Serra rivaluta Infantino, ci ha risparmiato il comizio di Zelensky

Michele Serra La Repubblica 18 dicembre 2022
Sono tanti 211 paesi
Non è facile difendere il presidente della Fifa Infantino, impopolare in Europa e in America (altrove non si sa) per avere sempre dato l’impressione di sottovalutare gravemente la questione dei diritti umani in Qatar.

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O fai il giocatore o fai l’arbitro

Michele Serra La Repubblica 14 dicembre 2022
O fai il giocatore o fai l’arbitro
Il Pd avrebbe dovuto mettere al centro altre questioni e mandare a quel paese l’agenda Draghi. Un disoccupato del Sud, come potrebbe entusiasmarsi per un banchiere e un gruppo competente, ma di tecnocrazia finanziaria?”.

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Avvocati, magistrati e giornalisti, i poteri che fanno politica

Michele Serra La Repubblica 8 dicembre 2022
Il quarto potere è un potere
Sarebbe bene che sulla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, spesso di persone non indagate, anche il mondo del giornalismo discutesse con la stessa franchezza del ministro Nordio, che le definisce «una porcheria».

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Nell’agenda Meloni-Salvini, alla voce Regeni, c’era già scritto, da tempo, “sorvolare”.

L’amaca Michele Serra La Repubblica 9 novembre 2022
Se l’è andata a cercare
Il vero problema di questo governo è che quasi ogni suo gesto è scontato. Non ci si può aspettare altro, come se esistesse un’agenda Meloni-Salvini già scritta, parola per parola, molto prima delle elezioni, e per la cronaca anche ben prima dell’agenda Draghi.

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La distopia può essere allegra? Secondo Paolo Virzì  deve esserlo

 

L’Amaca  di Michele Serra La Repubblica  10 settembre 2022
 
L’Apocalisse allegra
 
La distopia può essere allegra? Secondo Paolo Virzì  (“vorrei che il mondo finisse mentre stiamo ridendo”) può esserlo, o meglio deve.

 

Virzì è un regista, dunque stiamo parlando, come è evidente, del riflesso artistico-letterario di un’ipotesi, l’estinzione o la riduzione alla preistoria di homo sapiens, che è molto di moda (trend topic ovunque, e da un bel po’) ma di allegro non avrebbe molto, soprattutto per chi è nato da poco, e ancora deve vivere la propria vita.

Ma quella di Virzì è una rivendicazione da commediante alla quale mi associo con totale complicità: esiste un sottile e inconfessabile complesso di superiorità, nei praticanti del comico, rispetto alla tragedia. La tragedia è (mi scuso per la madornale semplificazione) meno distaccata dalle vicende umane. Ne è talmente compresa da non poterne cogliere la intrinseca, patetica, irresistibile buffonaggine. Siamo pur sempre la scimmia che si è creduta Dio, al punto di immaginarci “fatti a sua immagine e somiglianza” (cose da pazzi). Se dunque dovessimo deperire o addirittura estinguerci per nostra stessa mano, il sospetto che siano state la vanità e la presunzione a dannarci sarebbe inevitabile, e fonte di auto-dileggio, sempre che non si sia accecati, appunto, dalla presunzione e dalla vanità.

Nonostante questo, al concetto di “fine del mondo” possiamo associare tonnellate di fantasy terrificante, paesaggi lugubri, cortei di zombi, sangue e fiamme, punizione e rovina. Risate pochissime (una tra tutte il Vonnegut di “Comica finale”, 1976, sempre sia lodato). Virzì, dobbiamo allestire una task force per difendere, fino all’ultimo respiro, il sentimento supremo del ridicolo.