Carlo Bonini La Repubblica 16 marzo 2023
Il ministro del nulla
Lo scempio di una città, della sua gente, delle sue strade e delle sue piazze più belle, prese in ostaggio e ridotte a una tonnara da una battaglia tra ultras durata un pomeriggio e una notte, ci consegna, ancora una volta, l’immagine desolante di uno sfortunato Paese,
il nostro, dove la conclamata inadeguatezza di un ministro dell’Interno e, in questo caso, di una irresponsabile giustizia amministrativa si è saldata con la sgangherata postura di una società di calcio tedesca (l’Eintracht Francoforte) e del vertice del Uefa.
Ha dunque ragione Carlo Calenda nel dire, a proposito delle responsabilità di Matteo Piantedosi, che “quando serve un ministro degli Interni equilibrato trovi un questurino e quando serve un ministro questurino trovi il nulla”. Che colpevolizzare le vittime di una strage di migranti in mare diventi ancor più osceno quando non si ha la forza di difendere una città dalla violenza tribale di due falangi ultras che si erano giurate eterno odio e vendetta quindici giorni fa, quando i napoletani erano stati accolti in Germania con cazzotti sferrati da guanti in polvere di quarzo e da una corrida di agguati il cui saldo erano stati 36 arresti e 150 fermi.
Non ci voleva insomma un mago per consigliare non solo il divieto di trasferta ai tedeschi, ma per impedirla con qualsiasi mezzo, assumendosi tutte le responsabilità del caso. Piantedosi, per la cronaca, aveva deciso per la prima, fino a quando nel Paese dei Tar, il nostro, un giudice amministrativo, sollecitato dal ricorso dell’Eintracht Francoforte, aveva pensato bene di sospendere il divieto, come vivesse sulla luna. Era quindi intervenuta un’ordinanza del prefetto di Napoli per vietare la vendita dei biglietti ai tifosi tedeschi e, di fronte all’ennesimo ricorso del club di Francoforte, il Tar aveva finalmente convenuto che ai “residenti a Francoforte” fosse inibito il Maradona. Meritandosi per questo le parole indignate del presidente del Uefa Ceferin (“Una decisione intollerabile”).
Una sequenza grottesca che dimostra la fragilità del nostro sistema Paese quando incrocia il calcio, in tutte le sue articolazioni. A Piantedosi era già successo, da prefetto di Roma, nel luglio 2021, di genuflettersi a Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci, freschi campioni d’Europa con la nazionale, lasciandoche fossero loro a decidere il via libera a cortei di tifosi nel centro di Roma per festeggiare in piena pandemia la coppa e gli azzurri che l’avevano portata in Italia. Con tanti saluti alle regole sul distanziamento e sulla prevenzione dei contagi.
E lo stesso Piantedosi aveva potuto misurare di cosa sia capace la violenza ultras, quando napoletani e romanisti si erano affrontati in autostrada nel gennaio scorso trasformando un tratto della A1 in un fight club di coltelli, mazze, sassi, bottiglie. Ma l’esperienza, evidentemente, non paga, né aiuta. Nel Paese in cui la presidente del Consiglio Meloni ha solennemente annunciato che il Viminale sarà garante della caccia agli scafisti e ai trafficanti di uomini in “tutto il globo terracqueo” (sic ),il Viminale non è stato in grado di fermare, isolare e, come era necessario ieri, deportare a forza fuori dalla cintura urbana di Napoli 600 (non 6 mila, non 60 mila) violenti.
Arrivati a Napoli non con il favore delle tenebre, non via mare in tempesta e su imbarcazioni non segnalate come a rischio da Frontex, ma con treni e aerei di linea e con la sciarpa dell’Eintracht Francoforte al collo. E non è stato in grado perché quando si maneggia il calcio, alle nostre latitudini, il principio della fermezza, del rispetto inderogabile delle regole, della salvaguardia della tanto invocata libertà a sentirsi sicuri nelle strade, i nostri “protocolli”, conoscono il vecchio adagio della “riduzione del danno”. Della faccia feroce a metà, o a giorni alterni. O, peggio, dello scaricabarile.
Ora il governo si dice intenzionato a chiedere i danni alla Germania, aggiungendo così grottesco a grottesco. E, ne siamo certi, presto scopriremo che la responsabilità politica e tecnica di quanto accaduto ieri non è in capo al ministro dell’Interno, ma a qualche povero funzionario o dirigente di Polizia, mandato a farsi martellare in strada da ultras napoletani e tedeschi, nel tentativo di separarli, quando ormai la catastrofe era compiuta.
Magari qualcuno, vedrete, troverà anche il modo di dire che questo giornale anziché prendersela con gli ultras dell’Eintracht se la prende con un povero ministro dell’Interno che, in effetti, ormai ricorda sempre di più la celebre e geniale gag di Totò e De Filippo: “E che mi frega a me, che sono Pasquale io?”.