Meloni, “la ricchezza non la create voi”, quindi fisco per i ricchi

Lucia Annunziata La Stampa 18 marzo 2023
Meloni, la porta in faccia al sindacato e quella difesa reaganiana della flat tax
Dal fisco al salario minimo, la premier ha dimostrato l’invalicabile distanza tra governo e forze sociali

Tutto era pronto perché il/la presidente del Consiglio arrivasse al Palasport di Rimini, secondo i dettami della massima sicurezza: ingresso laterale, uomini disposti in punti chiave per protezione, il padrone di casa Landini in attesa all’ingresso B, per proteggerla non solo da rischi ma anche da folla, trambusto e curiosità. Ma quando apprende che si tratta dell’entrata laterale Giorgia Meloni chiede di passare dall’ingresso principale dove sa che era schierata la protesta dei peluche.

Landini rifà l’accoglienza, e lei, tanto per essere chiari dice ai giornalisti «Non so che accoglienza aspettarmi in ogni caso penso che sia giusto esserci». È il primo manto di cui si veste il/la premier, il Gladiatore. Nella performance riminese, un atto ad altissimo profilo di attenzione pubblica e riferimenti simbolici, la presidente del Consiglio avrà modo di sfoggiare tutte le figure retoriche di cui è composto il suo vocabolario politico. E usa, dettaglio importante, proprio il termine “giusto” per spiegare la sua decisione di entrate alla porta principale, a sottolineare la scelta “etica” sottesa a tutte le scelte sue e del governo.

Quella che sale sul palco pochi minuti dopo un intervento di introduzione (su cui ritorneremo fra poco) del padrone di casa, ha già cambiato abito: sguardo serio, attende che finisca la contestazione di una parte della sala (24 delegati su un totale di 986), e diventa la militante di decenni passati nelle strade «Vengo fischiata da trent’anni. .. Non mi spaventano i fischi… Sono cavaliere al merito in questa materia…».

Poi inizia finalmente a parlare, e dopo un richiamo a quanto sia importante confrontarsi «senza pregiudizi», consegna alla Cgil il suo no a tutti i programmi del sindacato. Contrapponendogli il programma di governo, che ruota, in sintesi, intorno a un solo pivot, così sintetizzato: «La ricchezza la creano le aziende con i lavoratori: quello che compete allo Stato è immaginare regole giuste e pensare alla distribuzione della ricchezza». Visione spesso declinata anche da vari ministri in questa prima fase con quel «lasciare mano libera a chi vuol fare». Mano libera da cosa? Quali sono questi stimoli per produrre ricchezza? Semplice: la riforma del fisco.

Questo è il punto infatti su cui più a lungo si sofferma la Premier, la delega fiscale, varata due giorni fa dal Consiglio dei ministri, «come leva per rilanciare l’economia», e che, lamenta, «alcuni hanno frettolosamente bocciato». La Cgil fra questi, si intende. È una girandola di «riduzione progressiva delle aliquote Irpef», «introduzione anche per i lavoratori dipendenti di una tassa piatta», flat tax «anche per i lavoratori dipendenti» (anche se per i dipendenti si tratta della quota tassa sugli incrementi di salario). Sullo sfondo «la pace fiscale», rottamazione delle cartelle non pagate, e «un rapporto diverso tra fisco e contribuente, per dare maggiori garanzie contro uno Stato che a volte è sembrato vessatorio», anche se questo «non significa tollerare l’evasione fiscale, come qualcuno ha detto, perché la lotta all’evasione c’è». Nessuna prova di questa lotta viene portata.

No assoluto invece al salario minimo, e al reddito di cittadinanza che «ha fallito» il suo obiettivo. Entrambe misure bocciate in questo quadro, come di pura immobilità sociale. Insomma, si tratta della rivisitazione della vecchia idea della destra, già applicata da Ronald Reagan negli Stati Uniti, per cui la riduzione delle tasse rilancia l’economia e la ricchezza «sgocciola» nelle tasche di tutto il resto della popolazione (una sorta di trickle-down theory).

Un solo punto di accordo dice di trovare con Landini, ed è quando il capo della Cgil «dice che in passato c’è stata una assenza di chiare scelte». «Una mancanza di visione che inevitabilmente ha frenato la nostra crescita economica e ha reso l’Italia troppo dipendente dall’estero in molti settori strategici». Ma, rassicura, «Stiamo cercando di invertire questa rotta», dice. E qui ritorna il mantello degli «unici nella storia», il mondo di FdI venuto in soccorso agli ultimi, la classe politica cui tocca prendersi sulle spalle tutti i mali del mondo lasciati dagli altri politici.

Lasciamo indietro gli altri temi toccati – il presidenzialismo, e, anche, l’accenno all’assalto alla sede della Cgil dalla presidente attribuita a «forze di estrema destra», senza far una piega. Nell’insieme: una porta in faccia.

Non pervenuto, per ora, il pensiero di Maurizio Landini, che solo un paio di ore prima aveva concluso il dibattito con i leader della sinistra urlando «la dico dritta: in Italia le tasse le pagano solo i dipendenti e i pensionati. Mi sono rotto le scatole di dover pagare le tasse di chi non le paga». Ottenendo il più lungo ed entusiasta applauso di questo congresso.

Non pervenuto ancora nemmeno la sua valutazione sui risultati di un invito su cui si è messo in gioco, contro le critiche di chi diceva «non si fa», e gli sbuffi di molti mandarini del sindacato. Quali conseguenze trarrà Landini da questa porta in faccia, lo sapremo presto, probabilmente oggi stesso nelle conclusioni del Congresso.

Ma, se vogliamo recuperare un filo di ottimismo, possiamo almeno dire che un intervento del genere ha fatto chiarezza. Se bisogno c’era di misurare la invalicabile distanza fra questo governo e alcune importanti forze sociali come il sindacato, da ieri sappiamo di aver toccato un punto di non ritorno. Questa distanza rivelatasi non colmabile, ha fornito un’utile e semplice guida per capire l’identikit del progetto di Chigi – e qui troviamo alla fine il manto della destra indossato da Giorgia: mosse di facciata, straripanti parole sulla «nuova posizione internazionale dell’Italia», movimentismo mediatico coniugato all’assoluto diniego di fornire risposte. Sulle responsabilità di decisioni economiche, come di spiegazioni sulla meccanica di un naufragio.

La sua uscita dalla sala è stata accompagnata non da fischi ma da assoluto silenzio. Il più educato (onore alla sala) messaggio di disapprovazione.

 

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