Così Giorgia Meloni ed Elly Schlein si parlano

Francesco Verderami Corriere della Sera 18 marzo 2023
Così Giorgia Meloni ed Elly Schlein si parlano. La battaglia «comune» sulle Europee
Gli scambi di messaggi tra le due rivali che puntano a polarizzare il dibattito politico

 

Così Giorgia Meloni ed Elly Schlein si parlano. La battaglia «comune» sulle Europee
Meloni e Schlein sono una coppia (politica) di fatto. Sono alleate ma senza il desiderio dell’inciucio. Dalla loro intesa la premier e la segretaria del Pd mirano ad ottenere reciproco giovamento. Infatti si parlano. Il canale è diretto e non filtrato, come si addice a donne diffidenti per carattere. E siccome lavorano a un disegno comune (forse) non hanno avuto nemmeno il bisogno di dirselo, tanto è chiaro.

Giorgia ed Elly stanno polarizzando il dibattito da avversarie per non lasciare spazio ai rispettivi alleati. Cannibalizzano la scena per fidelizzare gli elettorati già schierati, drenare consenso dai partiti limitrofi e recuperare voti dal bacino dell’astensione. Per usare un concetto ormai in disuso, si legittimano a vicenda per asfissiare le altre forze, in modo da aprire un ciclo, ognuna nel proprio campo. E i sondaggi segnalano che l’operazione sta avendo effetto.

L’obiettivo sono le Europee dell’anno prossimo, dove Meloni conta di cambiare gli equilibri di maggioranza a Bruxelles con un accordo tra Conservatori e Popolari, e dove Schlein ambisce a un risultato che faccia del Pd la prima forza del gruppo Socialista a Strasburgo. Di quei messaggi che si susseguono da quando Giorgia si è complimentata con Elly per la conquista del Nazareno, non si sarebbe saputo nulla se la leader democratica non l’avesse fatto involontariamente capire ad un compagno di partito durante una riunione. Da allora è tutto un pissi-pissi anche a Palazzo Chigi, al punto che alcuni ministri — venuti a sapere della cosa — non sono rimasti sorpresi: «In fondo è quanto Meloni aveva già tentato insieme a Enrico Letta, solo che allora nell’altro campo non si sono realizzate le condizioni».

Schlein si è data da fare per raccogliere il testimone. E con largo anticipo. Al comizio di chiusura della campagna elettorale del Pd, fece il verso alla premier e al suo famoso «sono una donna, sono una madre, sono cristiana»: «Sono una donna, amo un’altra donna, non sono una madre ma non per questo sono meno donna». Lì si candidò alle primarie, tappa iniziale di una competizione-collaborazione che l’altro giorno è approdata in Parlamento con il question time, durante il quale Giorgia ed Elly hanno mediaticamente riproposto il vecchio schema bipolare. È «l’attrazione fatale — come scrive Gaetano Quagliariello sulla Gazzetta del Mezzogiorno — creatasi tra due giovani leader diversamente carismatiche» e che «in quel diverbio hanno dato voce e volto al mutamento di un paradigma classico»: il ruolo dei «partiti pivot», che un tempo era affidato alle forze più centriste, ora è nelle mani delle forze «più a destra e più a sinistra».

Infatti Schlein ha puntato sul salario minimo, strappando al Movimento Cinquestelle la bandiera che i grillini avevano sottratto al Pd. Il travaglio quotidiano di Giuseppe Conte rende visibile una preoccupazione maturata circa un mese fa, durante le primarie democratiche. Raccontano che l’ex premier abbia chiamato Francesco Boccia, suo ministro nel governo giallorosso e sostenitore di Schlein: «Allora, come va?». «Benissimo, vedrai che vinceremo». «Sarei davvero contento se succedesse». «Ma quale contento, Giuseppe…».

Giorgia ed Elly sono l’una l’opposto dell’altra, anche se hanno una caratteristica che le accomuna: sotto pressione attaccano a fumare. Certo sulla scrivania di Schlein non si troveranno simboli che richiamano alle sue origini religiose. Mentre Meloni da anni si porta appresso una foto di Karol Wojtyla, da quando — per una questione personale — rimase colpita da quella che per un laico è una coincidenza e per un credente un segno.

Non è vero che nessuno le ha viste arrivare. Nel centrodestra Matteo Salvini si era accorto di Giorgia, ma si è mosso in ritardo. Nel Pd Dario Franceschini si era accorto di Elly e si è mosso in anticipo appoggiandone la candidatura a segretaria. «Scopro adesso che nel partito tutti volevano Schlein», ha ironizzato l’ex ministro della Cultura, durante un colloquio con un compagno dem. «Ora vediamo che succede», si è sentito rispondere: «Certo, almeno fino alle Europee dura».

A fronte della gaffe, più o meno involontaria, Franceschini ha pronosticato un buon risultato nel 2024: «Vedrai, sarà un percorso positivo, alle elezioni faremo bene. E poi sbaglieremo…». Spiazzante, lo Zarathustra del Pd è parso voler esorcizzare l’eventualità e allo stesso tempo mettere in guardia il partito dall’errore di pensare che — dopo un buon risultato — tutto sarebbe già fatto e la strada verso Palazzo Chigi sarebbe in discesa: «Invece sarà lunga fino al 2027, perché Meloni durerà. Serve attrezzarsi». Giorgia ed Elly lo stanno facendo: preparano (insieme) la sfida.

 

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