In fuga dalle responsabilità, il compromesso nel governo a misura di Salvini

Stefano Cappellini La Repubblica 10 marzo 2023
In fuga dalle responsabilità
Il governo si è spostato per un giorno a Cutro, in Calabria, per cercare di recuperare qualche oncia della dignità dispersa dopo la tragedia in mare.

Non è cambiata però l’impostura ideologica che ha segnato da subito le reazioni dell’esecutivo e della maggioranza alla strage di migranti: il varo da parte del Consiglio dei ministri di un pacchetto draconiano contro i “trafficanti di esseri umani” resta l’arma di distrazione per non affrontare le responsabilità della catena di comando nei mancati soccorsi ai profughi e per continuare scientemente a confondere i piani, occultando il peso delle scelte politiche sulla probabilità di produrre stragi come quella di Cutro.

Il tutto unito a un’ulteriore stretta sulle regole mutuata dalle proposte peggiori in materia, quelle della Lega, che ha incassato il risultato di vedere assorbite nel provvedimento varato ieri dal Cdm alcune delle norme che il Carroccio aveva presentato in Parlamento per ripristinare, di fatto, la cornice legislativa dei decreti Salvini. Quelli entrati in vigore all’epoca del governo Conte uno, corretti dal Conte due e rimossi, in questo caso in senso psicanalitico, dal Conte tre, inteso come leader oggi all’opposizione.

Dopo che, a caldo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva attribuito ai migranti stessi la responsabilità del disastro, correggendosi maldestramente più avanti, ora il tentativo è di creare una narrazione che scarichi ogni colpa sui trafficanti. Non solo quella specifica dei morti di Cutro, ma più in generale quella di generare il fenomeno, come se le migrazioni fossero effetto dell’esistenza dei trafficanti e non, casomai, il contrario.

La scelta di concentrare l’attenzione su questi “cattivi”, oltre che un tentativo più o meno conscio di allontanare l’etichetta da sé, ha prodotto una tipica reazione all’italiana: l’introduzione di nuove fattispecie di reato e di pene più severe, con il paradosso che ad annunciare le misure è toccato, oltre che a Meloni stessa, al Guardasigilli Carlo Nordio.

Il quale, dopo aver trascorso anni a denunciare il vizio del panpenalismo e la proliferazione continua e inutile di reati a ogni nuova emergenza opresunta tale, si è trovato a smentire le sue stesse convinzioni illustrate in decine di articoli, conferenze, interviste. Il resto ce lo ha messo la retorica di Meloni, affiancata in conferenza stampa da un sorridente e ammiccante Matteo Salvini, quando ha spiegato che il governo è determinato a sconfiggere i trafficanti perseguendoli “su tutto il globo terracqueo”.

Colpiva ieri, della presidente del Consiglio, il fatto che parlasse di immigrazione come se prima del suo governo non fosse accaduto nulla.

Non è un fenomeno inedito, questa simulazione di una specie di perenne anno zero, postura tipica del populismo a ogni longitudine, in cui “quelli di prima” hanno combinato disastri per ignavia o corruzione e quelli di ora rimediano dal nulla. Come se non ci fossero stati anche governi di centrodestra, di cui peraltro Meloni stessa era ministra, negli anni in cui l’Italia subiva regolamenti europei svantaggiosi o rinunciava a esercitare il proprio ruolo nelle trattative.

Annotazione che vale in misura ancora maggiore per Salvini, da ieri tornato ancora più padrone della linea del governo sull’immigrazione: leggendarie restano le sue 22 assenze da ministro dell’Interno del governo gialloverde quando a Bruxelles si riunivano i tavoli per cambiare il trattato di Dublino che disciplina le procedure di accoglienza negli Stati Ue.

A questo bisogna aggiungere un problema politico evidente eppure dolosamente ignorato: l’incongruenza di invocare interventi e solidarietà da parte dell’Unione senza mai aver riconsiderato lo sciagurato asse ideologico della nostra destra sovranista con quei governi, dalla Polonia all’Ungheria, che hanno sistematicamente boicottato ogni tentativo europeo di introdurre regole più solidali e meno gravose per i Paesi come l’Italia che, per ragioni geografiche, rappresentano la naturale porta d’accesso al continente.

Con chi il governo italiano voglia collaborare a una svolta europea, dato che litiga con gli Stati disponibili e si associa a quelli che fanno muro, resta un buco grande quanto la ricostruzione della strage.

 

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