Franco Corriere della Sera 4 marzo 2023
Una stagione di conflitti destinati a inasprirsi
Dopo la tragedia di Crotone aumenta la distanza tra i partiti di maggioranza e opposizione. La variabile Schlein alla guida pd


È difficile vedere un recupero di dialogo tra governo e opposizioni. I rapporti stanno peggiorando e si radicalizza lo scontro. E il cambio alla segreteria del Pd, con l’arrivo di Elly Schlein, promette di accentuare i toni polemici nei confronti di Palazzo Chigi, col rischio già visibile di risucchiare la maggioranza di destra in una spirale di ritorsioni; tanto più scivolosa nel momento in cui la coalizione al potere sente di avere il vento a proprio favore, e di poterlo sfruttare di qui a un anno, quando ci saranno le elezioni europee.

I veleni e la confusione sulla tragedia dei 68 migranti annegati nel naufragio di un caicco in Calabria sono solo l’ultima occasione di conflitto. Anche se per l’enormità di quanto è accaduto e gli errori commessi dal governo, si può dire che rappresentano uno spartiacque. Di fatto, inaugurano una fase diversa. Ma sullo sfondo si staglia l’inchiesta della magistratura sui morti per Covid in Lombardia. E si inasprisce la spaccatura sulla riforma che riguarda l’«autonomia differenziata» delle regioni.

Sono tutti elementi destinati a mostrare un P aese spaccato e rissoso: l’esatto contrario dell’unità invocata in una fase di passaggio decisiva. Quanto sta accadendo sulle questioni regionali diventa, su questo sfondo, il paradigma di una stagione convulsa e di muro contro muro. Adesioni e resistenze alla riforma voluta in particolare dal ministro leghista per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, mescolano e saldano spaccature politiche e geografiche.

Non solo mettono l’una contro l’altra le regioni guidate dal centrodestra e dalla sinistra: le prime a favore, le altre contro. Segnano anche una contrapposizione tra diverse realtà del Mezzogiorno. Con i partiti di governo che additano il «no» alla riforma di Campania, Puglia, Emilia-Romagna e Toscana come frutto di una scelta maturata «per motivi ideologici». E queste ultime furiose con Calabria, Basilicata, Sicilia, accusate di avere «svenduto gli interessi del Mezzogiorno» per seguire le indicazioni del governo nazionale. Come si potranno accorciare queste distanze non è chiaro.

Dopo il sì arrivato l’altro ieri dalla Conferenza delle Regioni, il presidente Massimiliano Fedriga, leghista, si è augurato «che si possa ricucire con le quattro che hanno votato contro»: una minoranza. Per ora, tuttavia, non si vedono spazi per trattare. L’accusa a Calderoli di avere compiuto una forzatura, e la pregiudiziale secondo la quale la riforma aumenta le sperequazioni tra Sud e resto d’Italia sembrano difficili da superare. Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, del Pd, chiama in causa la stessa premier Giorgia Meloni, chiedendole di difendere «lo spirito di patria con i fatti».

 

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