Pagnoncelli e Noto confermano, il centro di Calenda vale 3,6%, Bonino compresa

Tommaso Rodano  il Fatto Quotidiano 31 luglio 2022
Il mistero Calenda: tutti parlano di lui ma vale solo lo 3,6%

 

In questa breve, ma già bizzarra campagna elettorale, Carlo Calenda è il centro del sistema politico: tutto sembra orbitare attorno a lui. È il più citato sui giornali della borghesia progressista e nei palinsesti televisivi, spopola su twitter, spolpa Forza Italia e si lascia corteggiare dal Pd come una diva impossibile.

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Giornalisti a la carte, l’informazione è in campagna elettorale

 

Marco Travaglio il Fatto Quotidiano 31 luglio 2022
La regola dei 2 errori

 

L’ informazione all’italiana è talmente prevedibile da risultare commovente. Funziona così: si decide in partenza chi sono i buoni e i cattivi (o meglio lo si fa decidere ai padroni), a prescindere da ciò che fanno e dicono; poi si leccano i primi e si lapidano i secondi, qualunque cosa facciano; i buoni possono diventare cattivi e viceversa, secondo la convenienza del momento.

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Speranza: tecnicamente al voto è possibile battere questa destra

 

Monica Guerzoni Corriere della Sera 31 luglio 2022
Speranza: «La destra pericolosa è il nostro avversario.
Dividendo il campo la stiamo favorendo»
Il ministro si rivolge a Pd e M5S: dalla rottura effetti pesanti nei collegi
Il ministro Roberto Speranza si è svegliato con la notizia delle scritte oltraggiose sui muri di un poliambulatorio, nella borgata romana di Centocelle: «Speranza nazista» e «medici provax boia nazisti» con la sigla W iscritta in un cerchio.

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Crippa: nel Movimento non c’è spazio per posizioni diverse dal capo

Emanuele Buzzi Corriere della Sera 31 luglio 2022
Crippa: «Conte ha disfatto il campo largo, dialogo con il Pd e lascio il M5S»

 

L’ex capogruppo alla Camera del Movimento: «È una casa che non riconosco più, non ne capisco le logiche. Candidarmi in area progressista? Sto riflettendo, vediamo che accade»

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Il ministro D’Incà, addio ai 5 stelle, ma fai fatica a capire di che partito è

Matteo Pucciarelli La Repubblica 31 luglio 2022

 

D’Incà: “Addio al Movimento la sera della sfiducia a Draghi.
Ora in campo con i progressisti”

 

Intervista al ministro dei Rapporti con il Parlamento: “I cittadini vogliono stabilità. Nelle urne premieranno chi ha avuto senso di responsabilità”

 
“Non ci ho dormito diverse notti, sono state giornate di grande sofferenza, alla fine mi sono detto: prima del partito viene il bene del Paese”, dice il ministro ai Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. Dopo 12 anni lascia il M5S.
Quando ha maturato la scelta?
“La sera del 20 luglio, dopo il non voto sulla fiducia. Una giornata di confronto tesissimo, dove ho assistito in presa diretta alla fine del governo Draghi. Quando sono rimasto solo nella sala del governo mi sono detto che dovevo lasciare il M5S, quella giornata non poteva rappresentare me e i miei valori. Mi sono confrontato con persone di cui ho fiducia, non volevo fosse una cosa a caldo. Alla fine mi sono sentito un estraneo nel mio stesso gruppo e ho preso la decisione”.

Non c’è una correlazione con il mantenimento del tetto dei due mandati?
“Nessuna, avevo già scelto”.
Ha scritto che nel far cadere Draghi “hanno prevalso altre logiche”. Quali?
“Da una parte una certa inesperienza politica, o ingenuità del M5S. Dall’altra nel centrodestra c’è stato grande cinismo. Ma sono convinto che oggi i cittadini, senza guardare la classica distinzione tra populismo, sovranismo, destra o sinistra, penseranno al senso di responsabilità. A chi lo ha avuto e a chi no. Tutte le persone che ho incontrato in questi giorni sono preoccupate per quel che può succedere a settembre o ottobre, volevano stabilità: parlo di amministratori locali, artigiani, piccola e media impresa. Tutti si domandano perché è caduto il governo e non lo comprendono”.
Ripensando agli ultimi mesi: Conte voleva scientemente arrivare alla caduta del governo?
“Ci sono stati momenti convulsi, di sicuro le persone che gli stavano vicino non gli hanno fatto capire le conseguenze che ci sarebbero state”.

Con Conte avete avuto modo di parlare del suo addio?
“Abbiamo parlato un’ora questa mattina (ieri, ndr). Lo ringrazio per il lavoro fatto nel Conte 2, in un periodo difficilissimo, però le nostre visioni non sono mai state allineate nell’ultima fase. Le mie critiche non l’ho mai nascoste, ho diffuso un documento per spiegare quel che avremmo perso se fosse caduto il governo. C’è rispetto e lealtà tra noi, ma aver innescato questa crisi è stato un errore molto grave”.
Se lei avesse lasciato il M5S prima del voto al Senato, il governo sarebbe durato di più?
“Ho votato la fiducia sul dl aiuti alla Camera, mentre nei mesi precedenti ho sempre cercato il dialogo tra le forze politiche, coinvolgendo anche le opposizioni, per cercare di diminuire le tensioni. Poi tutto è precipitato velocemente”.
Ma quindi aveva ragione Di Maio a fare la scissione, nel tentativo di offrire una copertura alla maggioranza?
“Per me ha sbagliato perché in quella maniera ha portato via dal M5S una buona parte delle persone che volevano dare continuità al governo. Si sono prodotte ulteriori difficoltà al nostro interno, è mancato un equilibrio”.
Si ritiene uno “zombie”, come quelli descritti oggi da Grillo, contagiati dalla vecchia politica?
“Assolutamente no, ho lavorato per tre anni da ministro mettendo in secondo piano le mie necessità, la famiglia, per il bene del mio Paese cercando il dialogo e non l’individualismo, tentando di sminare ogni pericolo possibile nei vari passaggi parlamentari. Lavoro enorme di cui sono orgoglioso”.
Dicono che si candiderà col Pd. È vero?
“Ora sono concentrato sui lavori parlamentari della prossima settimana, l’ultima effettiva per Camera e Senato. Sul decreto aiuti ci sono ancora 14 miliardi stanziati. Abbiamo provvedimenti importanti da approvare, sia in Cdm che nelle capigruppo ho chiesto di poter concludere la legislatura in maniera ordinata, chiudendo più provvedimenti possibili e i decreti legislativi legati alle riforme necessarie per avere i fondi del Pnrr. Poi cercherò di poter comprendere il da farsi parlando con la mia famiglia. Penso occorra aiutare il Paese a non perdere il lavoro fatto, continuando ad avere una visione internazionale, di progresso e diritti civili. E per questo serve un impegno da parte delle persone”.
Lei compreso quindi.
“Ripeto, per non consegnare il Paese alle destre serve l’impegno di tutti, il campo è quello delle forze progressiste”.
La fine del fronte progressista è responsabilità solo del M5S?
“C’è uno spartiacque preciso ed è rappresentato dal mancato voto di fiducia al Senato. Anche in quell’occasione ho fatto di tutto per evitare che ciò avvenisse. Le forze progressiste erano state chiare, l’orizzonte sarebbe stato il voto anticipato e il rischio di consegnare il Paese alle destre. Quindi rispetto a questa vicenda la responsabilità è molto precisa”.
Senza il M5S però la vittoria del centrodestra sembra sicura, pensa che sia tutto irrecuperabile?
“In questo momento vedo molto complicato recuperare il rapporto che avevamo costruito in questi due anni, proprio perché tutto è stato messo in discussione senza un senso preciso e senza un punto di caduta da parte del M5S. Sono convinto che ci sarà una polarizzazione nel voto, tra chi credeva che Draghi dovesse andare avanti e chi ci ha portati al voto. Questo potrebbe cambiare radicalmente i sondaggi che danno per scontata la vittoria del centrodestra”.

Castellina a Fratoianni, ci si allea a sinistra

Giampiero Calapà  il Fatto Quotidiano 30 luglio 2022

 

 Castellina: “Noi con gli ex Fi Brunetta Gelmini? Mi vien da piangere”

 

Noi con Calenda, Brunetta, e Gelmini? Piango”. Luciana Castellina  instancabile voce critica dei progressisti, un’esistenza passata tra mille lotte con il manifesto, il Pci, Rifondazione e Sel, oggi nella Direzione di Sinistra italiana – non si arrende a una situazione che vede la sua parte politica polverizzata e condannata alla sconfitta contro le destre di Meloni, Salvini e Berlusconi.

“La partita non è chiusa, lavoriamo fino all’ultimo minuto per l’alleanza più larga possibile. A sinistra”.

Antonio Padellaro sul Fatto ha definito Letta il Facta della Meloni. Condivide?

Parole un po’ forti, ma sì, Letta si sta prendendo una bella responsabilità in questa direzione.

Eppure il quadro si sta componendo. Sinistra italiana (con i Verdi) sta andando verso un accordo con la coalizione del Pd, con il micropartito di Calenda, forse Renzi, e i transfughi di Forza Italia…

La interrompo: il 60% degli italiani non va a votare. Queste vicende appaiono lontane rispetto a ragioni e aspettative del popolo. Siamo immersi in un dibattito del tutto estraneo ai giovani. Sono reduce dagli incontri di Torino di Fridays For Future: quei ragazzi fanno politica. Ma non sono in-teressati a questo dibattito politico. Trovo questo di tale gravità che tutto il resto è secondario. E un cancro europeo: celebriamo Mélenchon, ma in Francia l’astensione è arrivata al 52%. E veniamo alle dolenti note: le alleanze. Il Rosatellum impedisce di esprimere davvero liberamente la propria opinione, come sarebbe garantito da una legge elettorale proporzionale.

Che fare?

Siamo in un vicolo molto stretto. Noi, tutta Sinistra italiana, era ed è per il campo più largo possibile perché contro l’ipotesi di un governo fascista bisogna unirsi tutti insieme. Attenzione, con un progetto antifascista non solo sulla carta: oggi il 25 aprile è affrontare la questione sociale. E non puoi farlo se restringi il campo delle alleanze a Calenda, Brunetta e Gelmini. Non prendiamoci in giro.

Cosa propone?

L’ideale è collocare Si e Verdi in coalizione con Pd, M5S e l’Unione popolare di De Magistris, Prc e Potere al popolo. Altrimenti è un pasticcio: davvero Letta pensa di portare quei giovani di Fridnys For Future a votare Calenda che parla di nucleare? A votare Gelmini che da ministro ha operato i tagli lineari all’istruzione pubblica?

 In assenza del Pd, crede che Sinistra italiana e Verdi dovrebbero stringere comunque l’alleanza con il Movimento 5 stelle di Conte e l’Unione popolare di Luigi De Magistris?

Sì, spero che si possa fare, allargando il discorso anche a società civile, liste civiche e movimenti. Vorrei, però, che si facesse di tutto per convincere ancora anche il Partito democratico, perché per ragioni storiche un pezzo di quell’elettorato inevitabilmente rappresenta la mia storia. E non possiamo dimenticarcelo.

Eppure i giochi sembrano fatti. O no?

Per quanto riguarda Sinistra italiana affatto. Vanno ancora fissate Direzione e Assemblea nazionale. Caro segretario Fratoianni, direi, so che stai facendo di tutto per allargare l’alleanza a sinistra, non ci possiamo arrendere. Bisogna dare risposte alla domanda di un pezzo di società che non arriva a fine mese e alle aspettative dei giovani. No, la partita alleanze non è chiusa.

E se, invece, così non fosse?

Mi metto a piangere. Non sono la segretaria. Sarò rispettosa. Ma piango.

Grillo decide sul terzo mandato. Ma il movimento resta in autoanalisi

Lorenzo Giarelli  il Fatto Quotidiano 30 luglio 2022
Terzo mandato, zero deroghe: via Fico Taverna e gli altri big

 

Passa la linea Grillo. Nessuna deroga. Chi ha completato due mandati coi 5 Stelle in Parlamento, in Europa o nelle Regioni non potrà più candidarsi col Movimento. Almeno in Parlamento, perché altrove si vedrà (forse).

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L’urlo di Santoro, non c’è uno a sinistra che provi a riempire il vuoto di sinistra

Stefano Cappellini La Repubblica 30 luglio 2022
Santoro: “Ho deciso, fondo il partito che non c’è e mi alleo con Conte. Il Pd non è più a sinistra”
Intervista al giornalista televisivo: “Qualunque cosa succeda il 25 settembre, io dal giorno dopo andrò avanti comunque”

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