Archivio tag: Claudio Tito
Euroscandalo, gli italiani pagati dai servizi segreti del Marocco
Giuliano Foschini, Luca De Vito, Claudio Tito La Repubblica 15 dicembre 2022
Euroscandalo, gli italiani pagati dai servizi segreti del Marocco
Panzeri e Cozzolino “prendevano ordini” dal capo delle spie di Rabat
Tre sberle da Bruxelles, siamo fuori e pure divisi su Orban
Claudio Tito La Repubblica 26 novembre 2022
La falsa partenza del governo in Europa Sotto esame bilancio e Pnrr
La triangolazione di Roma con Parigi e Berlino non esiste più E anche la sponda di FdI e Lega a Orban diventa un pretesto per emarginare l’Italia
I due volti del governo in Europa, crisi di credibilità in atto
Claudio Tito La Repubblica 14 novembre 2022
La crisi che Chigi finge di non vedere
Per quanto tempo il governo italiano può ancora voltarsi dall’altra parte? Per quanto tempo può pensare di insistere sulla linea del “non è successo niente”?
Gli errori della Meloni non sono gravi, sono drammatici
Claudio Tito La Repubblica 11 novembre 2022
Scontro Francia- Italia, disinteresse nazionale
E’ una crisi drammatica tra i due Paesi che provocherà conseguenze pesanti
Non è solo Berlusconi, per mezzo governo è allarme sicurezza
Claudio Tito La Repubblica 20 ottobre 2022
Un caso di sicurezza nazionale
Gli ultimi audio di Silvio Berlusconi sono un problema per la Destra, per Meloni e per il Paese
Negli ultimi mesi e sicuramente dopo le elezioni del 25 settembre la destra italiana ha fatto dell’interesse nazionale un tratto distintivo della sua propaganda. Dopo le irresponsabili parole pronunciate da Silvio Berlusconi sulla sua “dolce” amicizia con Vladimir Putin e sulla guerra in Ucraina, bisogna allora chiedersi cosa si intenda per “interesse nazionale”. O meglio: cosa sia per i predicatori di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.
Perché nell’attuale fase internazionale quel principio inevitabilmente si sovrappone e si identifica con la “sicurezza nazionale”. E allora questa coalizione, questa maggioranza, il costituendo governo, alla luce delle recenti dichiarazioni rilasciate da parti fondamentali dell’alleanza, sono davvero in grado di difendere e garantire la “sicurezza nazionale”?
È questo il cuore del problema. Perché il feeling del leader di Forza Italia con il Ras del Cremlino non è una questione che si può derubricare a folclore o alle vanterie di un ex presidente del Consiglio che ha ormai perso la sua primazia una dozzina di anni fa. Mette bensì in gioco la collocazione internazionale del nostro Paese, la sua credibilità, la sua affidabilità e la sua difesa che certo non può essere autarchica.
Bisogna tenere presente che i deliri berlusconiani si inseriscono in un contesto nel quale l’Italia stava già per essere sottoposta ad una osservazione speciale. Oltre al Cavaliere, infatti, il secondo partner della coalizione (Matteo Salvini) costantemente richiama i suoi rapporti con la Russia. Non ha disdetto l’accordo con il partito di Putin e non rinuncia mai all’occasione di prendere le difese di Mosca. Il segretario leghista avrà un ruolo di primo piano nel prossimo esecutivo. Magari anche quello di vicepresidente del Consiglio.
Il neo presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, è noto per le sue posizioni “putiniane” e ancora nelle ultime ore non è riuscito a trattenersi dal criticare le sanzioni contro la Russia. L’immagine, insomma, che si offre all’Europa e al nostro principale alleato, gli Stati Uniti, è compromessa. La politica italiana, le Istituzioni italiane sono considerate letteralmente inquinate dal Cremlino. Il livello di penetrazione e infiltrazione sta superando la semplice campagna elettorale. Sta entrando nella sala-comando, nella “stanza dei bottoni”. È nei gangli del sistema.
Le conseguenze sono drammatiche. La “squadra” di Giorgia Meloni sarà tenuta a distanza. Nessuno, almeno nel fronte occidentale, si fiderà. La Nato, la nostra alleanza militare, come si comporterà? Come potrà condividere dossier e operazioni sensibili? Magari proprio sulla guerra in Ucraina. Quali garanzie avrà che quel che si stabilisce non venga riferito in qualche amoroso scambio epistolare? Chi potrà assicurare che, anche involontariamente, un ministro o un’alta carica istituzionale si rivolga confidenzialmente ad uno dei leader che mantiene rapporti con Putin?
Un problema che riguarda anche il ministero degli Esteri che sembra assegnato ad Antonio Tajani, coordinatore proprio di Forza Italia.
Rischiamo un isolamento internazionale senza precedenti. Mettersi di trasverso con Washington non è mai una buona soluzione. E proprio il capo di Forza Italia dovrebbe ricordarsi che entrare in rotta di collisione contemporaneamente con Washington, Berlino e Parigi solitamente non porta bene. Adesso, però, tutto è inesorabilmente peggiorato. Anche per Giorgia Meloni.
Basti pensare alla scelta del Parlamento europeo di assegnare il premio Sakharov al popolo ucraino. Quello è il sentimento prevalente in Europa. Ma la destra italiana sembra ignorarlo. Avverte una fatale attrazione verso le autocrazie periferiche come l’Ungheria con l’unico risultato di trasfigurare l’interesse nazionale. E così Berlusconi catechizza i suoi parlamentari addirittura frenandosi per non rivelare quel che pensa di Zelensky, bolla Biden come un non leader, critica l’Occidente per aver dato le armi all’Ucraina, ripete come un pappagallo la versione dei fatti fornita dal Cremlino e legittima un golpe della minoranza ucraina contro la maggioranza per insediare un esecutivo più accondiscendente. Il tutto tra gli applausi dei parlamentari incoscienti di Forza Italia. Uno spettacolo che non ha nulla a che vedere con l’interesse nazionale.
Il futuro esecutivo ha dunque solo uno strumento per limitare i danni – ormai sostanziali – : provi a rivolgersi al Parlamento. Inviti la Camera e il Senato – una volta e se ottenuta la fiducia – a dibattere, a svolgere una grande discussione e a segnare senza ambiguità la collocazione internazionale del nostro Paese. Solo così può forse provare a convincere i nostri alleati a non trattarci come dei reietti. È l’unico modo per verificare se le differenze gigantesche presenti nel centrodestra possano essere ridotte. Perché la verità è che tutti e tre i partiti di maggioranza coltivano una qualche forma di sospetto nei confronti dell’Occidente in senso lato. La linea atlantista di Meloni è nello stesso tempo eurodiffidente. Non riesce ad accettare il dialogo senza pregiudizi con la Francia, la Germania e le istituzioni comunitarie. Forza Italia trova nel Ppe un interlocutore europeo ma in Putin un fattore di destabilizzazione atlantica. La Lega addirittura racchiude le due contraddizioni.
La futura premier allora si rifugi nella più grande ancora di salvataggio che la Costituzione le mette a disposizione. Chieda ai deputati e ai senatori di fissare definitivamente la collocazione internazionale dell’Italia. Bisogna, però, avere forza politica per farlo. E coscienza. Se non l’avrà, il nostro Paese sarà meno forte e emarginato. L’anello corrotto e debole dell’Occidente.
Meloni corre ai ripari, rischio spartizione Forza Italia
Claudio Tito La Repubblica 17 ottobre 2022
La paura di Giorgia: un governo azzoppato se Silvio perde pezzi
Il timore che serpeggia nella destra è il ritorno di un “tecnico” a Palazzo Chigi. Il rischio di un doppio giro di consultazioni al Quirinale
La Germania vuole solo i vantaggi dell’Unione Europea
Claudio Tito La Repubblica 1 ottobre 2022
Tetto al prezzo del gas, resta il veto tedesco. Ue vicina alla rottura sulla crisi energetica
La Commissione formulerà a giorni una nuova proposta. Via libera all’accordo sul taglio del 5 per cento dei consumi nelle ore di punta
L’Ue si spacca sulla crisi del gas. Con l’aggravante che la Germania ha deciso di agire per conto proprio con un fondo da 200 miliardi. Un vero colpo all’Unione. Con i 27 costretti a muoversi singolarmente. Come accadde due anni fa all’inizio della pandemia.
Ieri, il Consiglio dei ministri dell’energia ha assunto decisioni operative solo sui risparmi. Di certo non sul tetto al prezzo al gas. Tutto rinviato, nel migliore dei casi, alla prossima settimana. Anche se più probabilmente si dovrà aspettare il vertice del 20 ottobre. Per martedì è attesa dai governi una nuova proposta della Commissione. Ma difficilmente sarà un “piano di azione”. Prendere tempo in questa fase, però, significa perdere tempo. La presidenza di turno della Repubblica Ceca ha chiesto un’accelerazione. Il punto è che la Germania non intende compiere ora alcun passo. Spalleggiata dalla fida Olanda che anche ieri ha parlato in maniera sprezzante della proposta di 15 partner – tra cui Italia e Francia – di fissare un “price cap” sugli acquisti di gas naturale.
Per di più Berlino ha voluto fare da sola. Il fondo da 200 miliardi stanziato dal governo del cancelliere Olaf Scholz significa aiutare i cittadini e le imprese tedesche, distorcendo la concorrenza europea. Scholz preferisce pagare di più le forniture senza correre il rischio di comprometterle, per non creare difficoltà alle fabbriche tedesche. Una misura legittima ma poco europeista. Un tema che ieri diversi ministri dell’energia hanno sollevato con forza. La risposta della Commissione è stata imbarazzata e burocratica: «Spetta agli Stati membri valutare se una misura specifica comporta aiuti di Stato» e nel caso «deve essere notificata alla Commissione».
La notizia del piano tedesco, ha ammesso Stefano Grassi capo di gabinetto della Commissaria all’energia Simson, «è stata inusuale nei tempi, e anche se legittima mostra chiaramente che ogni misura nazionale è insufficiente e iniqua. In molti oggi al Consiglio Ue hanno echeggiato le dichiarazioni del presidente del Consiglio Draghi». Il premier italiano aveva criticato l’altro ieri con asprezza la scelta di Scholz. Il Commissario italiano agli Affari economici, Paolo Gentiloni, è stato altrettanto duro: «Non possiamo pensare che di fronte a una crisi di questo genere che riguarda tutti ciascuno risponda per sé magari misurando la propria risposta sulla base dello spazio fiscale, dello spazio di bilancio. È la logica che abbiamo evitato durante la pandemia». Un concetto analogo espresso anche dal presidente del consiglio europeo, Charles Michel: «Ora va sviluppata una nuova Unione europea dell’energia».
Tra diversi Stati membri inizia quindi a farsi largo il sospetto che solo quando la Germania riceverà uno scossone e capirà che anche i suoi interessi possono essere colpiti se il resto d’Europa non riesce a reagire efficacemente, sarà possibile procedere unitariamente. L’unico passo avanti è stata la disponibilità tedesca a creare un “tavolo” degli otto paesi energivori (Germania, Francia, Italia, Spagna, Belgio, Polonia, Olanda e Grecia) per studiare il tetto al prezzo del gas. Questi otto si sono visti prima del Consiglio e si vedranno lunedì in videoconferenza. Una procedura ben poco “europea”. E che per il momento ha prodotto l’ipotesi di introdurre non un “limite” fisso ma variabile: una sorta di forchetta entro cui si muoverebbe la quotazione del gas.
«Il tetto al prezzo del gas – è la fredda risposta del ministro tedesco dell’Economia Robert Habeck – può essere applicato solo se si dice cosa succede se non arriva abbastanza gas in Europa. L’unica risposta che sento sempre è che la carenza sarà redistribuita su tutta Europa. Ma non credo che possa essere tollerato, porterebbe l’Europa ai suoi limiti, probabilmente alla sua fine».
Alla fine l’accordo ieri è stato solo sulla tassa di solidarieta sugli extraprofitti e sui risparmi: 5 per cento obbligatorio di consumi in meno nell’arco di quattro mesi e nelle ore di punta.
Un voto a rischio per tutti i leader
Francesco Bei, Stefano Cappellini, Filippo Ceccarelli, Stefano Folli, Sebastiano Messina, Claudio Tito La Repubblica 25 settembre 2022
Ecco qual è la posta in gioco dei leader, al bivio tra sovranismo e lealtà allo spirito dell’Ue
Chiunque siederà al governo erediterà un patrimonio politico, quello di Draghi, piuttosto difficile da emulare. Sarà la scommessa a partire da domani
L’ Europa toglie 7 miliardi all’Ungheria, l’avvertimento è politico