Stefano Massini La Repubblica 12 marzo 2023
Quelle scene di baldoria mentre il mare restituisce corpi di bimbi senza nome
Che il mare avrebbe continuato a restituire cadaveri era purtroppo una certezza. Ma non l’unica. Dunque, nelle righe che seguono, ci occuperemo di una serie di certezze, mettendole in fila.
Per esempio, era altrettanto certo che qualcuno avrebbe girato un video, se premier e vicepremier si lanciavano nel karaoke in un locale comasco, peraltro cantando proprio di un’annegata.
Nella collisione fra le due certezze, accade quindi che il corpo della vittima numero 76, una bambina senza nome, riaffiori proprio mentre rimbalzano le immagini dell’happy time canterino dei nostri vertici istituzionali, da Giorgia in giù, ma d’altra parte c’è da capirli, suvvia, come potevano sottrarsi al rito essenziale di festeggiare tutti insieme, come alle scuole medie, il compleanno di Matteo? Voglio dire, correttezza esige che se ti sei segnato sull’agendina che quella sera di marzo Matteo ci tiene tanto a una bella baldoria intorno alla torta con le candeline, non è che puoi mancare all’ultimo momento perché una settantina di disperati sono naufragati davanti alla tua costa, e proprio il giorno prima eri là, in gravissimo ritardo, a risponderne all’opinione pubblica.
Gli impegni, insomma, si mantengono: è la terza certezza di questa edificante storia. E infatti, affinché nessuno ne dubiti, è nientemeno che il premier israeliano a darcene misura, quando egli si fa sfuggire che Giorgia Meloni dovrà assentarsi subito alla fine del loro summit «perché deve prendere un aereo». Quando si dice l’impellenza.
Adesso sappiamo che l’aereo faceva rotta al nord, dove in serata c’erano ad aspettarla quel guascone di Matteo, l’irresistibile Silvio e tutta la compagnia, perché nella vita l’amicizia è una certezza, la quarta che incontriamo. Intanto, in queste ore, i medici legali stanno cercando di attribuire un’identità alla minorenne suddetta, perché la quinta certezza è che numerosi giorni passati in mare rendono irriconoscibili i cadaveri, e devi impazzirci sopra per strappare un indizio che ti porti a collegare un corpo a un verbo essere, tanto più se giù in Calabria, agli antipodi (geografici) di Como, i parenti aspettano da giorni di sapere se figli, mariti, mogli o nipotini siano solo un ricordo o almeno una salma, che nella tragedia significa come minimo piangere davanti a una certezza, la numero 6.
Volendo, potremmo anche aggiungere che gli appena menzionati parenti sono quelli che nessuno ha pensato di incontrare (certezza 7), neppure per un rapido saluto, neppure per mostrare un frame di occhi lucidi a favore di qualche telecamera, neppure per riempire un quarto d’ora di scarto nella gloriosa discesa crotonese di giovedì, per quel CDM sui Corpi Dal Mare (le cui iniziali, CDM, mi stridono in testa battendo 10 a zero la trasferta ionica di Palazzo Chigi). Che poi, a ben guardare, stiamo assistendo a uno scontro frontale proprio fra due opposte certezze, di cui la prima è che i migranti si potessero eccome salvare, mentre la seconda (copyright Piantedosi) è che abbiamo a che fare con degli irresponsabili che partono nonostante la certezza di annegare, e si affidano a criminali scafisti che d’ora in poi con certezza cercheremo ovunque sul globo (copyright Giorgia) come la pietra filosofale.
Dopodichè, tirando le somme, a me pare che l’unica certezza sia stata un’ennesima ecatombe sui nostri fondali, cui è seguito un miserrimo rimbalzo di responsabilità e di dichiarazioni incredibili, culminate in quel video dell’happy birthday comasco a cui, confesso, sul momento non riuscivo neppure a credere. Poi lentamente ho capito che in quelle immagini mi si svelava d’un tratto il perimetro vero, reale, agghiacciante, di un’improvvisazione sconnessa, brada, incapace perfino di camuffarsi con un minimo di credibile senso del contesto, se non della pietà o dello Stato.
Perché insisto a dire che la gravità non sta tanto nel coretto, quanto nella consapevolezza che senza dubbio qualcuno lo riprendesse per diffonderlo sul globo terracqueo. Ma va bene, che sarà mai? Per cui, ahimè, l’ultima definitiva certezza è che ai nostri massimi livelli non si percepisca neppure il confine o la proporzione fra grandezze, tutto è uguale a tutto, nessuna differenza fra un requiem e un karaoke, basta galleggiare in superficie.
Peccato che nel frattempo, viceversa, i corpi in mare vadano a fondo. Con assoluta certezza.
Quelle scene di baldoria e quei corpi di bimbi senza nome
Stefano Massini La Repubblica 12 marzo 2023
Quelle scene di baldoria mentre il mare restituisce corpi di bimbi senza nome
Che il mare avrebbe continuato a restituire cadaveri era purtroppo una certezza. Ma non l’unica. Dunque, nelle righe che seguono, ci occuperemo di una serie di certezze, mettendole in fila.
Per esempio, era altrettanto certo che qualcuno avrebbe girato un video, se premier e vicepremier si lanciavano nel karaoke in un locale comasco, peraltro cantando proprio di un’annegata.
Nella collisione fra le due certezze, accade quindi che il corpo della vittima numero 76, una bambina senza nome, riaffiori proprio mentre rimbalzano le immagini dell’happy time canterino dei nostri vertici istituzionali, da Giorgia in giù, ma d’altra parte c’è da capirli, suvvia, come potevano sottrarsi al rito essenziale di festeggiare tutti insieme, come alle scuole medie, il compleanno di Matteo? Voglio dire, correttezza esige che se ti sei segnato sull’agendina che quella sera di marzo Matteo ci tiene tanto a una bella baldoria intorno alla torta con le candeline, non è che puoi mancare all’ultimo momento perché una settantina di disperati sono naufragati davanti alla tua costa, e proprio il giorno prima eri là, in gravissimo ritardo, a risponderne all’opinione pubblica.
Gli impegni, insomma, si mantengono: è la terza certezza di questa edificante storia. E infatti, affinché nessuno ne dubiti, è nientemeno che il premier israeliano a darcene misura, quando egli si fa sfuggire che Giorgia Meloni dovrà assentarsi subito alla fine del loro summit «perché deve prendere un aereo». Quando si dice l’impellenza.
Adesso sappiamo che l’aereo faceva rotta al nord, dove in serata c’erano ad aspettarla quel guascone di Matteo, l’irresistibile Silvio e tutta la compagnia, perché nella vita l’amicizia è una certezza, la quarta che incontriamo. Intanto, in queste ore, i medici legali stanno cercando di attribuire un’identità alla minorenne suddetta, perché la quinta certezza è che numerosi giorni passati in mare rendono irriconoscibili i cadaveri, e devi impazzirci sopra per strappare un indizio che ti porti a collegare un corpo a un verbo essere, tanto più se giù in Calabria, agli antipodi (geografici) di Como, i parenti aspettano da giorni di sapere se figli, mariti, mogli o nipotini siano solo un ricordo o almeno una salma, che nella tragedia significa come minimo piangere davanti a una certezza, la numero 6.
Volendo, potremmo anche aggiungere che gli appena menzionati parenti sono quelli che nessuno ha pensato di incontrare (certezza 7), neppure per un rapido saluto, neppure per mostrare un frame di occhi lucidi a favore di qualche telecamera, neppure per riempire un quarto d’ora di scarto nella gloriosa discesa crotonese di giovedì, per quel CDM sui Corpi Dal Mare (le cui iniziali, CDM, mi stridono in testa battendo 10 a zero la trasferta ionica di Palazzo Chigi). Che poi, a ben guardare, stiamo assistendo a uno scontro frontale proprio fra due opposte certezze, di cui la prima è che i migranti si potessero eccome salvare, mentre la seconda (copyright Piantedosi) è che abbiamo a che fare con degli irresponsabili che partono nonostante la certezza di annegare, e si affidano a criminali scafisti che d’ora in poi con certezza cercheremo ovunque sul globo (copyright Giorgia) come la pietra filosofale.
Dopodichè, tirando le somme, a me pare che l’unica certezza sia stata un’ennesima ecatombe sui nostri fondali, cui è seguito un miserrimo rimbalzo di responsabilità e di dichiarazioni incredibili, culminate in quel video dell’happy birthday comasco a cui, confesso, sul momento non riuscivo neppure a credere. Poi lentamente ho capito che in quelle immagini mi si svelava d’un tratto il perimetro vero, reale, agghiacciante, di un’improvvisazione sconnessa, brada, incapace perfino di camuffarsi con un minimo di credibile senso del contesto, se non della pietà o dello Stato.
Perché insisto a dire che la gravità non sta tanto nel coretto, quanto nella consapevolezza che senza dubbio qualcuno lo riprendesse per diffonderlo sul globo terracqueo. Ma va bene, che sarà mai? Per cui, ahimè, l’ultima definitiva certezza è che ai nostri massimi livelli non si percepisca neppure il confine o la proporzione fra grandezze, tutto è uguale a tutto, nessuna differenza fra un requiem e un karaoke, basta galleggiare in superficie.
Peccato che nel frattempo, viceversa, i corpi in mare vadano a fondo. Con assoluta certezza.