La Bce si spacca sui tassi. Visco e Panetta contro

Fabrizio Goria La Stampa 17 marzo 2023
Tassi su dello 0,5%, la linea dura di Lagarde: “Prioritaria la lotta all’inflazione”
Ma il board si spacca: Visco e Panetta tra i quattro a votare contro

 

Ancora linea dura per la Banca centrale europea, che vara il sesto rialzo di fila dei tassi d’interesse, altri 50 punti base. Non fanno paura i crac di Silicon Valley Bank e Signature, così come le tensioni intorno a Credit Suisse. «L’inflazione dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato», spiega Christine Lagarde. E controllare i rincari ha la priorità. «Non scenderemo a compromessi tra la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria», avverte Lagarde. Le banche europee sono solide, dice, senza fornire indicazioni sulle prossime mosse: «Dipenderà dai dati». Netto il dissenso di quattro governatori, ha spiegato, che chiedevano più cautela. Ha prevalso il timore di una perdita di credibilità dopo i ripetuti annunci sulla stretta, ma a maggio sarà possibile un cambio di ritmo. Su quest’onda festeggiano i mercati, con Piazza Affari a +1,38 per cento.

Le turbolenze dell’ultima settimana fanno discutere la Bce ma alla fine non hanno inciso sulla scelta, annunciata, di aumentare il costo del denaro. Da luglio 2022 a oggi fanno 350 punti base di aumenti, con il tasso sui depositi che tocca quota 3%, il massimo dal 2008. La decisione riflette, dice la Bce, «la determinazione ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine». Preoccupano le nuove stime sui prezzi, completate agli inizi di marzo, ovvero prima dei recenti sussulti sui mercati finanziari. «Tali tensioni comportano pertanto ulteriore incertezza», fa notare Lagarde. Ora l’inflazione generale si dovrebbe collocare in media al 5,3% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Allo stesso tempo, però, «le pressioni di fondo sui prezzi restano intense. L’inflazione al netto dei beni energetici e alimentari ha continuato ad aumentare a febbraio» e ci si attende «una media del 4,6% nel 2023, livello più elevato di quello anticipato nelle proiezioni di dicembre». Solo nel 2025 si tornerà intorno al tasso obiettivo del 2 per cento.

A giustificare la decisione, oltre alla persistenza delle fiammate dei prezzi, la robustezza dell’attività economica. Non a caso, dice Lagarde, «le proiezioni per la crescita nel 2023 sono state corrette al rialzo nello scenario di base, collocandosi in media all’1% per effetto sia del calo delle quotazioni energetiche sia della maggiore tenuta dell’economia al difficile contesto internazionale». Lo scenario, tuttavia, resta di difficile lettura. Ed è per questo che alcuni governatori, dall’Italia al Portogallo, hanno chiesto maggiore prudenza e gradualità nelle mosse. Ancora una volta, però, ha vinto il fronte del Nord, con a capo Germania, Paesi Bassi, Austria e Baltici.

Le fibrillazioni degli istituti di credito statunitensi e la pressione sul Credit Suisse hanno tenuto banco nel Consiglio direttivo. Il vice presidente Luis de Guindos ha rassicurato su ambo i fronti. «Le esposizioni delle banche europee nei confronti di Credit Suisse sono limitate e non concentrate», ha sottolineato, aggiungendo che Francoforte «ha tutti gli strumenti per fornire liquidità nel caso servissero». Gli istituti europei, ha ribadito de Guindos, «sono resilienti, hanno coefficienti patrimoniali elevati, robuste riserve di liquidità, esposizione limitata alle banche degli Stati Uniti e di conseguenza la valutazione complessiva è abbastanza chiara». Il monitoraggio sarà su base quotidiana.

I mercati hanno accolto con favore la chiarezza di Lagarde. Sylvain Broyer, capo economista europeo di S&P Global Ratings, valuta in modo positivo la scelta. «Oggi la Bce ha fatto ciò che ci si aspetterebbe da una banca centrale con un mandato di stabilità dei prezzi», afferma. Nessuno calo di credibilità, come invece temuto dalla maggioranza del Board. Nel futuro, l’economista francese vede «prudenti incrementi di 25 punti base». Stessa visione per Goldman Sachs e Morgan Stanley.

Il rovescio della medaglia è che le divergenze nel Board sono aumentate. L’unanimità e la collegialità richieste spesso da Lagarde sono venute meno. Come spiegano più fonti, un piccolo drappello di membri del Consiglio avrebbe domandato una pausa nel caso la Swiss National Bank non fosse intervenuta in soccorso del Credit Suisse con 50 miliardi di franchi. Le colombe invocano inoltre più attenzione verso i contraccolpi sull’economia reale, i falchi resistono. Dal momento che anche De Guindos ha sottolineato come le banche dell’area euro «sono vulnerabili al rialzo dei tassi», è possibile che nella riunione del 3 e 4 maggio lo scontro sia ancora più acceso.

 

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