Angelucci il “collezionista”, Il Giornale dopo Tempo e Libero. I network meloniani

Concetto Vecchio La Repubblica 10 marzo 2023
Angelucci il “collezionista” Il Giornale dopo Tempo e Libero la stampa meloniana si fa network
Il re delle cliniche deputato della Lega, i suoi investimenti nella sanità lombarda, è il re delle cliniche private a Roma. Da 15 anni in Parlamento, ora è deputato della Lega

Antonio Angelucci compra giornali. Dopo Libero eIl Tempo ora sta per aggiungere anche Il Giornale alla sua collezione. Silvio Berlusconi ha provato a resistere fino all’ultimo, opponendosi alla vendita propugnata dalla figlia Marina e dal fratello Paolo.

Quella era una sua creatura fin dal 1977, quando sborsò i primi soldi per salvare la nave corsara dell’allora direttore- mito Indro Montanelli. «Per la vendita c’è un accordo ormai consolidato con gli Angelucci », ha chiuso la partita ieri Paolo Berlusconi. Settanta per cento Angelucci, trenta ai Berlusconi. Scacco matto.

Il comitato di redazione l’ha comunicato ai cinquanta giornalisti: il passaggio delle azioni avverrà entro giugno. In redazione si parla di perdite annue pari a quattro milioni di euro. Troppi per la famiglia. Prima della pandemia era stata chiusa la redazione romana, un segnale di totale dismissione per un foglio politico.

Che ne se fa Antonio Angelucci di un terzo quotidiano d’area? Cantano tutti nel coro del centrodestra. Il Giornale, diretto da quasi due anni da Augusto Minzolini, in realtà seguiva uno spartito diverso. Le aveva cantate ai No Vax, per esempio. Giorgia Meloni in privato si è lamentata spesso per l’eccesso di autonomia filo Forza Italia della testata milanese.

A palazzo Chigi avevano fatto uno studio sui pezzi giungendo alla conclusione che fossero addirittura tra i più ostili, quelli che venivano intervistati di più erano i forzisti di lotta e governo, Giorgio Mulé e Licia Ronzulli; così Angelucci, dicono, l’ha comprato anche per portarglieloin dote. L’ambizione è più vasta.

Punta a un polo editoriale meloniano. Meloni- news. Il sogno è aggiungervi l’acquisto de La Verità diretto da Maurizio Belpietro, che in questi anni, con un mix di scoop e spregiudicatezza culturale, ha rappresentato la voce più di successo della nuova destra. Il disegno consisterebbe nell’acquisirne il possesso e lasciare al suo posto – pagato apeso d’oro con un contratto di dieci anni – il suo fondatore. Belpietro ha smentito.

Anche con Berlusconi la trattativa è stata lunga, accidentata. Per il Cavaliere è una resa amara. Cosa muove invece don Antonio? I giornali come biglietti da visita per entrare nei salotti buoni. Fanno gola gli affari della sanità in Lombardia. Quelli del Lazio sono già sotto controllo. Tutta l’operazione scommette sulla lunga permanenza della premier al potere. A sua volta Meloni ha capito che la carta stampata ha ancora il suo peso nella formazione della pubblica opinione. Al Giornale ci aveva fatto un pensierino del resto anche Urbano Cairo, il proprietario del Corriere della Sera.

Augusto Minzolini rimarrà? Molti puntano sul suo abbandono,quando i giochi saranno fatti. Il diretto interessato ha raccontato a un amico che lui fa il giornalista dai tempi «del congresso del preambolo dc, quello del 1980», era un giovanissimo cronista dell’Asca e aveva appena recitato in Ecce bombo. Come per dire: ho una certà età, ne ho viste tante.

Ha 64 anni. Berlusconi lo volle alla direzione del Tg1, che lui trasformò in Tele Silvio, come se il Cavaliere non avesse già le sue tv.

Antonio Angelucci, 79 anni, invece è in Parlamento da quindici anni ma nessuno conosce la sua voce. Non dà interviste, non partecipa al dibattito pubblico. Riesce a farsi eleggere regolarmente dal centrodestra sin dal 2008 – prima Forza Italia, ora Lega – risultando sempre in fondo nella classifica delle presenze elaborate da Openpolis, e in cima in quelle per il reddito.

Alle ultime politiche voleva candidare uno dei figli con Fratelli d’Italia. Una strana concezione della politica. E dell’editoria. Nel 2006 acquistò anche un piccolo giornale di sinistra, Il Riformista, e lo insediò a Botteghe Oscure, la mitica sede del Pci. Di fronte vi parcheggiava il suo Ferrari di colore giallo.

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