La meta-realtà dell’economicismo che non capisce le guerre

Scenari Domani di Dario Fabbri 31 marzo
Via le mani dagli occhi
In Europa occidentale viviamo in una dimensione post-storica. Da decenni ci raccontiamo una metarealtà.

Sicuri sia l’economia a muovere le collettività, l’utilitarismo a determinare la traiettoria dei popoli. «Segui gli interessi pecuniari», recita il principale adagio del nostro tempo. leggi tutto

I gasdotti russi e quelli libici, guerra e dipendenze energetiche

il Manifesto Alberto Negri 31/03/2022
La mossa russa apre l’epoca della nostra sopravvivenza

LA BATTAGLIA DEL GAS.

Si interrompe la fornitura del gasdotto Yamal (uno dei tre diretti in Europa), con un’allerta preventivo di Germania e Austria e il Cremlino che ha dilazionato, per ora, i pagamenti delle sue materie prime in rubli

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Le parole di Biden: sono lo scenario europeo del dopo Merkel

il Manifesto Tommaso Di Francesco 29/3/2022
Guerra ucraina, Joe Biden e le parole per dirlo
Dalla dichiarazione del presidente Usa, due scelte occidentali contrapposte: con Putin non si tratta fino al suo crollo; con Putin, si deve negoziare per fermare la guerra in Europa

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Mille anni di divisione e cento di ecumenismo inconcludente delle 2 chiese

Alberto Melloni La Republica 23/3/2022
IL Papa e le due Europe

 

Ha parlato con Putin tramite l’ambasciatore russo a Roma; ha avuto un aspro scambio con Kyrill; ha telefonato a Zelensky, che forse spera in una processione di capi di Stato che salvi Kiev da altre devastazioni.

 

Ora che la terza guerra mondiale a capitoli rischia di trovare il suo rilegatore Francesco si è mosso. Non come apice della diplomazia pontificia né come autorità riconosciuta dalla chiesa greco-cattolica, a lui fedele da oltre quattro secoli e maggioritaria nell’Ucraina oggi ancora libera. Primo papa che non ha vissuto la guerra mondiale, primo a condannare il possesso delle armi atomiche in barba ai dogmi della deterrenza — Francesco ha agito così perché pensa che la pace verrà saltando le mediazioni e/o esponendosi in prima persona. Ma questo ha davanti una “realtà” (si direbbe in bergogliano): posta là dove si scontrano da dieci secoli due Europe, due confessioni, due orologi. L’Europa dei latini e l’Europa degli slavi, con i loro alfabeti ingannevolmente apparentati, hanno geografie esteriori ed interiori diverse. Se nelle mappe dove gli occhi romano-barbarici vedono terre, gli eredi dei variaghi e dei bizantini vedono una rete di fiumi, lo stesso accade quando alzano lo sguardo al Cielo. Da un lato il cristianesimo latino (cattolico o protestante, non cambia) connotato dalla sua irredimibile pesantezza istituzionale; dall’altro l’ortodossia col suo lento contemplare il culto angelico.

E di conseguenza due concezioni del tempo, accomunate solo dal pensarsi nel “dopo Cristo”. In Occidente, tanto più dove hanno attecchito le mitologie nazi-fasciste, il solo orologio funzionante è quello del breve periodo; il cigolio della memoria promette invano i suoi “mai più” all’Occidente del progresso, e lo sguardo dell’angelus novus della visione di Benjamin, viene trascinato via per le ali da un vento di tempesta che accumula ai suoi piedi macerie mute. Ad est il potere, la cultura, la fede, misurano in millenni coi rintocchi lenti suonati da una sola campana.

Il passato è un corpo incorruttibile ed icone immobili: tutto resta. E nel ripetersi lento delle polifonie e delle metanìe scorre l’invisibile: e dice che il vero non è erudizione, ma attesa che il dettaglio di ciò che sembra sempre uguale parli del passato al futuro, e viceversa. Dunque i mille e trentaquattro anni che ci separano dal battesimo del principe e della Rus’nello Dniepr sono un riferimento decisivo per chi vuol parlare a e con quei popoli oggi. Zelensky, che parlando all’Italia invoca Kiev come culla di una fede venuta da Bisanzio alla Roma dove resero la testimonianza Pietro e Paolo, fa dunque una operazione “spirituale”, ma non meno precisa, anche se meno irritante per un palato occidentale, di quella del patriarca Kyrill. Crede di parlare ad una “nazione cattolica”, citando riferimenti valoriali poco seguiti; e chiede l’aiuto del cattolicesimo (che fa coincidere con l’Italia) per sottrarre a Mosca quel titolo mistico — “la terza Roma” — che non piacque a tutti gli zar e a nessuno dei patriarchi ecumenici, ma che nell’isolarsi dell’ortodossia russa è ritornato dal 1509, nuovo di zecca.

Là dove tutti i cristiani hanno ucciso altri cristiani (e tutti perseguitato gli ebrei) arruolare le chiese non è scandaloso, né per l’aggredito né per l’aggressore: il problema è riuscirci. L’obiettivo non è stato pienamente raggiunto in Russia, dove una parte del clero ha reagito all’allineamento del patriarca al Cremlino. Obiettivo plausibile per Zelensky: egli ha dalla sua la chiesa ortodossa autocefala nel 2018, e ora anche quella d’obbedienza moscovita del metropolita Onoufrij, sdegnata dalla mancata condanna del fratricidio da parte di Kyrill; e ha dalla sua parte i greco-cattolici usciti dalla clandestinità persecutoria solo nel 1990, la cui autorità però è nella prima Roma.

A noi sembrerà un riferimento lontano: ma Zelensky, che in ogni parlamento cerca di trovare il tempo retorico più ficcante, parla alle camere italiane per parlare al papa e ripetere l’operazione con cui Izjaslav si fece riconoscere da Gregorio VII il regno che aveva riconquistato ai polacchi, nel 1075. Il papa si farà coinvolgere? Andrà a Kiev, nella passerella blindata dei capi di Stato? Potrebbe e se lo farà commuoverà il mondo. Ma questo non sposterà l’esigenza di un gesto di penitenza con cui le chiese assumano il peso dei mille anni di divisione e dei cento di ecumenismo inconcludente. Una penitenza dei capi delle chiese, senza capi di Stato, a Bari da san Nicola o a Gerusalemme, ai piedi del Calvario, per chiedere il miracolo di vedere nella poca fede e nella poca unità cristiana l’origine di questo orrore. In alternativa  c’è la libera uscita per le parole più sagge e per quelle più vane, in attesa che un trattato fermi un orrore che ne ricorda tanti e ne promette di nuovi.

Dopo il servilismo filo-atlantico, come gestiremo le macerie che resteranno?

il Manifesto Piero Bevilacqua 23.03.2022

 

L’infantilismo bellicista del nostro ceto politico
Crisi Ucraina. Dopo la guerra vedremo quel che già vedono gli italiani: un paese più povero, ferito dal Covid, da fallimenti di imprese, negozi, dall’inflazione e dagli effetti delle sanzioni

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La crisi del grano nasce ben prima della guerra

https://www.agricultura.it/ di Enrica Ruggeri -18 Marzo 2022

 

Crisi delle materie prime agricole, prezzi in alto, conseguenze in evoluzione

 
Tra rincari dell’energia e delle materie prime agricole mai toccati prima e incognite sull’approvvigionamento nel prossimo futuro, la guerra scatenata da Putin sta arrecando un colpo durissimo alle aziende agricole e alimentari italiane e dell’intera Ue, mettendo a rischio la tenuta di interi comparti. leggi tutto

Il fascino delle armi degli editorialisti “migliori”

Il Riformista Michele Prospero — 18 Marzo 2022
Dilaga la nuova dottrina: il Mielitarismo
Che cosa è il Mielitarismo, la nuova dottrina del giornalismo italiano

 

Nel dibattito pubblico italiano si addensa sempre più la nebbia deformante di una bolla ideologica. La situazione effettiva del conflitto è trasparente. leggi tutto