Concetto Vecchio La Repubblica 9 marzo 2023
Metamorfosi della premier da patriota a icona bipartisan E tutte le chiedono un selfie
Elly Schlein non invitata parla di diritti con le commesse di un centro commerciale
«Dov’è Elly Schlein?» «Hai per caso visto Schlein?». I funzionari del cerimoniale chiudono le porte della Sala dei corazzieri al Quirinale e della segretaria del Pd non c’è traccia. Mormorii di stupore nel salone odoroso di mimose. Il derby tra le due donne della politica italiana, nella cornice dell’8 marzo, non andrà in scena.
In prima fila si è accomodata solo la premier Giorgia Meloni, la prima donna a Palazzo Chigi. E a cerimonia finita è lei ad occupare il proscenio, inghiottita dalle richieste di selfie. Una calca soffocante, della durata di parecchi minuti, sotto lo sguardo benedicente di Ignazio La Russa, che ogni tanto borbotta: «Giorgia, è tardi; Giorgia guarda che dobbiamo andare».
«Brava Giorgia, è un’emozione avere una donna premier», dicono le signore, agitando freneticamente smartphone e tablet. «Mia figlia non ci crederà che ho una foto con te!». Le stringono la mano politiche di tutti gli schieramenti, esponenti dell’imprenditoria e della società civile, rettrici e attiviste. E piovono inviti, complimenti, adulazioni. Una di loro le mette in mano un piccolo volume intitolato Carta dei diritti della lettura .
L’ambasciatrice indiana Neena Malhotra il suo scatto lo pubblica sui social. Meloni si avvicina alla cantautrice Eleonora Bordonaro, che ha punteggiato la cerimonia con brani siciliani sulla condizione femminile: «Che tempra! Si vede che ci credi», le urla. Clima da raduno rock. A un certo punto prende in mano i telefoni, «fate fare a me». Poi irrompe la responsabile del cerimoniale: «Presidente, sono venuta a salvarla», e La Russa commenta soddisfatto: «Bravi,ecco, andiamo».
Quest’onda non era prevedibile. Un anno fa, da leader di Fratelli d’Italia, inaugurò la mostra “Patriote d’Italia”, voluta dal Dipartimento Pari opportunità e Famiglia del suo partito. Piovvero polemiche. Quella parola, patriote, suscitò più di una riserva.
Ma quello è del resto il lessico di cui si serve la leader di una destra nazionalistica: patriote, nazione; «Giorgia» parla così. Lei si giustificò «Per me patriota è chiunque non si chiude nel suo guscio, è anche chi fa la raccolta differenziata…». Oggi Meloni è una statista e anche da sinistra si mettono in fila per farsi un selfie: nel giorno della donna lei è una che ce l’ha fatta.
In quel momento Elly Schlein sta parlando con le commesse del centro commerciale di Cinecittà 2. Viale Palmiro Togliatti 2. Periferia sud di Roma. Non c’è alcuna telecamera al seguito, solo lo smartphone del suo portavoce, Flavio Alivernini, viene azionato per scattare qualche foto che in serata finirà sui social. Schlein riempie il taccuino di appunti mentre le lavoratrici della grande distribuzione le raccontano la loro vita. Contratti pirata.
Precarietà. Difficoltà a badare ai figli visto che si lavora anche sabato e domenica. Nel palazzo vogliono sapere se Bonaccini sarà presidente o vicesegretario, se Furfaro si occuperà delle nomine Rai, se Boccia sarà capogruppo al Senato, ed «Elly» prova a riprendersi il popolo perduto della sinistra. Dice alle cassiere che va combattuto il part time involontario che le rende ricattabili.
Schlein non è al Quirinale, perché il protocollo impone l’invito ai capigruppo, non ai leader di partito. A mezzo e mezzo Meloni lascia con gran ritardo il Quirinale. Sulle scale dirà che «le parole che ho sentito qui rappresentano una grande responsabilità». «Bisogna assicurare il salario minimo», promette Schlein, prima di posare con le lavoratrici. «Finalmente la dirigenza del Pd mette al centro il lavoro», le scrivono su Instagram.