Tutti sapevano dei rischi, eppure c’è stata una catena di errori

Conchita Sannino La Repubblica 16 marzo 2023
Tutti sapevano dei rischi ma nei vicoli del centro è saltato il piano sicurezza
La catena degli errori. Violenti trattati come turisti Critiche al Tar che aveva sospeso il divieto del prefetto

Si annusavano come animali feroci. Da ventiquattro ore. «Ma gli stranieri sono mansueti, stanno facendo i bravi, vediamo», erano i primissimi report verso Roma. Erano piombati in seicento, complessivamente, in treno da Salerno, o in aereo, a Capodichino. Prime scintille subito, già nella notte tra martedì e mercoledì: piazza Bellini, quella degli aperitivi e della movida più giovane, consegna le avvisaglie, bottiglie di vetro lanciate contro le saracinesche, i napoletani rispondono attaccando con petardi i bus che trasportano i “nemici” nell’hotel del lungomare. E si riprende subito ieri mattina.

Con gli ultrà dell’Eintracht che intonano canzoncine mentre attraversano per tutta la mattinata il centro storico in blocco compatto e un po’ lugubre, corteo marcato stretto dalla polizia. E i napoletani che volteggiano intorno alla scorta, vogliono picchiare, lasciare il segno dopo i colpi subìti dagli ultrà azzurri a Francoforte il 21 febbraio scorso. Tentano più volte di assaltarli, sempre respinti. Poi, mentre i tedeschi sono in quattrocento ormai raccolti in piazza del Gesù, epicentro del grande turismo, eccoli che i “nemici” calano in massa dai vicoli dei Quartieri: un’onda, in duecento, spranghe, bombe carta, torce.

E al settimo tentativo di giornata, sorprendono alle spalle le forze dell’ordine. Alle 16.40, la macchina della sicurezza implode. Le divise restano in mezzo, sono costrette ad arretrare. I tedeschi a quel punto caricano gli agenti, lanciano tavolini, segnali stradali, tutto. È l’inferno. Un’auto con i colori della polizia brucia. Altre 4 auto della questura distrutte, i vetri in frantumi. La piazza a ferro e fuoco. È un miracolo che non ci scappi il morto. Una catena di errori, su più livelli, porta al disastro.

Perfino una pistola scivola in piazza, attimi di terrore, qualcuno potrebbe afferarla. È di un poliziotto, uno di loro pallido e contuso la recupera poco dopo. Tutti sapevano tutto. L’odio tra bande di criminali, ciascuna “truccata” da tifo di squadra: Eintracht o Napoli. Il Viminale conosceva bene, ribadiscono ieri tra questura e prefettura, «il grado di pericolosità di questa trasferta». E allora perché finisce in disastro? «Bisognava bloccare quegli arrivi, impedire che venissero in città», ti raccontano.

Poi l’ordinanza del Tar Campania, che costringe a restringere ilcampo: il pericolo era stato «prospettato solo genericamente» per il giudice amministrativo. Ecco perché, insistono, quel divieto smontato al Tar era stato rinnovato dal Ministero e ristretto ai cittadini provenienti da Francoforte.

Nonostante questo, l’allarme resta, l’impianto si rivela insufficiente. Perché consentire, sotto le accuse di «discriminazioni » volate dall’Uefa e dall’Europa, la libera circolazione di centinaia di ultrà che non avrebbero potuto neanche raggiungere lo stadio, perché privi di biglietto? Com’era possibile scongiurare la guerra di fronte a reciproche promesse di odio?

Eppure, è ancora la ricostruzione di questura e prefettura, «i tentativi di assalto dei napoletani erano stati tanti, respinti. I tedeschi hanno deciso di procedere come un corteo, si sono fermati ai tavolini a consumare, tranquilli». Turisti, insomma: ma sorvegliati. Eppure non lo erano, non potevano esserlo. Quando i napoletani lanciato spranghe e torce, quelli dispiegano tutta la ferocia compressa.

La Napoli della storia millenaria che diventa terra di barbari. In Procura, la reggente Rosa Volpe alle 21 scuote la testa. «Un fatto è certo: questi signori arrivati qui, questo genere di trasferte non hanno nulla a che fare con lo sport, ma solo con la brutale violenza », spiega a R epubblica . «Dei rischi si era consapevoli, tanto che da martedì sera era in piedi una macchina della sicurezza articolata. Dobbiamo capire perché è finita così».

 

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