Matteo Pinci La Repubblica 7 marzo 2023
Serie A, i pirati del pezzotto: il calcio rubato va più veloce delle tv
Le immagini passano attraverso cloud internazionali e arrivano prima che su Sky o Dazn. Gli utenti abusivi pagano meno, ma rischiano: i dati delle carte di credito restano online
La rete che si gonfia più spesso, durante i weekend di campionato, è quella di Internet. Ma i gol di Osimhen e Lautaro non viaggiano solo sulle tv di chi paga gli abbonamenti a Dazn e Sky. La pirateria e chi ne beneficia sono diventati oggetto di discussioni prima nella Lega del calcio e poi tra la Serie A e le aziende di telecomunicazioni, sulle pagine di Repubblica. Ma come funziona, oggi, il sistema delle trasmissioni illegali delle partite, che secondo varie stime interessa 5 milioni di italiani? Tanti sarebbero a collegarsi con i campi del campionato sfruttando canali abusivi. E spesso possono usufruire di immagini più stabili di quelle di Dazn o trasmettere un gol prima di Sky.
Cos’è il pezzotto e come funziona
Ma come si fa a vedere illegalmente le immagini della Serie A? Il sistema più diffuso è quello delle Iptv illegali. Il cosiddetto “pezzotto”. Prima di tutto, serve un set-top box: non è altro che un decoder, simile a quelli di Sky, ma senza marchio. Può costare dai 20 euro fino a 400, è assolutamente legale e ha una sola funzione: trasformare flussi dati in immagini da trasferire alla tv a cui viene collegato. Perché possa trasmettere le partite, però, bisogna trovare un abbonamento pirata, e qui è spesso sufficiente cercare su Internet. Dove abbondano servizi dal prezzo molto inferiore a quello dei broadcaster ufficiali. Si paga con carta di credito, con tutti i rischi di tracciabilità del caso: a quel punto il pirata fornisce un indirizzo web e una password da inserire. Collegandosi tramite il set-top box si ha quindi accesso a una quantità straordinaria di servizi: i canali lineari delle tv a pagamento, ma anche una infinità di programmi on demand. È come avere decine di abbonamenti tv e streaming al prezzo di uno soltanto.
Dazn, Sky e i sistemi anti pirateria
Non solo: molto spesso la qualità e i tempi in cui si ricevono le immagini sono migliori dei servizi ufficiali. Il motivo sono i sistemi di sicurezza: Sky e Dazn, quando trasmettono le partite, devono proteggere il segnale, e la tecnologia necessaria ha l’effetto di far arrivare le immagini sulle nostre televisioni con qualche secondo di ritardo. I pirati invece non hanno bisogno di criptare il proprio prodotto in maniera particolarmente sofisticata. Anche se è sempre più frequente il fenomeno di pirati che rubano le immagini ad altri pirati. In più, a collegarsi con le tv ufficiali sono ogni domenica milioni di italiani, perché il servizio che offrono è in esclusiva. Al contrario, i servizi pirata che si spartiscono il mercato sommerso sono decine: così, ognuno consuma molta meno banda, garantendo spesso una maggiore velocità. E sempre in 4k, ossia la più alta qualità possibile.
Le norme europee che favoriscono i pirati
Come arrivano le immagini sui set-top box nelle case italiane? La catena è facile da ricostruire. Una volta i pirati diffondevano i contenuti illegali da computer nascosti in scantinati: per le forze dell’ordine, una volta rintracciati, bastava smantellarli. Oggi, la tecnologia ha permesso ai pirati di evolversi: si appoggiano su cloud provider, prevalentemente olandesi, tedeschi e francesi, che non sono un luogo fisico. Perché europei? Perché gli accordi Ue sul peering, ovvero gli accordi di interconnessioni tra i provider, permettono di velocizzare il traffico ed essere davvero competitivi con i grandi broadcaster. O di batterli.
L’operazione “Gotha” della Guardia di finanza
Fermarli? Possibile: si potrebbe intervenire sulla rete Internet, le telco potrebbero bloccare gli indirizzi Ip quando si riscontrano connessioni irregolari. Il problema sono i tempi. Se Sky o Dazn individuano una sorgente irregolare e chiedono di spegnerla, difficilmente vengono assecondati. “Serve un ordine del giudice”, la risposta più frequente. Ma una partita dura 90 minuti, un ordine del giudice impiega molto di più ad arrivare: così fermare lo streaming illegale è impossibile. Ancora più difficile bloccare i cloud provider, che tendono a non essere esattamente collaborativi, protetti dai regolamenti sul commercio elettronico: vendono un servizio permesso, non sono tenuti a conoscere cosa viene fatto tramite le proprie infrastrutture. Non solo: per aggirare le regole di intervento, alcuni operatori cloud si sono strutturati affittando pezzi della propria attività a società offshore. Che così non devono rispettare le regole europee. Quando però i servizi di cyber security riescono a trovare una breccia, quantomeno rompono la catena illegale. L’operazione Gotha della Guardia di finanza ha fermato un giro da 30 milioni di danni mensili per l’industria coinvolgendo 900.000 utenti e 22 città. E per una volta hanno pagato anche i consumatori.