Antonio Fraschilla La Repubblica 19 marzo 2023
Il grande bluff di Salvini sullo Stretto soldi per le poltrone, non per il ponte
Il decreto produrrà il ritorno in vita con dote dell’eterno carrozzone di Stato. A parte i 50 milioni, nella legge non c’è traccia dei 10 miliardi necessari al progetto
«Stupiremo il mondo», si legge in apertura del sito del ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini. «Realizzeremo la grande opera, il Ponte sullo Stretto », continua il non proprio sobrio comunicato apparso ieri e tradotto anche in inglese. Il tutto dopo l’approvazione di un decreto legge che di sicuro produrrà una cosa concreta: il ritorno in vita dell’eterno carrozzone di Stato, la società Stretto di Messina con una dote finanziaria per il solo 2023 di 50 milioni di euro. Con tanto di nuovo consiglio di amministrazione, assunzioni (al momento in comando da Anas e Ferrovie ma non è escluso anche dall’esterno), la costituzione di comitati di esperti e la nomina di consulenti.
Mentre, a leggere bene il decreto, mancano alcune “cosette”: non c’è la copertura finanziaria dell’opera che dovrebbe essere tutta a carico dello Stato e non si capisce quale deve essere l’iter per nuove autorizzazioni ambientali in base alla normativa attualmente vigente.
Altro che «cantieri aperti entro il 2024», come annunciato da Salvini, che in concreto invece ha rimesso in piedi la mitologica società Stretto di Messina: una Spa nata nel 1981 e che ha speso in questi quarant’anni 300 milioni per non avere nemmeno l’ombra di un pilone piazzato per la «grande opera».
Una Spa messa in liquidazione nel 2013 dal governo Monti e da allora è stata il regno incontrastato del liquidatore Vincenzo Fortunato: un burocrate al vertice di ministeri in diversi governi, soprattutto in quelli a trazione berlusconiana, e che ha ancora oggi ottime relazioni dentro le stanze che contano. Il capo di gabinetto del ministro Salvini, Alfredo Storto, è considerato un suo allievo. Nella nuova Spa ci sarà un cda con cinque posti e per l’amministratore delegato è prevista una deroga al tetto di 240 mila euro per il compenso. In molti, dentro il ministero, scommettono che un ruolo lo avrà Fortunato o un suo “allievo”.
Piazzato il nuovo cda, poi sono previste assunzioni. Al momento tutte in “comando” da Rfi e Anas fino a un «contingente di cento unità ». Anche qui già si dice al ministero che, considerando la penuria di personale di Anas e Rfi, alla fine si ricorrerà ad assunzioni esterne. La bozza del decreto prevede anche la creazione, nella rinata Spa, di un comitato scientifico di nove componenti. «In arrivo insomma l’ennesimo poltronificio — dice Angelo Bonelli di Alleanza verdi e sinistra — per non parlare della deroga al tetto degli stipendi, uno scandalo. Il Sud ha bisogno di altre priorità».
Per tutte queste spese, comprese quella di revisione del progetto, il ministero dell’Economia garantirà una dote di 50 milioni solo per l’anno in corso. E a proposito di progetto del Ponte sta qui il vero bluff di Salvini, che si gioca però una partita politica e di relazioni industriali al Nord di non poco conto. Il decreto rimette in campo il vecchio progetto a campata unica del consorzio Eurolink guidato dalla ex Impregilo, oggi Webuild, di Pietro Salini.
La società all’indomani dello stop deciso dal governo Monti ha avviato un contenzioso da 700 milioni avendo vinto la gara indetta nel 2005 dal governo Berlusconi e conclusasi nel 2011. Con un progetto quindi già vecchio di tredici anni e messo in piedi rispettando norme in materia di sicurezza e ambiente del 2008: cioè di quindici anni fa.
La relazione dell’ex ministro Enrico Giovannini, con il governo Conte II che pensava di fare anche un tunnel sotto lo Stretto (a proposito dell’eterna propaganda in materia) ha messo nero su bianco come il progetto Eurolink non sia più adeguato nonostante parta da una base di costo da 8,8 miliardi di euro. Si legge nella relazione: «Con riferimento al progetto definitivodel 2011, questo è stato redatto secondo le norme tecniche del 2008, e pertanto sarà opportuno prevedere una verifica, in considerazione dei cambiamenti intervenuti, ad esempio nella progettazione sismica».
Il decreto Salvini liquida questi aggiornamenti in poche righe chiedendo alla Eurolink di presentare entro pochi mesi un piano di aggiornamento. Ma davvero si può rifare da capo un progetto del valore a oggi stimato di almeno 10 miliardi senza alcuna gara? E c’è di più. L’Unione europea fissa un altro paletto: per avviare i cantieri, con fondi europei, l’opera deve essere finanziata nella sua interezza. Ma nel decreto Salvini non c’è traccia dei 10 miliardi di euro necessari. Insomma, non c’è un progetto attuale e mancano i soldi. Ma intanto si scrive in inglese che «l’Italia stupirà il mondo».