E Piantedosi restò solo. Le crepe della destra dietro la trincea sguarnita

Stefano Cappellini La Repubblica 8 marzo 2023
E Piantedosi restò solo. Le crepe della destra dietro la trincea sguarnita
Durante l’informativa urgente sulla tragedia Cutro del ministro alla Camera e al Senato assenti Meloni, Salvini e le prime file del governo. In maggioranza c’è chi ammette qualche errore. Partita ancora lunga

Se la difesa del ministro Piantedosi da parte del centrodestra fosse una partita di calcio, bisognerebbe cominciare dal notare che non sono scesi in campo molti titolari. Assenti Giorgia Meloni e Matteo Salvini sia alla Camera che al Senato. A Montecitorio il ministro dell’Interno ha reso la sua informativa sui fatti di Cutro affiancato dai ministri Roberto Calderoli, Luca Ciriani, Paolo Zangrillo e Carlo Nordio. Al Senato Elisabetta Casellati ha preso il posto del Guardasigilli Nordio. Governo e maggioranza, a parole, hanno sostenuto le ragioni di Piantedosi.

L’opposizione ha suggerito le dimissioni senza formalizzare la richiesta in una mozione che ieri sarebbe andata a infrangersi sul muro di centrodestra. Un assalto di scherma, forse, più che una partita di calcio: molte figure, stridìo di lame e qualche affondo scenografico, nessuno toccato e sconfitto, per ora. Tutti ieri, l’una e l’altra parte, convinti che il duello sia ancora lungo e che a deciderlo potrebbero essere atti e parole che non passano dalle aule del Parlamento.

Per Piantedosi, comunque, non è stata una giornata facile. Teso, l’eloquio talvolta un po’ inceppato dall’emozione, qualche sillaba andata a ramengo nel passaggio dal testo scritto del discorso alla voce, il ministro ha cercato – a tratti con disperazione più visibile dell’orgoglio – di allontanare da sé l’accusa di essere il punto più alto di quella catena di inazione e burocrazia che ha causato una strage.

La standing ovation dei deputati della maggioranza alla fine del suo intervento non deve avergli impedito di scorgere le crepe affiorate dietro la convinta fiducia che gli è stata espressa. A un certo punto del suo discorso il capogruppo di Fratelli d’Italia, il verace emiliano Tommaso Foti, ha detto: “Non si può pensare che, quando si tratta di intervenire per salvare persone, ci sia un potere politico che va a condizionare funzionari dello Stato che, se sbagliano, lo fanno in buona fede e non sicuramente per dolo”. Sbagliare, buona fede. Parole rivelanti. Anche il tentativo di scaricabarile su “funzionari dello Stato” passa dal riconoscimento che le cose non hanno funzionato.

Una disgrazia imprevedibile. Questa è l’unica trincea scavata dagli alleati per Piantedosi, poco profonda, come dimostra anche l’intervento del capogruppo leghista Riccardo Molinari: “Se non ci fosse stata la tempesta in mare, sarebbe stato l’ennesimo sbarco fantasma come ce ne sono a centinaia nelle nostre coste”. Periodo ipotetico della surrealtà: visto che non è più colpa dei migranti, è colpa del maltempo.

La neo segretaria del Pd Elly Schlein è seduta accanto a Peppe Provenzano e annuisce di continuo mentre l’ex ministro istruisce la requisitoria contro Piantedosi e lo bacchetta, anche, per il fatto che l’ex prefetto si distrae sul cellulare durante l’intervento: “Non la troverà lì, sul telefono, la risposta alla domanda che le stiamo facendo. Sarebbe opportuno che si dimettesse, ma qui ormai non si tratta più di lei. La sua improntitudine non può coprire responsabilità ben più alte di chi dirige la politica del governo, che oggi sembra Salvini, ma è Meloni: doveva esserci lei in Aula e anche di questo chiederemo conto”.

In Transatlantico Schlein commenta così: “Anche oggi un’occasione sprecata per rispondere a domande precise: chi ha deciso che intervenisse la Guardia di finanza invece che la Guardia costiera?”. La deputata grillina Vittoria Baldino attacca Salvini: “Ha voluto la delega ai porti per continuare a spadroneggiare sull’immigrazione”, dice e sa di cosa parla, Salvini spadroneggiava anche quando era al governo con il M5S.

In Senato il copione si ripete. Anche qui il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo sdogana, come Foti, il concetto di errore e colpa: “Quella nave – dice Romeo – ha navigato lungo tutte le coste della Grecia, ma loro l’hanno lasciata andare, tanto poi ci pensa l’Italia, e poi se si sbaglia, per certe condizioni, che possono capitare, allora il risultato è colpa dell’Italia”. Un’altra singolare difesa del ministro: la Grecia ha fatto finta di nulla, tanto a pasticciare ci pensa l’Italia. Pure a Palazzo Madama a Piantedosi arrivano colpi pesanti dall’opposizione.

Matteo Renzi parla a nome del Terzo polo: “Lei – dice l’ex presidente del Consiglio al ministro dell’Interno – non ha risposto e non ha chiarito. L’identità nazionale italiana è di chi salva le vite in mare, non di chi fa i respingimenti”. Poi Renzi se la prende con Meloni e Salvini e al termine del discorso gli si fanno incontro per complimentarsi i senatori dem Dario Franceschini e Pierferdinando Casini ma anche, a sopresa, il grillino Stefano Patuanelli.

La più affilata nell’atto di accusa è forse la senatrice sudtirolese Julia Unterberger: “Lei, ministro, non è stato frainteso, ha pronunciato parole gravi. Dai vostri banchi abbiamo sentito parlare di blocco navale, di affondamento di barche usate per le traversate. Avete creato un clima che rende tutti più diffidenti verso i soccorsi”. Alla fine, davanti ai banchi semivuoti del governo, il presidente del Senato Ignazio La Russa congeda tutti: “Vi ringrazio per un dibattito duro nei toni ma sereno nel modo in cui è stato condotto”. La partita è ancora lunga.

 

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