Il difficile equilibrio fa sbroccare la Meloni, Caporetto a Cutro

Monica Guerzoni Corriere della Sera 10 marzo 2023
La caotica conferenza stampa con le voci che si sovrappongono dopo il Consiglio dei ministri a Cutro
Sfida Meloni-Salvini per la linea dura sui migranti: ritirata la norma sul ruolo della Marina
Rivendicare la linea dura e, al tempo stesso, invitare a Palazzo Chigi i familiari delle 72 vittime del naufragio, in segno di solidarietà e vicinanza. Anche a Cutro, nella giornata del governo in trasferta sui luoghi della strage del 26 febbraio, Giorgia Meloni si è mossa alla ricerca di un difficile equilibrio.

 

Dal momento solenne della targa con la citazione del Papa, fino alla (tesa) conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri, la premier ha provato a tenere assieme le aspettative di una base elettorale storicamente poco incline ad accogliere i migranti e la forte emozione che la tragedia nel mar Jonio ha provocato nell’opinione pubblica. Una posizione che ha rinvigorito la sfida sottotraccia con Matteo Salvini per il primato su un tema, la questione migratoria, che sta diventando un pilastro dell’azione del governo.

Le foto della giornata raccontano una squadra compatta, ma le carte, le parole e la mimica dei protagonisti rivelano quanta tensione abbia accompagnato la stesura del decreto che inasprisce le pene per gli scafisti e le organizzazioni criminali. Il braccio di ferro sulle norme dei decreti sicurezza di Salvini, che la Lega voleva inserire e Fratelli d’Italia è riuscita a tenere fuori dal testo, è durato fino all’ultimo minuto.

Il pre-consiglio che doveva tenersi mercoledì pomeriggio è slittato a ieri mattina e in quella sede c’è stato un altro incidente che rivela le fibrillazioni interne. All’articolo 10 del decreto la Difesa ha tentato il blitz con una norma che, rafforzando i compiti della marina militare sulla sorveglianza marittima, avrebbe dato un ruolo importante ai comandanti delle navi da guerra. Salvini, temendo un ridimensionamento della guardia costiera, è insorto e anche altri ministri hanno protestato con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha coordinato le trattative per la stesura del decreto. Finché Guido Crosetto ha chiesto di stralciare la norma e la premier, rispondendo ai giornalisti, gli ha dato atto che la proposta era stata avanzata «dal ministero della Difesa» e non dal fondatore di Fratelli d’Italia.
Il via libera all’unanimità ha offerto all’esterno l’immagine di un governo ricompattato, ma la tensione, complice la delicatissima partita delle nomine nelle aziende partecipate, non sembra essersi placata. Lo conferma il primo commento a distanza di Silvio Berlusconi, che ha messo nero su bianco quel che in diversi nella maggioranza pensano e cioè che il nuovo provvedimento, per quanto vada «nella giusta direzione», «non potrà forse essere risolutivo». Parole che stridono con l’enfasi di Meloni nel promettere, in diretta tv, che il suo esecutivo cercherà gli scafisti «in tutto il globo terracqueo».
La sfida è a chi alza di più l’asticella sulla linea della fermezza. L’avvertimento della premier è già nella premessa: «Se qualcuno pensa che i fatti del 26 febbraio mi abbiano indotta a cambiare linea, sbaglia di grosso». Il leader di Forza Italia su Instagram rivendica di aver «quasi azzerato gli arrivi di migranti in Italia» quando a Palazzo Chigi c’era lui e Salvini prova a salire sul gradino più alto del podio: «Nel 2019 si è registrato il minimo di morti e dispersi» e, guarda caso, al Viminale c’era lui e Piantedosi era capo di Gabinetto. Il leader della Lega è deluso perché ben poco delle sue richieste è entrato nel testo definitivo, eppure fa buon viso e per tre volte cita la premier chiamandola affettuosamente «Giorgia».

Partita all’insegna dell’ordine e della compostezza, la conferenza stampa finisce nel caos. I giornalisti esclusi dalla lista delle cinque domande le fanno comunque, alzando la voce per farsi sentire dalla premier. Perché i soccorsi non si sono messi in moto? Chi ha sulla coscienza i 72 migranti morti? Meloni, con tono tagliente, respinge il sospetto che il governo si sia «voltato dall’altra parte» e chiede ai giornalisti di «correggere» alcuni titoli di questi giorni. L’arduo compito di provare a riportare la calma tocca al nuovo capo ufficio stampa di Palazzo Chigi, Mario Sechi: «Scusate ragazzi non è un dibattito, non si fa così, non è professionale… Silenzio, grazie!».

 

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