Marco Bresolin, Francesco Olivo La Stampa 8 marzo 2023
Meloni stretta tra Salvini e l’Europa ma sulle Ong l’Italia è senza alleati
La premier sta preparando il Cdm di domani a Cutro tentando di conciliare la fermezza e il messaggio di umanità. La soddisfazione di Palazzo Chigi per il messaggio di Bruxelles: «Sono consapevoli che serve una risposta comune»
Da una parte Matteo Salvini, dall’altra Ursula von der Leyen. In mezzo l’esigenza di arrivare domani a Cutro uniti e con qualche proposta in tasca. Il consiglio dei ministri convocato nella terra colpita da una tragedia immane non ha un ordine del giorno e le proposte ancora non hanno una forma. L’equilibrio tra messaggio di fermezza e quello di umanità, specie davanti a quella spiaggia dove hanno trovato la morte 72 persone, non è facile da trovare. Giorgia Meloni, d’altronde, si trova stretta tra due linee: da una parte la Commissione europea, dall’altra la Lega. Per quanto la leader di Fratelli d’Italia si sforzi per tenere insieme i pezzi, ci sono punti di vista inconciliabili, soprattutto su materie delicatissime come il meccanismo di salvataggio e sul Patto di migrazione e asilo. Nella bozza che oggi verrà portata nel preconsiglio ci saranno proposte sull’innalzamento delle pene per gli scafisti, il rafforzamento dei corridoi umanitari e il potenziamento dei flussi regolari. Da Palazzo Chigi si anticipa che non si tratterà di un decreto, anche vista una certa contrarietà del Quirinale.
Nonostante l’incontro di ieri tra Salvini e Meloni, non ci sarà un ritorno dei decreti sicurezza, sui quali il leader della Lega aveva costruito buona parte del suo consenso, poi sfumato. La sottosegretaria all’Interno di FdI Wanda Ferro lo dice senza reticenze: «Quei decreti non torneranno». In ogni caso tra i due alleati l’incontro «è andato benissimo», esultano a via Bellerio. Il Carroccio è certo di aver allontanato le ombre che pesavano sul ministro dell’Interno. Meloni ha accettato di rassicurare gli alleati dopo averne ascoltato le parole in Parlamento, più chiare, secondo FdI, rispetto alle ultime sfortunate uscite.
La lettera della presidente della Commissione europea viene considerato un passo positivo a Palazzo Chigi, che infatti si affretta a diffondere una nota di soddisfazione: «Emerge la piena consapevolezza di come vi sia la necessità di una concreta e immediata risposta europea in tema migratorio». In particolare sono tre i punti che vengono notati: il rafforzamento della cooperazione con i Paesi del Nord Africa, con la prevenzione delle partenze da Libia e Tunisia; l’impegno a stanziare almeno mezzo miliardo fino al 2025 per finanziare 50 mila reinsediamenti e le azioni di contrasto ai trafficanti. Nella lettera di Von der Leyen non c’è un riferimento al ruolo delle Ong, un punto che ha diviso l’Italia dai molti partner europei, a partire da Germania e Francia. Ma, secondo fonti di governo, l’omissione si deve a un lessico brusselese e non a una divergenza concreta.
Ma al di là della sponda offerta dalla presidente della Commissione europea, la premier sa benissimo che la gestione del dossier immigrazione passa soprattutto dal tavolo negoziale con gli altri governi Ue. Sarà dunque cruciale il confronto con gli altri leader al Consiglio europeo del 23-24 marzo e, prima ancora, la riunione dei ministri dell’Interno in agenda domani a Bruxelles.
L’Italia non sarà rappresentata da Piantedosi, che parteciperà – e non poteva essere altrimenti – al consiglio dei ministri a Cutro. A Bruxelles ci sarà il sottosegretario leghista Nicola Molteni, che insisterà sulla necessità di regolamentare l’attività di ricerca e soccorso delle Ong. Ma su questo fronte troverà parecchie resistenze. «Sappiamo che Italia e Malta vogliono sollevare la questione – anticipano fonti diplomatiche –, ma la proposta di un codice di condotta europeo non ha il sostegno necessario da parte degli altri governi». Nell’esecutivo di Berlino si è aperta una breccia perché il ministro dei Trasporti, il liberale Volker Wissing (lo stesso che si è opposto allo stop per le auto a diesel e benzina dal 2035), è favorevole a una stretta per le navi delle Ong. Ma gli altri due partiti di maggioranza – i socialisti e soprattutto i Verdi – non ne vogliono sapere.
Piuttosto la Germania è tra quei Paesi che torneranno a chiedere all’Italia di riattivare le procedure di Dublino, in linea con la tabella di marcia definita dagli stessi ministri dell’Interno. Il fronte dei Paesi che accusa Roma di non registrare i migranti sbarcati sulle proprie coste e di non riprendersi quelli che fuggono verso Nord è guidato dai Paesi Bassi, ma in prima linea ci sono anche Belgio, Svezia e per certi versi anche la Francia, oltre alla stessa Germania. «Bisogna tornare alle regole di Dublino per frenare i movimenti secondari», insistono fonti Ue, consapevoli che non sarà facile convincere il governo italiano.
E così gli unici elementi di convergenza potranno essere trovati solo sulla dimensione esterna, sulla necessità di lavorare di più con i Paesi di origine e di transito e sulla lotta agli scafisti. Ma si tratta di iniziative che richiedono tempo per dare i loro frutti, per questo – avverte un diplomatico – «non aspettatevi decisioni concrete al Consiglio Affari Interni».
L’altra novità del provvedimento a cui si sta lavorando è il rafforzamento dei consolati all’estero per poter smaltire le domande di ingresso legale in Italia. C’è un problema, però: i consolati sono disseminati soprattutto in città dove è forte la presenza italiana, in Paesi come Argentina, Brasile, Svizzera, Germania e Stati Uniti. Non si tratta di luoghi di partenza dei migranti (semmai di approdo degli italiani), mentre nei centri di forte emigrazione, come l’Africa o l’Asia la struttura consolare è molto più esile. La Farnesina, che già deve fare i conti con i tagli degli anni passati, non avrà compito facile nella riorganizzazione.