La tattica di Dionisi e il turn over di Mourinho, la Roma manca di nuovo l’appuntamento

 

Daniele Lo Monaco  il Romanista 14 marzo 2023
 
Il braccio di ferro vinto da Dionisi
 
La partita prima di Fabbri. Nel primo tempo i due tecnici hanno puntato su due scommesse diverse, il vantaggio degli ospiti ha cambiato tutto

Roma-Sassuolo è stata una partita così piena di episo di in grado di cambiare l’inerzia della gara da meri tare un’analisi profonda e diversificata a seconda dei contesti sempre nuovi in cui si è giocata. Cercheremo, per quanto possibile, di non considerare in queste pagine i danni cagionati da Fabbri e Pairetto se non per l’oggettività delle conseguenze inevitabilmente determinate sull’aspetto tattico. Ma è certo che le decisioni assunte tra campo e Var hanno inciso sul risultato molto di più di quanto sia fisiologicamente accettabile.

La prevalenza tattica

Al pronti, via!, è parso immediatamente chiaro come la partita si potesse sviluppare su due diversi piani tattici e la preponderanza di uno sull’altro avrebbe potuto indirizzare la partita. Per la conformazione quasi “geografica” delle due squadre in campo è parso infatti subito evidente come il Sassuolo avesse una supremazia territoriale nelle zone centrali del campo mentre la Roma avrebbe potuto ricavare dei vantaggi superata la prima linea di pressione avversaria negli sviluppi soprattutto sulle fasce. Se riesci a sostenere un posizionamento alto degli esterni, attaccare una linea a quattro – soprattutto se non adeguatamente supportata in fase di non possesso dai centrocampisti -può essere compito agevole, a maggior ragione se quella linea difensiva è abituata a restare alta.

Difendersi contemporaneamente dagli attacchi esterni e dalle percussioni (o dai lanci) centrali non è semplicissimo. Non a caso I aRoma ha avuto nei primi minuti tre diverse possibilità per portarsi in vantaggio, con El Shaarawy e con Abraham, ma in particolare con Wijnaldum, liberato da un gran lancio di Matic, ma incapace poi di calciare in uno dei tanti punti liberi della porta. L’avvertenza maggiore che la Roma avrebbe dovuto avere, in una partita tatticamente così definita, sarebbe dovuta essere quella di non perdere palloni pericolosi in uscita, con il rischio di dover difendere in parità numerica con i tre difensori sui tre attaccanti senza il supporto degli esterni e magari con i due non dinamicissimi centrocampisti presi d’infilata dai tre dirimpettai in maglia bianca.

Così sono nati i maggiori pericoli portati dal Sassuolo, comprese le due reti, peraltro favorite da una dinamica piuttosto fortunosa. Ad incidere nel doppio vantaggio degli ospiti è stata anche l’imperizia individuale di alcuni giocatori poco abituati alla contesa agonistica forte, come Zalewski, Bove e lo stesso Kumbulla, impreparati nell’interpretazione del proprio ruolo in quei punti dell’area dove certi rimpalli possono risultare letali.

Lo sviluppo sulle fasce

Ma prendere due gol in queste circostanze può accadere e non deve rappresentare un problema insormontabile se poi a sostenere la controffensiva sorreggono razionalità ed idee chiare. La Roma ha avuto il merito di provarci senza perdersi d’ animo e in due minuti ha confezionato le due azioni che avrebbero potuto ristabilire la parità e dare un senso diverso al pomeriggio, puntando proprio sulle tracce libere esterne senza la copertura necessaria degli attaccanti del Sassuolo. Non a caso la rete del pareggio è arrivata da una combinazione quinto-quinto, con cross di Spinazzola e stoccata al volo di Zalewski, fortunata nell’esito della carambola, non certo nella sua costruzione strategica. E subito dopo un’altra combinazione sulla destra, con il polacco stavolta nelle vesti di rifinitore, ha messo Wijnaldum nella condizione di poter pareggiare subito i conti ma il suo stacco di testa è terminato fuori di pochissimo.

Le virtù del Sassuolo

Il braccio di ferro tattico è stato inevitabilmente condizionato nello sviluppo del gioco dal vantaggio raggiunto dagli ospiti e sarebbe stato probabilmente il contrario se ad andare sopra fosse stata all’inizio la Roma. Quando c’è una disparità territoriale così evidente (tre contro due in mezzo al campo per il Sassuolo, cinque contro quattro sulla tre quarti offensiva per la Roma) diventa naturale che ad andare in affanno sia la squadra che è costretta ad esporsi di più. Il Sassuolo infatti non ha vinto la partita come storicamente ama fare, quasi a prescindere dagli allenatori che la guidano dalla panchina, ma puntando soprattutto sulle efficacissime ripartenze condotte con forza e alta qualità tecnica dall’interessante centrocampo schierato da Dionisi a supporto di un terzetto d’attacco di primissimo livello. Sei giocatori come quelli schierati dal Sassuolo contro la Roma dalla cintola in su possono spingere Dionisi fino alle soglie dell’Europa e finora questa possibilità è stata preclusa solo perché i tre attaccanti sono stati schierati insiemesolotrevoltein26gare.

Le virtù di Dybala

A questo punto è nata però un’altra partita e su questo le responsabilità dei fabbri che arbitrano la Roma sono di tutta evidenza. Sotto di due gol e in 10 contro 11 la Roma ha rischiato un’imbarcata che avrebbe potuto essere storica, ma il Sassuolo ha rischiato di farsi rimontare seriamente due o tre volte nel corso del resto della garada una Roma sfiduciata, in inferiorità numerica e con in campo nel finale Maichrzak, Volpato e Camara. Mourinho ha scelto di non rinunciare ai vantaggi sulle corsie esterne giocandosi il tutto per tutto, con Dybala a sostenere Abraham unica punta, con Karsdorp retrocesso a difensore centrale e costringendo i due centrocampisti rimasti ad un super lavoro quasi impossibile per le loro capacità. Eppure trascinata dallo straordinario campione argentino la Roma ha immediatamente accorciato le distanze e persino sfiorato il pareggio nell’azione successiva (con Zalewski).

Il Sassuolo non ha rinunciato ad attaccare ma lo ha fatto solo quando la Roma si è scoperta, come se fosse consapevole che a lungo andare il dispositivo della Roma non avrebbe retto, tanta era la disparità numerica e territoriale in quel momento. Eppure non solo la Roma la partita l’avrebbe potuta riacciuffare sul2-3, ma ha avuto le occasioni per accorciare presto ancora le distanze (quel magnifico pallonetto di Dybala dopo una corsa di 40 metri con due avversari in pressione…) e ha avuto la forza di segnare quel gol nei minuti di recupero con Wijnaldum e di buttarsi anche in quei due minuti finali all’assalto degli impauriti avversari che nello specifico sono diventati 12, con Fabbri bravo ad interrompere l’azione più promettente che la Roma stava costruendo con un fallo inventato che non avrebbe fischiato neanche Dionisi se avessero chiesto a lui di arbitrare quegli ultimi minuti.

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