Daniela Preziosi Domani 13 marzo 2023
Schlein radicale senza strafare. La mano tesa di Bonaccini
Nel discorso dell’investitura la segretaria snocciola il programma di rottura ma segnala anche i termini della trattativa. Sulla gestione unitaria del partito non c’è ancora accordo, sconfitti divisi
«Troveremo insieme i modi e le forme», dal palco Elly Schlein ripete la sua formula magica a proposito di diverse cose collaborare con la minoranza sconfitta, coinvolgere la base; persino «proseguire» con il congresso costituente. La svolta radicale della nuova segretaria Pd è prudente e accorta. Chi si aspettava un passo falso dalla prima assemblea nazionale resta deluso, per ora L’appuntamento è a Roma, al centro congressi La Nuvola il sontuoso edificio progettato da Massimiliano Fuksas suscita qualche battuta sul principio di realtà della nuova leader.
Ma lei procede alla sua rivoluzione con i piedi di piombo: propone la presidenza allo sconfitto Stefano Bonaccini, compone la sua direzione di nomi “nuovi” come le sardine Madia Santori e Jasmine Cristallo, ma anche di politici di lungo corso come Goffredo Bettini e Livia Turco, e le ex sindacaliste Susanna Camusso e Annamaria Furlan. Promette «novità senza nuovismo», «un partito saldamente ancorato alla propria storia e ai propri valori, quelli della Costituzione laica, repubblicana e antifascista».
Prima del voto sulla direzione — c’è qualche incertezza su qualche nome ma ormai alla guida dell’assemblea è già insediato il solidissimo Bonaccini — tiene un discorso di un’ora e mezza, il cui core business, a parte gli attacchi al governo Meloni, è la mano tesa verso la minoranza «Vi chiedo franchezza tra di noi e lealtà al mandato che ci hanno dato. Facciamolo insieme, caro Stefano, care tutte e cari tutti, insieme torneremo a vincere».
Schlein viene acclamata e nel discorso da leader ricapitola i temi sui quali ha vinto alle primarie sanità pubblica (l’assemblea dedica lunghi applausi all’ex ministro della Salute Roberto Speranza, ex Art.1, neoiscritto, e oggetto di un’inchiesta), scuola pubblica Diritti civili e sociali «vanno insieme», dice, anche se un’ala della platea dedica un’ovazione alla proposta di riprendere la battaglia sulla legge Zan.
Salario minimo, lotta alla precarietà e limite ai contratti a tempo (ma c’è già dal decreto dignità del governo gialloverde, 2018); ius soli e basta soldi alla guardia costiera libica (all’ex ministro Pd Marco Minniti fischiano le orecchie), ma da tempo il Pd non vota più quei finanziamenti. A fine assemblea chiede un minuto di silenzio dopo l’annuncio di un nuovo naufragio nelle acque libiche. Al governo annuncia «Stiamo arrivando», «Faremo un’opposizione netta e rigorosa, ma ad ogni critica corrisponderà una proposta», e qui raccoglie una proposta dell’ ex sfidante «Se loro hanno vinto facendo la destra a noi tocca fare la sinistra e la sinistra non può che essere ecologista, femminista e di governo».
In quel «di governo» c’è forse l’unica novità. Ed è una risposta a chi, nella minoranza interna, teme che la torsione a sinistra del nuovo Pd non sia la migliore premessa per future vittorie.
Sconfitti dialoganti
Ma la novità del Pd è lei, al di là di quello che dice. E la sua vittoria ad aver cambiato i volti dell’assemblea, e a aver abbassato l’età media dei partecipanti, lei a essersi guadagnata 10mila nuovi iscritti in una settimana Lei, la prima segretaria del Pd, donna e femminista, chiama un applauso per Livia Turco, ex ministra, presente ed emozionata, «che mi ha insegnato la sorellanza».
Ma Schlein non può, e non intende, ignorare che gli iscritti Pd ai congressi dei circoli le hanno preferito il suo sfidante. Per questo gli offre la presidenza, scelta che l’assemblea vota a scrutinio palese (unanimità, un contrario). Schlein sa che Bonaccini è fra i più dialoganti dell’area degli sconfitti, divisa fra chi è pronto al dialogo con la vincitrice e chi crede che stia a lei la responsabilità della svolta, errori compresi.
Per lei però è indispensabile la partecipazione della minoranza al nuovo corso: «Basta conflitti interni che tolgono le energie». Prima Enrico Letta, dal palco, le aveva consigliato una cosa diversa «Ti hanno chiesto di fare le scelte che devi fare, senza andare a trattare con nessuno, con nessuna corrente. La forza dell’investitura e della legittimazione che hai, usala fino in fondo».
Lei dalla prima fila sorride, annuisce, applaude. Ma in realtà tratta. Perché sa che l’unità del Pd cammina su un filo sottile innovazione ma anche ascolto di chi non l’ha votata, soprattutto nel gruppo dirigente dei territori: quasi tutti i segretari regionali non hanno votato Schlein, era schierato con lei Bruno Astorre, segretario del Lazio che si è tolto la vita lo scorso 3 marzo a cui l’assemblea riserva due lunghissimi applausi.
Che faccia molto bene a proporre la presidenza a Bonaccini si capisce dagli applausi che scatena lo sconfitto. A suo agio nel nuovo ruolo, pronuncia un discorso fortissimo: se lei enuncia principi generali, lui parla concreto: «Dobbiamo mandare a casa questa destra inadeguata, le cui misure le stanno pagando i più deboli. Una destra che mette la flat tax piuttosto che tagliare il costo del lavoro».
Alla segretaria «Ci mettiamo a disposizione per dare una mano. Ho accettato questo ruolo con questo spirito, il Pd è casa mia, questa è la mia comunità, non mi sento in minoranza o all’opposizione, il successo di questo partito mi e ci riguarda tutti allo stesso modo».
Se davvero la collaborazione ci sarà fino in fondo, si capirà la prossima settimana quando verrà nominata la nuova segreteria e i nuovi capigruppo. Per il momento i due vicepresidenti sono di area Schlein, la deputata Chiara Gribaudo e la consigliera regionale pugliese Loredana Capone. E anche il nuovo tesoriere Michele Fina, vicino a Orlando.