Monica Scozzafava, Andrea Sereni Corriere della Sera 11 marzo 2023
Radja Nainggolan: «Sì, ho bevuto anche 20 drink ma il giorno dopo ero in campo»
Il centrocampista della Spal si racconta: «Sono nato povero e ho sofferto, adesso voglio essere felice. Scelgo di essere uomo oltre che calciatore. Conte? Non mi volle, ma fu onesto e me lo disse. La Juventus? Non ci sono mai voluto andare»
Trentaquattro anni, quattro figlie e… una vita, fuori dal campo, che è stata (ed è) sopra le righe. Radja Nainggolan sa che di lui si è detto di tutto e anche di più. Sa che quando ha voluto ha dribblato gli avversari più forti ma anche le regole che un atleta professionista è tenuto a rispettare. Radja è allergico ai comandamenti: non bere, non fumare, non fare serata. Quando viene scoperto con le mani nella marmellata ci mette però la faccia.
Nainggolan è così? Prendere o lasciare?
«Sono un calciatore e prima ancora un uomo che ha scelto di essere felice. Ho nella testa e nell’anima le sofferenze che ho vissuto da ragazzo. Eravamo poveri, mia madre faceva le pulizie e mille lavori extra per sostenerci. Mio padre ci ha lasciati che ero giovanissimo. Mi sono sacrificato per diventare un calciatore, guadagnare e far vivere bene i miei cari che come me e con me hanno sofferto».
Ha una sorella gemella.
«È la persona più importante della mia vita, insieme abbiamo sofferto e gioito. E ne abbiamo passate tante».
A lei confidò di essere lesbica?
«Sì, era impaurita. La rassicurai: doveva essere felice e non pensare al giudizio degli altri. Fregatene, le dissi. Goditi le tue emozioni fino in fondo».
Che è un po’ il suo stile di vita. Dopo una «notte brava» come fa ad andare in campo e rendere al massimo?
«La natura mi ha fatto un dono: ho un fisico che non ha mai risentito delle cavolate che ho fatto. Certo a 20 anni esci tutte le sere, adesso magari di serate ne faccio due-tre, se mi va. Ma non rinuncio a vivere. Posso anche bere un po’ la sera, l’importante è poi andare in campo a tremila. Si racconta che creavo problemi negli spogliatoi, ma da Piacenza, al Cagliari, alla Roma e all’Inter ho avuto buoni rapporti con tutti. Ci sono compagni che sento ancora oggi».
Walter Sabatini l’ha definita scherzosamente un delinquente: dice che è stato capace di bere otto «shottini» tutti insieme.
«L’ho chiamato e gli ho detto che otto sono pochi. Ne bevo anche venti. E che poi vado in campo lo stesso. Mi vuole bene, mi ha sempre consigliato di avere una vita più tranquilla. Pensa che avrei avuto una carriera migliore. Ma non sono d’accordo, in campo ho dato il massimo».
A Roma qualche bravata l’ha fatta.
«Ovunque ho fatto cavolate. A Roma arrivavo in ritardo, ci sono stati video in cui di sera ero poco lucido e poi quel famoso Capodanno a casa mia… Lo ricorderò per tutta la vita. Forse è stata quella la notte più folle».
Che cosa successe?
«Beh, i miei video ubriaco, che fumavo e dicevo parole fuori posto fecero il giro del mondo. Fui attaccato da tutti, la Roma andò su tutte le furie. E avevano ragione».
Tornò a Cagliari anche per il tumore di sua moglie.
«Sì, dovevo stare vicino alle mie figlie. Era giusto tornare in quel momento e non mi sono tirato indietro».
Sente Totti?
«Con Francesco ci vogliamo bene, siamo stati felici insieme».
Si aspettava che il suo matrimonio con Ilary finisse?
«È successo a loro come a tanti altri. La vita non è programmabile».
Icardi? Insieme avete condiviso l’esclusione dall’Inter.
«Situazioni diverse. Conte con me fu chiaro, mi disse che non facevo parte del progetto. Apprezzai la sua sincerità anche se non mi fece piacere».
Tifa Inter o Roma?
«Il mio cuore dice Roma».
Spalletti?
«A Roma benissimo, all’Inter ho giocato poco ma comunque ho fatto 6 gol in 29 partite. Mi ha sempre detto le cose in faccia. L’ho sentito ultimamente, ci siamo presi in giro».
Mourinho?
«Un istintivo, come me. Mi piace. Le sue reazioni hanno sempre un motivo»
Disse: mai alla Juventus.
«Vero. Saranno pure stati i più forti, ma ho esperienze in campo contro di loro dove vincevano, e non solo per bravura. Erano agevolati. Con la Roma, nel 2014, perdemmo 3-2, con due rigori fuori area».
Adesso la Spal in serie B.
«Ci sono venuto per Daniele De Rossi e dopo due giornate l’hanno mandato via. Se non ci fosse stato lui neanche ci avrei pensato. Ha avuto forti divergenze con la società, lo ha detto del resto. Ho riflettuto e alla fine sono rimasto, nonostante tutto. Devo aiutarli a salvarsi».
È arrivato a Ferrara dopo essere stato messo alla porta dall’Anversa in Belgio.
«Ero contento di essere tornato nella città dove ci sono due delle mie figlie e dove sono cresciuto. Quando sono arrivato all’Anversa dicevano che ero un grande giocatore, alla fine mi hanno trattato come un pezzo di m…, un parassita. Non li perdono».
Ma aveva fumato in panchina, guidava con patente scaduta.
«Sì ho sbagliato, si può ogni tanto? Agli umani succede. Non è che poi per un mese si deve parlare sempre del mio errore. Mi hanno impedito di entrare dalla porta principale, spostavano le mie cose nello spogliatoio. Mi dissero: dimostra che sei cambiato e mi sono comportato bene. Non hanno mantenuto la parola».
Dopo il calcio?
«Ancora il calcio».
Si sente felice?
«Continuerò pure a sbagliare per essere felice».