Tommaso Ciriaco La Repubblica 17 marzo 2023
Ponte sullo Stretto Meloni prende tempo. La lente del Colle
Il decreto con il ritorno al progetto del 2012 approvato “salvo intese”. La società affidataria ha molti contenziosi e manca un nuovo bando
Un ponte “salvo intese”. Quando a sera trapela che il decreto che dovrebbe permettere la costruzione dell’opera sullo Stretto è stato approvato con la formula che certifica l’assenza di un accordo definitivo, l’opposizione si scatena: «Il progetto immaginario», lo boccia il dem Peppe Provenzano.
La verità è che il via libera di ieri è voluto da Matteo Salvini per bilanciare la riforma fiscale targata Fratelli d’Italia. È lo scalpo preteso dal vicepremier, senza avere ancora in mano la soluzione ai problemi tecnici e giuridici che affliggono l’operazione. Perché gli scogli, lo ammettono in molti a sera nell’esecutivo, sono ancora pesanti e rischiano di esporre l’Italia con la Commissione europea.
È la ragione per cui i ministri si dividono, nel chiuso della riunione di Palazzo Chigi. Così tanto da spingere Giorgia Meloni non solo a sottrarsi a un’eventuale conferenza stampa (opzione già scartata da un paio di giorni), ma a bloccare anche quella del suo vicepremier leghista. E d’altra parte, secondo fonti parlamentari la formulazione del provvedimento avrebbe suscitato perplessità anche al Colle.
La società favorita
Fin dal pre-consiglio dei ministri di mercoledì pomeriggio si capisce che le cose non filano nel verso giusto. Dalla compagine di governo di Fratelli d’Italia arriva un richiesta di approfondimento, frutto secondo le stesse fonti anche dell’interlocuzione informale con i vertici istituzionali.
Tutto ruota attorno alla società Stretto di Messina Spa, a cui verrebbe affidata la realizzazione del progetto. La ragione è sostanzialmente questa: bisogna definire al meglio la formula giuridica con cui riportare in vita il contratto, visto che la società è in liquidazione da più di dieci anni. Non è un dettaglio, se si considera l’enorme investimento previsto.
La società è la stessa a cui venne affidato la realizzazione del Ponte, prima che il governo di Mario Monti bloccasse il percorso. Quella che per reazione attivò una serie di contenziosi, a cui dovrà rinunciare per arrivare a mettere davvero la prima pietra.
Il ministero dell’Economia
Dovrà partecipare anche lo Stato (oltre a Regioni, Anas, Rfi). Il ruolo centrale è riservato al ministero dell’Economia, che avrà il 51% ed eserciterà i diritti insieme al ministero delle Infrastrutture, con funzioni di indirizzo e controllo sulla società.
A questi problemi si somma anche quello della concorrenza: la Ponte sullo Stretto Spa fu individuata attraverso una gara, adesso è possibile ripartire senza esporsi al rischio di violare le regole del mercato, visto che non sono previsti nuovi bandi?
Per queste ragioni, è Meloni — supportata da Alfredo Mantovano — a rallentare la corsa salviniana. Alla fine del Consiglio dei ministri, la premier non spende una parola sul Ponte, concentrandosi sul fisco. E non permette a nessun ministro di scendere in conferenza stampa a spiegare la situazione. La reazione di Salvini è una pioggia di video con cui intestarsi l’approvazione salvo intese del decreto.
Al congresso Cgil
Evitare le domande, in realtà, serve alla presidente del Consiglio anche ad abbassare la tensione con i sindacati sul fisco. Anche perché Meloni è attesa oggi a Rimini, al congresso della Cgil. Maurizio Landini ha fatto giungere all’esecutivo alcune rassicurazioni informali: il trattamento sarà rispettoso, anche se certo non caloroso.
Non tutto, però, può essere controllato. Non i fischi, eventualmente. Non l’ipotesi che i delegati della mozione di minoranza escano platealmente dalla sala dell’assise. E neanche che, come ipotizzato in alcune riunioni della vigilia, qualcuno dei presenti possa lanciare simbolicamente peluche verso la premier. Come già accaduto a Cutro, nel giorno del consiglio dei ministri calabrese. Per ricordare il naufragio che nessuno è riuscito a evitare.