TWEET: Quando l’informazione ribalta la realtà

Giornalismo in divisa,  riscrivere il bignami interpretativo 

Un articolo significativo sulla Repubblica di Stefano Folli e che titola “Destino Mélenchon per il Pd filo-Conte” e si conclude con  “Oggi il Pd non sembra proprio in grado di gestire due linee diverse, entrambe suscettibili di travolgerlo e di frantumarlo tra una tendenza Macron, al Nord, e una spinta Mélenchon al Sud.”  il tutto riferito alle manifestazioni odierne sulla pace di Milano e Roma descritte con Calenda e Conte protagonisti delle due piazze.

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«Una foresta di persone contro la logica delle armi»

Luca Kocci il Manifesto 5 novembre 2022
«Una foresta di persone contro la logica delle armi»
Parla il presidente di Pax Christi Giovanni Ricchiuti. «Con 5milioni e mezzo di poveri assoluti occorre ridistribuire il reddito, ridurre le spese militari e aumentare quelle sociali. Ma temo che il nuovo governo non ascolterà»

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Partiti divisi ma costretti ad accodarsi al popolo della pace, maggioranza nel paese

 

Niccolò Carratelli Alessandro Di Matteo La Stampa 5 novembre 2022
Divisi dalla pace: Conte e i vertici del Pd marceranno a Roma, ma parte dei dem sarà a Milano con Calenda
Le piazze hanno in comune la condanna dell’aggressione, sono distanti sull’invio di armi

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In piazza per denunciare il tradimento del patto costituzionale

 

Tomaso Montanari  il Fatto Quotidiano 5  novembre 2022
 
Oggi in piazza per la pace: legittima difesa di massa
 
Una rivoluzione non va pensata come la locomotiva della storia lanciata verso il progresso – diceva Walter Benjamin, criticando Marx -, ma come un freno di emergenza tirato dal popolo prima che i potenti ci conducano al disastro.

 

In questo senso, la manifestazione per la pace di sabato 5 novembre è rivoluzionaria: è urgente e vitale azionare quel freno. Anche ai meno avveduti è ormai chiaro ciò che papa Francesco disse per primo, con lungimiranza e realismo: siamo nella Terza guerra mondiale a pezzi. E rischiamo di essere già arrivati al pezzo fatale. La partita atroce che si gioca in Ucraina – aggredita da Putin in modo criminale, e manipolata con irresponsabile cinismo dai governi occidentali -è un pezzo di una guerra molto più vasta, che già cede al secondo tempo di uno scontro diretto tra Occidente e Cina.

Quel che sta drammaticamente avvenendo sotto i nostri occhi distratti è che la pace è finita: il lunghissimo dopoguerra, che ha garantito pace e prosperità ai popoli occidentali (a spese di tutti gli altri), è chiuso per sempre. Non è più possibile non vedere che non si tratta di singoli episodi di instabilità: siamo definitivamente entrati in una fase nuova, e terribile. La verità è che abbiamo preparato per  i nostri figli un mondo pericoloso, insicuro, pronto a esplodere. Ed è possibile, forse probabile, che la fine di questa fase coincida con la fine del mondo per mano umana.

Pochi giorni fa, l’Amministrazione Biden ha radicalmente rivisto la dottrina della politica di difesa degli Stati Uniti d’America. Di fatto, sono stati abbattuti due pilastri concettuali (il Nofirst Use e il Sole Purpose) che erano stati eretti grazie alla consapevolezza che una guerra nucleare non avrebbe vincitori, ma solo vinti: ora gli Stati Uniti riconoscono a se stessi il terribile diritto di lanciare per primi una bomba atomica, e di farlo non per prevenire una analoga decisione nemica, ma anche come risposta ad atti di guerra convenzionale. In pratica, di fronte a un attacco strategico ma non nucleare russo o cinese, il governo americano potrebbe reagire scatenando per primo l’Armageddon atomico. Si sostiene che tutto questo rientri in un innalzamento della scala di deterrenza: portando al massimo possibile la minaccia di ritorsione, si spera di indurre gli avversari a ridurre la scala dei loro attacchi. Ma non si può non vedere che in realtà è un incredibile cedimento alla logica dell’escalation, e di fatto il riconoscimento che le sorti dell’umanità sono appese alla volontà dei governi di Mosca e di Pechino: una loro mossa potrebbe innescare “automaticamente” la catena atomica finale.

Ora, questa è una decisione del massimo governo occidentale. Quello che controlla di fatto la Nato, della quale facciamo parte con una cessione di sovranità che si giustifica, a norma della nostra Costituzione, solo per costruire “la pace e la giustizia tra le Nazioni” e dunque prevenire la guerra. Scendere in piazza ora significa esercitare (finché possiamo) il diritto democratico di denunciare il tradimento del patto costituzionale: queste politiche, queste alleanze, questo sistema non servono più a costruire la pace, ma a preparare la nostra estinzione. La manifestazione è una forma pacifica di legittima difesa di massa, e dal

basso, e il messaggio è chiaro: sappiate che state portando il mondo alla rovina, e non lo fate in nostro nome.

L’obiettivo finale è costringere i governi occidentali a una de-escalation: a impegnarsi davvero a spegnere il focolaio di guerra in Ucraina, sul quale invece essi stanno gettando fiumi di benzina. Simone Weil ha amaramente constatato che, nelle guerre tradizionali, il potere di aprire e far cessare le ostilità è esclusivamente nelle mani di coloro che non si battono”.

Oggi, invece, chi decide la guerra e la pace potrebbe essere spazzato via con gli altri da una apocalisse nucleare: e nonostante questo persevera in uno stato di trance in cui tutto sembra solo un grande gioco di potere. Per questo vogliamo scendere in piazza e gridare: “È tutto reale, e anche voi potenti e i vostri figli morirete in una guerra atomica!”. Noi italiani, poi, abbiamo una ragione in più per manifestare.

Affidando il ministero della Difesa a un uomo che vive del mercato delle armi (e che dunque, necessariamente ama la guerra: che si fa, come ricorda il papa, anche per testare, consumare, vendere armi), l’attuale governo ha chiarito che non ripudia affatto la guerra, ma invece ripudia il disarmo, unica vera via per la pace. Anche in questo caso il messaggio della piazza sarà chiaro: una democrazia non può costruire i presupposti per la distruzione del popolo che l’ha costruita.

Non è questione di destra o sinistra: è questione di essere favorevoli o contrari all’estinzione della specie umana. Non ci siamo mai arrivati tanto vicini.

Questo movimento può rompere il dominio dei mercanti d’armi e delle logiche imperiali

Tommaso Di Francesco il Manifesto 5 novembre 2022
Basta guerra, un movimento necessario
Per una manifestazione che, ci auguriamo, sia piena di giovani, forte, variegata, unitaria contro la guerra. Senza bandiere di partito, sperando che a sinistra i partiti si occupino di pace non strumentalmente.

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Il pacifismo oggi non ha niente di utopistico

Tonino Perna il Manifesto 4 novembre 2022
Si vis pacem para pacem
Verso la manifestazione del 5 novembre. Il famoso motto «Si vis pacem para bellum» ha almeno due interpretazioni. La prima, più immediata, è quella che ti comunica che se vuoi la pace devi armarti per dissuadere i tuoi potenziali nemici.

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Israele «unica democrazia»? No, è il trionfo della paura

Zvi Schuldiner il Manifesto 3 novembre 2022
Israele «unica democrazia»? No, è il trionfo della paura
Il trionfo dell’ex premier Benjamin Netanyahu e dei suoi alleati d’estrema destra minaccia cambiamenti drammatici che porteranno a passi finora ancora frenati dal sistema giudiziario. Gli elettori hanno preferito diversi rappresentanti delle bande estremiste dei coloni. Itamar Ben Gvir, l’estremista che nel 1995 mostrò a giornalisti e pubblico il trofeo di un pezzo dell’auto del premier Yitzhak Rabin.

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