La rivolta leghista stoppa più poteri alla Difesa (Crosetto)

Emanuele Lauria La Repubblica 10 marzo 2023
Cutro, disfatta della premier che cede al pressing di Salvini “Non potevamo fare di più”
La rivolta leghista stoppa la norma che attribuiva più poteri alla Difesa

Una trasferta disgraziata, organizzata tardivamente, cominciata male e finita peggio. L’ultima immagine è quella di Giorgia Meloni che, assediata dai giornalisti che le chiedono perché non sia andata a rendere omaggio alle bare dei naufraghi di Cutro, sgrana gli occhi e balbetta: «Abbiamo finito adesso… Dopodiché io vado volentieri…». Frasi buttate lì in un momento di profondo imbarazzo, al termine di una conferenza stampa che si trasforma in un rude e caotico processo. Tocca al ministro e cognato Francesco Lollobrigida sottrarla alla ressa, sussurrandole «andiamo» davanti a una cartellina sollevata davanti al viso a mo’ di paravento.

È la via d’uscita, o di fuga, da una giornata in cui la premier conosce la prima contestazione dall’inizio del suo mandato: e quei peluche in memoria dei bimbi morti, gettati sul corteo di autoblù da un gruppo di contestatori in piazza, bruciano quanto le ampie concessioni che, nell’ultima stesura del decreto approvato dal consiglio dei ministri, ha dovuto fare a Matteo Salvini. Perché dentro il provvedimento, al contrario di quelle che erano le premesse, finiscono interi pezzi dei decreti sicurezza cari alla Lega.

Fonti del Carroccio, non a caso, a tarda ora fanno circolare la soddisfazione per le norme anti-scafisti, per l’impulso ai nuovi centri di detenzione e rimpatrio, per la cosiddetta disposizione “anti-Soumahoro” con cui si commissariano i gestori inefficienti delle strutture d’accoglienza. E c’è pure la restrizione della protezione speciale, altro cavallo di battaglia di Salvini. Il segretario leghista, alla fine della missione calabrese, può esultare anche per aver vinto il braccio di ferro su un articolo del decreto, voluto da Guido Crosetto e Alfredo Mantovano, che prevedeva il rafforzamento della sorveglianza marittima affidandolo alla Marina, dunque al ministero della Difesa: la disposizione viene stralciata.

Meloni, nel pomeriggio di Cutro, finisce per offrire all’alleato meno amato il ruolo di primattore, concedendogli per altro nel giorno del suo cinquantesimo compleanno – il privilegio di chiudere la conferenza stampa con un auto-elogio: «L’anno in cui ci sono stati meno morti e dispersi in mare – dice Salvini – è stato il 2019, quando io ero ministro degli Interni e Piantedosi mio capo di gabibetto».

A Meloni rimane la maternità dimisure spot e proclami. Tutto ruota attorno a un inasprimento del carcere per chi provoca la morte dei migranti: un reato che il governo considera “universale” e che servirà a colpire non solo chi sta sui barconi ma anche i trafficanti: «Vogliamo cercare gli scafisti – assicura – lungo tutto il globo terracqueo». La premier non ha dubbi nell’attribuire la responsabilità della tragedia al largo delle coste calabresi alla tratta di esseri umani «che dobbiamo spezzare, sconfiggere».

Ma è un modo per allontanare da sè e dal suo governo colpe o omissioni nei soccorsi in mare. D’altronde, rimarca la presidente del Consiglio, «in questo momento ci sono 20 imbarcazioni che qualcuno sta soccorrendo in acque italiane, voi parlate di un caso in cui non siamo riusciti ma nessuno si occupa degli altri.

Se qualcuno dice o lascia intendere che le istituzioni si girano dall’altra parte – afferma Meloni – è molto grave». Ma è l’innesco di uno scontro durissimo con i giornalisti convocati nel chiostro di un ex monastero che ospita il municipio. Le domande arrivano a raffica: perché in mare andarono le motovedette della Finanza e non quelle più attrezzate della Guardia costiera, perché non fu dichiarato il Sar, l’evento di ricerca e salvataggio? Lei non entra nel merito, risponde sempre nello stesso modo: «Pensate che qualcuno possa deliberatamente volere la morte di decine di immigrati?».

È una corrida, i cronisti incalzano la premier, in un crescendo di voci che si sovrappongono. La correggono pure, quando colloca la posizione del barcone segnalata da Frontex in acque italiane. Alla fine alcuni giornalisti si avvicinano e affondano il colpo: «Perché non va a trovare i familiari delle vittime?». Meloni, in questo clima, sembra un pugile all’angolo. «Vado volentieri, ma ho finito adesso…». «Doveva farlo prima », le urla qualcuno.

Quindi l’uscita repentina, verso l’aeroporto, verso Roma, lontano da una trasferta disgraziata. E i parenti dei naufraghi? «Nelle prossime ore saranno invitati a Palazzo Chigi», fa sapere poco dopo una fredda nota della Presidenza. Che ai più appare solo come l’ennesimatoppa.

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