Del Rio: Europa assente e spettatrice, Biden non esasperi i toni

Carlo Bertini  La Stampa 8 maggio 2022
“Ora l’Italia dica agli Usa di abbassare i toni”
L’ex ministro Pd: “Il premier sia promotore di una mediazione europe Washington e Londra irresponsabili. Conte si fermi o addio governo”

Ne ha per gli americani – «Draghi dovrebbe dire a Biden di non esasperare i toni» – e per i Cinque stelle, «perché arriva un momento in cui bisogna fermarsi, se no i governi cadono». Ma Graziano Delrio sferza anche questa «Europa assente e spettatrice. Perché Draghi, Macron, Scholz e Sanchez non si fanno promotori di una mediazione?». leggi tutto

Tutti i danni di una guerra che può lasciare alla Cina il ruolo di architetto del nuovo ordine mondiale

Romano Prodi su Il Messaggero del 17 aprile 2022
Il ruolo della Cina: le potenze occidentali e la frattura con il resto del globo
Cosa lascerà questa guerra alle potenze occidentali

 

Ho molto sperato che, insieme alla Pasqua, arrivasse qualche concreta ipotesi di pace. Le prospettive di una fine del conflitto sembrano invece allontanarsi nel tempo, così come assai poco concreti appaiono i tentativi di mediazione.

leggi tutto

L’arrivo contemporaneo di peste, fame e guerra

di Romano Prodi su Il Messaggero del 3 aprile 2022
Guerra e sanzioni: i segnali di recessione

 

Misure urgenti – Il prezzo della guerra e i segnali di recessione

 
Sulle tragedie politiche, umane e materiali della guerra di Ucraina, abbiamo già molto riflettuto nelle scorse settimane e ancora ne dovremo purtroppo parlare in futuro. Oggi limiteremo la nostra attenzione alle conseguenze economiche di questo conflitto, tanto inaspettato quanto insensato. Un conflitto che, nello spazio di poco più di un mese, ha già sconvolto gli andamenti delle nostre economie.

Mentre ci attendevamo un anno che avrebbe più che completato la ripresa post-covid, le aspettative si sono totalmente rovesciate: nell’anno in corso la crescita mondiale non sarà superiore al 2,5% (mentre è stata del 5,9% nello scorso anno).

L’Eurozona e l’Italia si fermeranno intorno al 2,2%. Il che, se togliamo il trascinamento frutto della crescita dello scorso anno, significa che la guerra ci ha già portato alla stagnazione, con tutte le conseguenze del caso, a partire dall’incidenza negativa sull’occupazione.

La seconda conseguenza è l’aumento dell’inflazione. In questo caso si tratta di un processo che era già in corso, ma che è fortemente aumentato di intensità, fino ad arrivare al 7,5% nell’Eurozona e a una cifra ancora superiore negli Stati Uniti.

Un rialzo che si deve soprattutto al prezzo dell’energia e delle materie prime, da alcuni osservatori ritenuto temporaneo. E’ tuttavia opportuno ricordare che non conosciamo affatto la durata di questa provvisorietà e che i prezzi sono aumentati in tutti i settori della nostra economia, a partire dai prodotti industriali fino ai beni alimentari che, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sono lievitati del 7%.

Il processo inflazionistico si è ormai talmente diffuso che obbliga a ritenere molto probabile l’adozione di una politica monetaria fortemente restrittiva, con la conseguenza di frenare ulteriormente l’economia.

Anche se negli Stati Uniti, dove la politica restrittiva è già cominciata, non si pensa ad un aumento dei tassi a breve superiore al 2,5% in corso d’anno. Da notare che i tassi a breve si stanno posizionando a un livello superiore ai tassi a lungo termine: questo è solitamente il segnale che gli investitori prevedono l’arrivo di una recessione che porterebbe, insieme alla crisi, una diminuzione dei tassi di interesse a livello generale.

Il combinato disposto del freno della crescita e dell’aumento dell’inflazione porta naturalmente al crollo della fiducia delle famiglie e a un’erosione del loro potere d’acquisto.

Un’erosione che, concentrandosi particolarmente sulla bolletta dell’energia e sui prodotti alimentari, incide in modo percentualmente superiore sulle famiglie a basso livello di reddito.

Il che ci porta a dovere tenere in conto un’ultima conseguenza: la necessità di provvedere con le risorse del bilancio pubblico al sostegno dei redditi più duramente colpiti da questi cambiamenti. Il governo italiano ha provveduto in questa direzione con la non trascurabile somma di 10 miliardi.

Una somma certamente sostanziosa, ma molto inferiore agli oneri derivanti dai rincari e temporaneamente limitata, nella speranza che gli aumenti nel settore energetico siano di breve durata.

Anche noi lo speriamo ma, nell’elevata possibilità che questo non avvenga, è bene preparare nuovi strumenti di intervento che, data la ristrettezza del nostro bilancio pubblico, dovranno essere concentrati a favore delle categorie meno abbienti, così come si dovrà provvedere ad un programma di aiuti specificamente dedicato ai rifugiati.

A fianco di queste osservazioni, che possono essere purtroppo considerate come il frutto avvelenato di una qualsiasi azione bellica, dobbiamo mettere in rilievo alcune conseguenze specifiche del conflitto in corso, oltre i già noti sconvolgimenti del settore petrolifero (la cui esportazione dalla Russia è assai inferiore a quella prebellica) e del gas, che continua ad arrivare in quantità simili a quelle precedenti, ma a prezzi molte volte superiori.

Dalla zona di guerra arrivano infatti non solo prodotti energetici, ma anche il titanio per le nostre lavorazioni meccaniche, l’argilla per le ceramiche e soprattutto tanto grano, tanti olii vegetali e tanti fertilizzanti indispensabili per la nutrizione di decine di milioni di persone che, soprattutto nei paesi più poveri, si trovano ora senza i beni indispensabili per la propria sopravvivenza. Il dramma delle guerre e delle sanzione è che finiscono col colpire alla cieca.

Quanto alle nostre esportazioni, i due paesi coinvolti nel conflitto ne assorbono una quantità notevole ma non eccessiva: l’1,7% la Russia e lo 0,4% l’Ucraina, mentre più fortemente colpito è il settore turistico, che già soffriva per le pesanti conseguenze del Covid.

Consistente, ma non eccessiva, è inoltre l’esposizione del nostro sistema bancario, già colpito oltremisura dalla forte diminuzione delle quotazioni azionarie delle due banche maggiormente presenti nel mercato russo.

Terribili sono evidentemente le conseguenze economiche interne all’Ucraina a causa delle impressionanti distruzioni umane e materiali, ma pesante è anche la situazione russa dove il reddito è crollato di oltre il 9% e interi settori, soprattutto quelli ad alta tecnologia, sono sostanzialmente bloccati dalla rottura dei rapporti con i paesi occidentali, anche se gli introiti provenienti dal gas hanno finora impedito il collasso dell’economia.

Sono veramente dispiaciuto di avere elencato in un solo articolo tante tristi osservazioni ma, nel nostro mal governato pianeta, sono arrivate insieme (e insieme convivono) la peste, la fame e la guerra. Non ci resta quindi che completare queste riflessioni con il “libera nos Domine” che era uso recitare di fronte a queste calamità.

Tutte le ipocrisie e le censure della guerra che ridisegna interessi e alleanze

il manifesto Alberto Negri 18.03.2022
Ucraina, una «grande» Nato e una piccola Europa
Scenari. L’unica europea ad avere ascolto sia da Washington che da Mosca (e Kiev) era Angela Merkel. I tempi di questa crisi sono stati scanditi da Putin e da Biden sul suo passo d’addio
Una “grande” Nato, una piccola Europa e una Cina asso pigliatutto. Così ci avviciniamo, si spera, a un cessate il fuoco, almeno secondo il Financial Times che parla di un piano in 15 punti.

leggi tutto

Morin: Europa nel bivio tra debolezza colpevole e intervento irresponsabile

La Repubblica 9 Marzo 2022 di Edgar Morin (filosofo francese)
Il destino di una guerra nel cuore dell’Europa

Mentre scrivo, ricordo l’angoscia che mi assalì quando ci fu la crisi dei missili di Cuba del 1962. Ero ricoverato a New York, in ospedale, e il mio arnico Stanley Plastrick mi aggiornava quotidianamente, dicendomi giorno dopo giorno che New York rischiava di essere rasa al suolo da una bomba atomica. leggi tutto

La regola dell’unanimità condanna l’Europa all’irrivelanza

Romano Prodi Il Messaggero 04 aprile 2021
L’Europa perdente sui vaccini e il nodo dei trattati

 

Governare a Bruxelles è persino più difficile che governare a Roma. Pochi mesi fa la Commissione Europea, dopo un lungo periodo di impopolarità, aveva riacquistato una generale immagine positiva con il varo del NextGenerationUE che, finalmente, dava inizio a un grande progetto per fare uscire l’Europa dalla lunga crisi. leggi tutto

Nel G20 si gioca la partita sui vaccini

Il Messaggero di Romano Prodi del 21 febbraio 2021
Non ne usciamo senza un impegno comune per la produzione dei vaccini
L’Italia guidi il G20 verso la liberalizzazione nella produzione dei vaccini

 

Nelle scorse settimane si è assistito a infiniti dibattiti sulle diverse strategie da adottare nei confronti della somministrazione agli italiani del vaccino contro il Covid. leggi tutto