Archivio tag: Cinema Venezia
“Anche le donne abusano del potere, quando ce l’hanno”
Fulvia Caprara La Stampa 02 Settembre 2022
Cate Blanchett: “Le molestie non hanno sesso”
L’attrice è una direttrice d’orchestra tirannica nel film di Todd Field. «Anche le donne, quando hanno il potere, a volte ne abusano»
Un Concorso pletorico con evidenti e differenze di qualità
Paolo Mereghetti Corriere della Sera 11 settembre 2022
Venezia 79, una Mostra altalenante: troppi film ignorati
Un Concorso troppo pletorico: le differenze di qualità tra le opere presentate balzavano all’occhio
Vi dico la mia su Moretti, Amelio, Zeller e Risuleo
Francesco Di Brigida il Fatto Quotidiano 9 settembre 2022
Blogger cinematografico
Venezia 79: in attesa dei Leoni, vi dico la mia su Moretti, Amelio, Zeller e Risuleo
Aspettando i responsi per i Leoni di questa Venezia 79, voglio qui dare un’occhiata a questo quartetto di titoli che oscillano tra cronaca macchiata d’omofobia, disagio giovanile, calcio femminile e strani incontri notturni. Cominciamo con Notte Fantasma di Fulvio Risuleo, presentato nella sezione Orizzonti Extra.
Braibanti anni ’60, ma Amelio parla dell’oggi tra devianze e fluidità
Alberto Crespi La Repubblica 7 settembre 2022
‘Il signore delle formiche’, la recensione.
La verità di Amelio è l’Italia di oggi
Il regista in concorso con il film sul caso Braibanti, protagonista Luigi Lo Cascio
Aldo Braibanti – poeta, drammaturgo, mirmecologo, ex partigiano, ex dirigente comunista – fu condannato per plagio nel 1968, dopo un processo che divenne un caso nell’Italia bigotta degli anni ’60. Il cosiddetto “plagio” riguardava l’amore fra Braibanti e un suo giovane allievo, consenziente e maggiorenne. Questa la storia.
Nel film di Gianni Amelio Il signore delle formiche, le scene del processo (terribili) rispettano i verbali del dibattimento. Il resto è creazione artistica. I nomi, escluso quello di Braibanti (Luigi Lo Cascio), sono tutti cambiati. Il ragazzo ha un nome di fantasia, Ettore (lo interpreta un esordiente bravissimo, Leonardo Maltese), ed è un personaggio straziante, la vera vittima di una società ancora intrisa di fascismo.
Amelio e i suoi sceneggiatori (Edoardo Petti e Federico Fava) si sentono liberi di inventare, a partire dall’immaginario cronista dell’Unità (Elio Germano) che segue il processo nonostante le iniziali titubanze del PCI. Come in Hammamet, Amelio parte dalla realtà per raccontare una verità. E la verità non sono gli anni 60, pur ricostruiti con la rabbia di chi si è sentito dire, in quei tempi: “Se sei omosessuale, o ti curi o ti spari”. La verità è l’Italia di oggi, in cui ancora si deve sentir parlare di “devianze” e in cui la “fluidità” tanto di moda al cinema deve ancora fare passi da gigante nella vita reale.
Al di là del tema, Il signore delle formiche è un film di belle intuizioni poetiche e formali, che nella prima parte racconta una Bassa emiliana ricca di suggestioni verdiane (la crudele madre di Ettore è Anna Caterina Antonacci, soprano lirico) e nella seconda una Roma abbarbicata alle architetture barocche e wellesiane del “palazzaccio”, il Palazzo di Giustizia dove si svolge il processo. Per chi vuole la cronaca, c’è il bel documentario Il caso Braibanti di Massimiliano Palmese e Carmen Giardina. Il signore delle formiche è cinema, puro cinema.
Venezia Cinema: Virzi e la “bruttezza” di Roma
Il trailer di Siccità di Virzi
A Roma da 3 anni non piove, surrealismo quasi realista
Alberto Crespi La Repubblica 9 settembre 2022
‘Siccità’, la grande bruttezza di Roma e del mondo che stiamo distruggendo
Il film di Paolo Virzì, con un cast corale, presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia
Un film profetico rispetto al disastro sociale ed ecologico che racconta
Arianna Finos La Repubblica 9 settembre 2022
Max Tortora nel cast di ‘Siccità’: “Siamo egoisti e cattivi, mandiamo le foto dei rigatoni ma nessuno ti chiede come stai”
Nel film di Virzì è un camiciaio caduto in disgrazia in una Roma in cui non piove da tre anni. “Lo amo per il dolore e il senso di rivalsa che ha dentro”
In Siccità, il film corale ambientato in una Roma in cui non piove da tre anni che Paolo Virzì porta alla Mostra fuori concorso (dal 29 settembre in sala, Wildside e Vision) Max Tortora interpreta un artigiano sull’orlo del fallimento.
Torna a Venezia dopo “Sulla mia pelle”, su Stefano Cucchi.
«Un film importante, come lo è Siccità: profetico rispetto al disastro sociale ed ecologico che racconta, rispetto alla pandemia. Una parabola discendente che la nostra società sta vivendo. Impreparata, presa da sé stessa, cattiva. Nel primo lockdown gente che stimavo si è rivelata priva di empatia e gentilezza. In un’epoca in cui il telefonino sostituisce il telefono e ti mandano le foto dei rigatoni, nessuno ha bussato alla porta per chiedere come stavo. Abbiamo fatto la fila per il pane come in guerra, e ce lo siamo già dimenticati. Il mio personaggio è un camiciaio in disgrazia, sporco, vive in un vecchio Suv con il cane. Lo amo per il dolore e il senso di rivalsa che ha dentro. Non è cattivo».
In molti hanno avuto un tracollo.
«Per alcuni non è solo economico, ma psicologico e senza ripresa. Sono sparite attività ma anche l’educazione. Non giudico, per due anni non ho lavorato, ma sono abituato a discese e risalite».
Sul telefonino ha la sua foto con il cane e una uguale di Alberto Sordi.
«Lui, Magnani e Fabrizi sono il mio imprinting. Nel ‘90 ho fatto l’operatore pur di affiancare Sordi».
Ha fatto due film con i fratelli D’Innocenzo.
«Sanno quel che vogliono, sono colti. Credo nei giovani. Sono anche nel debutto di Micaela Ramazzotti, una bella storia. Io suono il piano, un attore è come un pianista, devi suonare lungo tutta la tastiera. Ora mi pare che sto suonando bene».
Quando ha scoperto il mestiere?
«Presto. Investivo la paghetta dal giornalaio comprando tutto quel che era leggibile, facevo sbattere le macchinine e inventavo un dialogo tra i guidatori. A teatro mi facevo assumere per smontare le scene, pur di dire anche una battuta. Il mestiere è la mia vita».
È alto un metro e novantasette.
«Mio nonno era alto come me, per la sua epoca era come essere due metri e quaranta. A un certo punto ho scoperto che le nuove generazioni mi stavano raggiungendo, non mi si nota più. Sono rientrato nella fascia media, non compro più le scarpe su misura».
Un film pazzo e apocalittico, l’incontro con l’altro ci può salvare
Stefania Ulivi Corriere della Sera 9 settembre 2022
Paolo Virzì: «Siccità, film nato dalla pandemia tra follia e compassione»