Anna Maria Merlo il Manifesto 18 marzo 2023
Macron in crisi dopo il colpo di mano sulle pensioni
Due incognite sul futuro del presidente: le scelte della destra di Lr, la forza delle piazze. Contro il governo due mozioni di sfiducia. Il partito Lr ago della bilancia
Dopo essere stata privata del voto sulla riforma delle pensioni giovedì, a causa dell’imposizione dell’articolo 49.3 da parte del governo, lunedì 20 marzo l’Assemblée nationale si esprime sulle due mozioni di censura (sfiducia) presentate ieri. Una dal gruppo Rassemblement national, contro una riforma «ingiusta, inutile, iniqua», che non ha nessuna possibilità di passare. E una seconda redatta dal gruppo centrista indipendente Liot (Libertà e territori) e firmata anche da deputati dei 4 partiti della Nupes (France Insoumise, Ps, Pcf, e Verdi). Una mozione «transpartitica» contro un «progetto di riforma delle pensioni che non ha né legittimità sociale, né legittimità popolare, né legittimità democratica», contro un 49.3 considerato «l’apogeo della negazione della democrazia, inaccettabile nella costanza e nel disprezzo delle istituzioni e del corpo sociale».
L’ESITO È INCERTO, anche se un risultato positivo sarà difficile: perché passi è necessario il voto di metà dei deputati (287), il Rassemblement national si unirà al voto della sinistra e di Liot, ma sono gli esponenti di Lr (destra classica) ad avere le carte in mano, la metà circa dei 61 seggi dovrebbe sfiduciare il governo. Scelta difficile, equivalente a un suicidio politico per Lr, che sarebbe annientato dalla spaccatura. Ma ormai Lr è a pezzi: ieri, Rachida Dati, figura importante della destra, ex ministra di Sarkozy e sindaca del VII arrondissement, dopo che i deputati républicains hanno negato a Borne la maggioranza giovedì, ha proposto a Emmanuel Macron un «accordo di governo» perché la «destra ha una responsabilità politica per evitare il disordine», che «è nel nostro Dna».
UN ACCORDO che la prima ministra, Elisabeth Borne, non è riuscita a concretizzare finora, malgrado la teorizzazione di intese a geometria variabile, a seconda dei temi, per far passare le leggi in un parlamento frammentato e conflittuale per un governo che può contare solo su una maggioranza relativa. La Francia vive in queste ore una crisi politica che mette in luce tutte le debolezze del sistema presidenziale della V Repubblica. La sinistra prepara un ricorso al Consiglio costituzionale contro il testo di legge di riforma e la raccolta delle firme per indire un Rip (referendum di iniziativa condivisa, un quinto dei parlamentari e un decimo degli elettori, istituito nel 2008 ma finora mai utilizzato).
SE LA SFIDUCIA non passa lunedì, Borne, benché bruciata, potrebbe conservare il posto di prima ministra per un po’, per mancanza di candidature alternative. Macron, indebolito e isolato, sta valutando una possibile controffensiva, per non passare i prossimi 4 anni all’Eliseo nel ruolo di «re pelandrone» in Francia, utile solo per inaugurare le corone di crisantemi, castrato in Europa e sulla scena internazionale. Nel futuro, le riforme, che dovevano essere il segno distintivo di Macron risulteranno impossibili, la Francia sarà bloccata, in crisi istituzionale profonda. Per questo sul tavolo c’è anche la possibilità di elezioni anticipate, un gioco d’azzardo per il partito Renaissance, altamente impopolare per le pensioni, che però potrebbe approfittare del declino di Lr, visto che ormai il partito del presidente si è spostato chiaramente a destra.
INTANTO LE PIAZZE FRANCESI ribollono, esprimendo indignazione per la «negazione di democrazia» della vigilia, con il ricorso del governo all’articolo 49.3 che ha permesso di imporre una riforma delle pensioni che alza l’età da 62 a 64 anni, senza passare per un voto dei deputati. Ieri alle 18 sono state convocate molte manifestazioni spontanee, mentre gli scioperi continuano in vari settori: la raccolta dell’immondizia è bloccata, 10mila tonnellate sono nelle strade di Parigi, anche se il ministro degli Interni assicura che ci saranno prescrizioni di lavoratori e un deposito è stato riaperto con la forza dalla polizia in Val de Marne; i ferrovieri della gare de Lyon hanno votato il proseguimento dello sciopero «almeno fino a lunedì»; ci sono delle raffinerie che non lasciano uscire il carburante. Proteste anche in alcune università e nei licei, con motivazioni che vanno ben al di là delle pensioni.
NELLA SCUOLA il principale sindacato degli insegnanti del secondario minaccia lo sciopero la prossima settimana, quando devono svolgersi le prove anticipate della maturità per le specialità, 500mila liceali coinvolti. Il week-end sarà di mobilitazione, in attesa della nona giornata di cortei e scioperi organizzata dai sindacati per giovedì 23. «Per spegnere la rabbia sociale bisogna ritirare la riforma o non promulgarla» ha ripetuto ieri il segretario della Cfdt, Laurent Berger (nel 2006 il Cpe, contratto di primo impiego, fu votato ma non promulgato per le persistenti manifestazioni degli studenti).