Cdm a Cutro, è scontro Salvini- Mantovano

Ilario Lombardo , Francesco Olivo La Stampa 9 marzo 2023
Migranti, il governo a Cutro: il muro di Salvini al Cdm e lo scontro con Mantovano
Braccio di ferro tra alleati sul decreto: il Carroccio vuole il modello inglese e chiede una stretta sui permessi

 

In realtà, la sintonia sulle norme non è mai esistita, nonostante i vertici a Palazzo Chigi e i tentativi di provare a mostrare compattezza. Su come affrontare l’arrivo dei migranti, dopo i morti di Cutro, Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono su posizioni diverse. Ma il vero scontro è con chi ha di fatto avocato a sé il dossier. Il vicepremier leghista è furibondo con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

Il giurista, braccio destro di Meloni, si sta ritagliando un ruolo sempre più centrale nelle dinamiche non solo tecniche dell’esecutivo. Lo scandalo del naufragio e le frasi indelicate del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi hanno mosso i canali sempre aperti tra Mantovano e il Vaticano per evitare di costruire un decreto come lo avrebbero voluto il segretario della Lega e il capo del Viminale, cioè una fotocopia dei decreti Sicurezza, o quanto meno ispirato a quelle norme care a Salvini, nate durante il governo Conte I (M5S-Lega) e poi smantellate con il Conte II (M5S-Pd).

Oggi il Consiglio dei ministri si terrà simbolicamente in Calabria. Ed è previsto che Meloni atterri prima degli altri, assieme ai suoi due vice, Salvini e Antonio Tajani.

L’ordine è di sostenere il più possibile un’immagine di collegialità e di solidità interna. Finora non è stato facile. Ieri, per dire, è successo questo: per cercare di superare i contrasti tra il leader della Lega e la premier, affiancata dal suo sottosegretario, a Palazzo Chigi hanno annullato il pre-consiglio, dove si sarebbero dovuti accordare sugli aspetti più tecnici del testo del decreto.

Una mossa che ha autorizzato Salvini a minacciare il proprio veto e ad avvertire che senza prima aver letto le norme non avrebbe partecipato al Cdm. Risultato: il pre-consiglio si farà questa mattina.

Le ragioni dello scontro sono note. A Palazzo Chigi lo ripetono da giorni: «I decreti Salvini non torneranno», ancor meno ora. Per Mantovano e Meloni sarebbe «inopportuno e fuori luogo» licenziare proprio a Cutro, dove il lutto è già stato violato troppe volte, provvedimenti duri che potrebbero apparire rivolti più contro i migranti che contro i trafficanti.

Ma Salvini insiste e lo ha fatto ancora fino a ieri sera. Pretende di ottenere almeno un risultato: una stretta sui permessi di soggiorno, in particolare quelli concessi per ragioni umanitarie. «Perché anche così – è il ragionamento – disincentiviamo i viaggi e possiamo salvare le vite umane».

Salvini ha chiesto inoltre una norma che i leghisti hanno ribattezzato «anti-Soumahoro», dal nome del deputato travolto dalle polemiche per la gestione poco trasparente dell’accoglienza dei migranti.

Tanto per far capire come la pensa, poi, il leghista ha rilanciato in un tweet il modello del premier inglese Rishi Sunak, che due giorni fa ha annunciato il suo piano contro l’immigrazione clandestina.

Misure durissime che inorgogliscono Salvini: «Se arrivi illegalmente nel Regno Unito non puoi chiedere asilo, non puoi beneficiare del nostro sistema di protezione dalla schiavitù moderna, non puoi pretendere tutele umanitarie fasulle, non puoi restare». È la sua risposta al muro di Mantovano.

Dopo il vertice a due di mercoledì sera, Salvini sperava di aver convinto Meloni a smarcarsi dalle resistenze del suo sottosegretario. Quando, però, ha capito che la direzione presa dalla premier sarebbe stata un’altra, si è sentito libero di tornare alle care vecchie barricate, sulle quali ha vissuto durante il governo Draghi.

Ha fatto sapere che avrebbe considerato un atto ostile non ottenere nessuna concessione, tanto più che la Lega non ha ancora digerito che Mantovano abbia scelto Bruno Frattasi, ex capo di gabinetto dell’odiata ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, come nuovo direttore generale dell’Agenzia Nazionale per la Cybersicurezza.

Poi ha dato mandato ai suoi uomini alla Camera di andare avanti – magari chiedendo la procedura d’urgenza – con le due proposte di legge che servono a resuscitare i decreti Sicurezza e che proprio oggi saranno incardinate in commissione.

Dentro sono contenuti gli emendamenti che il Carroccio ripropone da mesi e che puntano a restringere i requisiti per la protezione speciale dei migranti (anche quando si tratta di persecuzioni sessuali).

Norme che imbarazzano gli alleati di FdI e di Forza Italia ma che in generale non sarebbe mai possibile approvare prima di 5-6 mesi. Ieri il capogruppo dei meloniani Tommaso Foti ha detto che i decreti Salvini fanno parte della storia di un altro governo, quello gialloverde, e che nessuno vuole ripristinarli per limitare con una legge nazionale il diritto d’asilo.

Tantomeno ora che Meloni sta negoziando con l’Europa per un piano condiviso di contrasto all’immigrazione clandestina, che superi il Trattato di Dublino.

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.