Bruxelles in difesa il debito italiano osservato speciale

Claudio Tito La Repubblica 14 marzo 2023
Bruxelles in difesa il debito italiano osservato speciale
Per l’Eurogruppo il contagio dagli Usa sarà limitato
Ma la speculazione può approfittare dello stop agli acquisti da parte di Lagarde


Lo sguardo improvvisamente si rivolge ancora verso l’Italia. Verso il suo debito pubblico. Verso i rischi della speculazione sui mercati finanziari. Perché nei momenti di difficoltà le attenzioni si dedicano sempre ai più fragili. E il crollo delle due banche statunitensi ha materializzato di nuovo lo spettro. Quello di un Paese alle prese con la speculazione finanziaria. E infatti lo spread tra il Bund e Btp ieri avuto un primo salto superando quota 191.

Oltre all’eventuale “contagio”, adesso c’è un fattore in più: la crescita dei tassi di interesse e la contestuale scelta della Bce di compiere proprio in contemporanea due mosse che adesso appaiono particolarmente pericolose: aumentare ulteriormente il tasso di sconto e acquistare una quota inferiore di titoli di Stato europei. Aprire cioè un po’ meno quel “paracadute” che ha consentito negli ultimi tre anni di affrontare due crisi successive: la pandemia e la guerra in Ucraina.

Da marzo infatti la Banca centrale non rinnoverà gli acquisti di “buoni” in scadenza per 15 miliardi al mese. Certo, in tutta Europa. Ma questo vuol dire che per l’Italia significa andare a cercare almeno 1,5 miliardi in più ogni mese, 18 miliardi l’anno da rastrellare in giro per il mondo degli investitori. Non proprio una buona notizia. Anzi, l’allarme è infatti già scattato. A Roma e a Bruxelles. Perché una crisi del debito italiano non sarebbe circoscritta ai confini nazionali. Non potrebbe che avere ripercussioni sul resto dell’Unione. E i rischi che la speculazione finanziaria ne voglia approfittare è ben presente nei Palazzi romani come in quelli della capitale belga.

Non è un caso che ieri la riunione dell’Eurogruppo (con tutti i 27 ministri finanziari) abbia subito cercato di capire se il default della Svb potesse avere conseguenze sul Vecchio Continente. Le prime analisi sono state positive. Il rischio contagio sarebbe remoto. I collegamenti con gli istituti Ue sono quasi assenti. Ma la paura che qualcosa possa andare storto rimane. A partire dal fatto che questi due ultimi casi rappresentano la dimostrazione plastica che la vigilanza bancaria a stelle e strisce ha qualche problema e quindi nessuno può escludere che ci siano altre “mele marce”. Ma soprattutto emerge la considerazione piuttosto diffusa – gli unici ancora tetragoni sono alcuni governi del nord Europa – che la politica monetaria della Bce (preceduta dalla Fed) e la sua rincorsa ad aumentare i tassi abbia più di un buco nero.

Il punto è che l’Italia rischia di trovarsi al centro di una tempesta perfetta. Le banche soffrono i default americani. Le borse si incrinano (ieri Milano ha perso il 4%), lo spread sui titoli di Stato si impenna. E la Banca centrale europea aumenterà dopodomani di un altro mezzo punto il suo tasso proprio nello stesso mese in cui riduce gli acquisti di Bot e Btp.

È vero che quest’ultima misura di Francoforte per il momento è sperimentale: sarà in prova fino a giugno. Ma il segnale ai mercati potrebbe essere molto ambiguo. Considerando che la spesa di interessi, con le ultime decisioni, dovrebbe salire di almeno 5 miliardi solo per quest’anno: una manovrina. Le casse del Tesoro non versano in uno stato di salute brillante. Ed è evidente che in questo modo il nostro Paese potrebbe essere considerato dagli investitori di nuovo la “Cenerentola” d’Europa. Conseguenze: più difficoltà nel collocamento dei titoli di Stato e una richiesta di un interesse più elevato.

Secondo l’Eurogruppo, non c’è “interconnessione” tra le due banche americane e il sistema del credito europeo. Ma la Svb resta comunque il sedicesimo istituto Usa (non proprio una “banchetta”) e in particolare le ragioni del suo default sono esattamente i pericoli che vengono attribuiti al nostro Paese. Sovraesposta sui titoli di credito acquistati in precedenza, è entrata in difficoltà per l’aumento dei tassi deciso dalla Fed. Non è un caso che gli analisti Usa abbiano già iniziato a prevedere una frenata sui prossimi aumenti del tasso di sconto.

Una riflessione avviata anche in Europa. Persino nei “falchi” meno trinariciuti. Certo, giovedì difficilmente ci potrà essere un passo indietro sul rialzo di 0,50. Ma, a questo punto, ci potrebbe essere un rallentamento nei prossimi appuntamenti. Per l’Italia, però, sarà abbastanza?
In passato i ritardi nel cambiare direzione rapidamente dinanzi a eventi nuovi e imprevisti ha determinato delle vere sciagure. In questo caso, poi, c’è un fattore ulteriore. La diffidenza dei mercati rispetto all’attuale governo italiano rende tutto più complicato. E i conti si fanno sempre più stretti.

 

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